Colletto del Forno: la casa diventata chiesa di San Bartolomeo

Uno dei più bei posti della Val Sangone? Il Colletto, una sella erbosa tra Forno di Coazze e la Comba del Rio Fronteglio. Bello di una bellezza mite, dove il verde stanco dei prati si perde nel ritaglio dei boschi invadenti e sparisce sotto il calpestio di chi attinge alla fontana. Posta sullo spartiacque offre acqua agli assetati e due panorami opposti. Ad est la deserta “Cùmba” del Fronteglio che sfuma nell’eterno smog che annebbia oltre Giaveno la pianura torinese, ad ovest una corona di pietra, un profilo di vette familiare a chi frequenta le nostre montagne.

Dalla fontana del Colletto lo sguardo spazia ad est fino a perdersi nella caligine della pianura torinese. Foto di Liliana Goncean, 2019, FB.
A ovest, oltre il dosso del Colletto, la corona di cime che chiude la Val Sangone. Foto di Bartolomeo Vanzetti.

Le “mille voci” che le attribuì Gerardi accompagnano in sottofondo la pace bucolica del Colletto, mentre l’assolo di qualche rudùŋ proveniente dagli sparsi armenti ricorda che le preʃe, che presidiano il luogo da posizione elevata, continuano la tradizione della transumanza, che portava in passato al Colletto tanti animali e diverse famiglie, come ricorda commossa Teresina Ostorero nel suo racconto, che in parte riporto:

Teresina Ostorero, con Michele Rege, alla festa del Colletto 2019.

“Al Colletto facevamo la transumanza partendo dalla borgata Fornello sul confine tra Coazze e Giaveno. Andavamo tutto a piedi con le mucche, passando da Pontepietra, borgata Oliva e poi su per la “cara d’Ciandèt”, fino alla Sèia, alla Purtiì e finalmente “au Culët”. Le masserizie le portavamo con il carro fin dove c’era la strada carrozzabile che a quel tempo arrivava solo fino al bivio della Cumba. Da lì volta per volta andava a recuperarle mia madre con la gerla. Povera mamma, non finirò mai per ringraziarla per tutto quello che ha fatto per noi, lei era innamorata della sua “preƒa”, quanto lavoro ha fatto lassù!Era bello stare in quel posto, ricordo l’estate quando è venuta con noi la nonna Censa, quella, quando si andava al pascolo ci faceva dire il Rosario. Mentre lei cuciva e tacconava faceva contare le Ave Maria da un ragazzo di nome Alberto, questo, all’inizio le contava giuste, poi stanco di pregare le dimezzava e dopo cinque diceva già i Gloria. Doveva stare attento però, quando la nonna se ne accorgeva lo faceva correre con il bastone! Eravamo più di una decina di bambini lassù, ricordo la sorella di Adriana che teneva sempre in braccio il fratellino Giovanni un bellissimo bimbo, poi c’era Ernestina una bambina ricciolina e capricciosa che quando era l’ora non voleva mai mangiare, per farglielo fare, noi gli eravamo sempre tutti attorno a scimmiottare. Il ritrovo di noi bambini era alla fontana “Linfa perenne dalle mille voci”, lì ci trovavamo per rincorrerci e spruzzarci con l’acqua mentre la nonna di Adriana, dall’alto, seduta su un gradino di pietra ci sgridava perché pestavamo l’erba; noi si correva via per poi ritornare subito dopo. Oltre che andare al pascolo noi bambini andavamo a raccogliere i mirtilli per schiacciarli con lo zucchero e fare merenda, era una cosa buonissima, la chiamavamo “lu pascciùch d’ambrùŋe”. (Testimonianza di Teresina Ostorero in “D’amore, di Resistenza e d’altre cose” di Michele Rege e Giorgetta Usseglio, Ed. Graffio 2019)

Il libro è uscito nel 2019. Come gli altri che lo hanno preceduto, riporta racconti e aneddoti postati sul gruppo Facebook “Racconti e ricordi della Val Sangone”, curato da Michele Rege.
Gente nei prati per questa festa del Colletto degli Anni Sessanta.
Festa del 2019, nel prato di fianco alla chiesa e vicino al cippo che ricorda Maurizio Guglielmino, si tiene la tradizionale vendita all’incanto. Foto di Liliana Goncean, FB:

Il quadretto bucolico che oggi accoglie il visitatore non deve far dimenticare la vicenda tragica avvenutavi il 23 settembre 1943. Dopo la caduta del fascismo i nazisti occupano l’Italia e tentano di stroncare la nascente resistenza partigiana con rastrellamenti e intimidazioni, che proprio al Colletto fanno la loro prima vittima in Val Sangone: Maurizio Guglielmino viene ucciso, senza un vero motivo, sulla soglia della sua baita. Era una costruzione articolata, che sporgeva dal declivio verso Forno; nel dopoguerra è stata ricostruita in modo semplice ed è diventata la chiesa del luogo, dedicata a San Bartolomeo. Al suo fianco un modesto cippo ricorda Maurizio Guglielmino. Anche al Colletto, come a Selvaggio, i confini civili e religiosi non coincidono: il Comune di Giaveno si estende su tutto il versante fino al Sangone e al Monte Uia, ma la chiesetta appartiene alla Parrocchia coazzese di Forno. È stata consacrata il 28 agosto 1949 da Don Giuseppe Viotti ed è un raro caso di trasformazione di un’abitazione civile in edificio religioso.

In questa immagine d’epoca si vede come vi fossero al Colletto due nuclei di baite, di cui uno è ormai quasi diroccato. Nel riquadro è stata aggiunta la villa del pittore Maurizio Guglielmino, che era un edificio più complesso di quello attuale. Come si vede dalla foto seguente, di Bartolomeo Vanzetti.
chiesa colletto foto Vanzetti
La cappella, priva di sagrato, sorge sopra un muretto a secco, lungo il ripido pendio erboso a valle della strada sterrata che conduce alla cima del Colletto, circondata da castagni e faggi. Trasformata in cappella da un’abitazione civile nel 1948, presenta una semplice facciata a capanna in pietra cementata con copertura aggettante sorretta da due pilastri quadrati, tetto in tegole marsigliesi e interno rettangolare intonacato bianco con arredi lignei e quadretti devozionali. Nonostante i continui lavori di manutenzione per fermare l’umidità è presente un’evidente risalita esterna con muffa nera e muschio della quale risentono anche i muri interni. Le travi presentano numerosi tarli. Le cure sono affidate ai fedeli che in estate abitano le baite circostanti. Vedi scheda completa

L’interno molto semplice e lineare della chiesetta.

Da allora la festa del Colletto è stata molto partecipata. Il luogo ameno e panoramico è raggiungibile con breve camminata sia da Forno che dalle borgate della Maddalena e della Cùmba e da diversi anni è servito da una carrozzabile sterrata che sale da Pontepietra. La fontana generosa d’acque, i prati e i boschetti ombrosi sono accoglienti. Tanti i motivi per trascorrere al Culët du Forn l’ultima domenica di agosto.

Quest’anno il clou sarà nel pomeriggio con la Messa alle ore 15, a cui seguirà la vendita all’incanto.

San Bartolomeo apostolo si sarebbe recato a predicare in Oriente, dove riuscì ad esorcizzare la figlia di Polimio,  fratello del re di Armenia, e a convertirlo con tutto il popolo.  Ma il fratello Astiage rimase fedele al paganesimo e per vendetta fece scorticare e decapitare San Bartolomeo. La reazione di Polimio portò al duello tra i due fratelli e alla morte di Astiage, cui seguì il pellegrinaggio sulla tomba del santo. Ad Avigliana, tra gli affreschi salvati di San Bartolomeo  vi sono nel registro superiore le scene dell’esorcismo, del battesimo del convertito e di predicazione del Santo.

Scena dell’esorcismo affrescata nella ex chiesa di San Bartolomeo ad Avigliana.

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