“Sàtula o sòtula” – curiosità e dettagli sul gioco della trottola

Il gioco tipico della Quaresima era quello della sàtula (trottola). Caduto in disuso, a Coazze ha avuto sporadiche rinascite e momenti di popolarità. Una ventina di anni fa si sono disputate anche delle sfide tra Coazze e Mattie, a cui si è aggiunta Villarfocchiardo. Quella del 2005 tra Coazze e Mattie per disputarsi il trofeo messo in palio da “Lu véi e la véii” ha visto anche una buona partecipazione di ragazzi e ragazze ed è documentata da un ampio filmato sul canale ScuolaGuido di YouTube.

Donne e uomini, ragazze e ragazzi si sono cimentati nel torneo di sàtula con in palio il trofeo “Lu véi e la véii – 20 marzo 2005
I risultati del torneo. I primi 3 classificati della sezione giovani e la vittoria di Mattie su Coazze nella sfida a tempo (a parità di lanci si sommano i tempi di rotazione delle sàtule di ciascuna squadra).

Ora la trottola sembra di nuovo dimenticata, ma l’iniziativa di Adriana ed Eraldo Ruffino, “la véii e lu véi”, che negli anni scorsi hanno riproposto il gioco nelle scuole coazzesi, ha suscitato molto interesse negli scolari. Interesse che la trottola merita, visto che ha una lunga storia alle spalle e una diffusione pressoché mondiale.

Sul canale ScuolaGuido di YouTube il filmato di come si trasforma un pezzo di legno in una sàtula.

Origine e denominazione

Come risulta da un interessante e particolareggiato studio di Renzo Massobrio, la trottola é oggetto di antiche e nobili tradizioni. Citata da Persio e Virgilio, rinvenuta a Pompei, in Grecia e in Egitto, la trottola aveva nell’antichità un ruolo fondamentale nella magia, perché nelle sue circonvoluzioni maghi e indovini cercavano responsi e presagi.

L’area di diffusione della trottola è vastissima, oltre che nell’intera Europa, il gioco è praticato in Asia (Giappone, Giava, Corea e Cina), in Oceania e , sporadicamente, in alcune zone dell’America e dell’Africa.

Le denominazioni della trottola traggono origine dal movimento o dalla forma. Citiamo tra le più antiche e vitali la denominazione greca “strombs” (Omero, Iliade. XIV, 413) dall’indoeuropeo “stre(h)”, girare, e quella latina “turbo” (Orazio e Tibullo).

“Nelle lingue romanze, fatta eccezione per alcuni dialetti italiani meridionali,  non è dato trovare come denominazioni della trottola i continuatori degli antichi termini greci e latini…  Non solo, ma anche glossari latini medioevali e rinascimentali attestano già, per la trottola, tutta una serie di nomi nuovi: ”tutuIa”  a Osimo nel I571,  ”zurIo” … ”pirIo” …  “gurla” …  ”curIe” …” (Il gioco della trottola a Novi, di Renzo Massobrio, Tipogr. Viscardi 1979, p. 70).

La voce coazzese sàtula è una variante di sòtula, denominazione di trottola diffusa in tutto il Piemonte centro-occidentale e, sporadicamente, nel Canton Ticino. Deriva dalle forme piemontesi (sautà, sauté, soutà, sotà) del verbo ”saItare”.

Le Edo Goma sono trottole di legno che si chiamano così perché diventarono molto popolari quando si diffusero a Edo, l’antico nome di Tokyo. La loro origine sembra risalire alla fine del 1600.
Nestore Tessa fa roteare la sàtula sul palmo della mano, mentre Eraldo Mattone lo osserva. Il tutto durante un torneo del 1977 a Coazze, nel campetto dell’oratorio. (Foto di Claudio Servalli)

Forma e dimensioni

La sàtula ha all’incirca la forma d’una pera, cioè d’un cono panciuto con la base arrotondata. Sulla punta è innestato un rampone (rampùŋ) di metallo, la base si chiude sul pìcu. La superficie della sàtula é scalinata per consentire l’avvolgimento della corda che serve al lancio. La sàtula deve essere fatta di legno duro, quindi si predilige in genere il bosso (martlët), ma non si disdegna il legno di melo o di biancospino (pumèi, bòsu).

Le dimensioni delle trottole sono molto varie, l’altezza normale è all’incirca di 10- 13 centimetri, ma non mancano trottole ornamentali piccoline o viceversa di dimensioni giganti.

Nomenclatura della trottola in patuà. La trottola di legno ha in alto una piccola protuberanza, chiamata come in italiano il picciolo, poi c’è la cordicella, il rampone di ferro e infine l’asola.

Lancio

La sàtula si lancia per mezzo d’una cordicella (curdìŋ) chiusa ad asola (angasìri) ad un’estremità e fioccata all’altra. Il lancio si prepara inumidendo la punta della cordicella, avvolgendola sulla sàtula partendo dal rampone, seguendo le scanalature e infilando poi il dito medio nell’asola (aŋgasìri). La cordicella deve essere avvolta con cura e strettamente altrimenti può scivolare via (bufè).

La sàtula si lancia normalmente in due modi:

  • d’sutmëŋ (sottomano), è il lancio dei principianti e dà poca forza alla trottola, si effettua sfilando lo spago con forza in modo che la trottola ruoti in un sol punto. Ricorda il lancio di un sasso a “rimbalzello”.
  • d‘giurmëŋ (sopramano), la trottola viene scagliata dall’alto in basso, con gesto che ricorda una frustata, e giunge a terra con particolare violenza. È funzionale soprattutto al gioco dello “spicàs”.
Eraldo Ruffino, lu véi, dà una dimostrazione di lancio della sàtula, sotto gli occhi attenti degli scolari coazzesi.

Giochi

Vi sono giochi di durata e precisione. Per i primi la regola è semplice, vince chi fa girare più a lungo al propria trottola. Se si gioca di squadra si possono sommare i tempi. Più complessi i giochi di precisione. Tra questi ricordiamo quello della moneta, che deve essere fatta avanzare a colpi di trottola fra due linee tracciate sul terreno, e il gioco dello “spicàs”, il più diffuso e agonistico.

Si gioca cosi:

-si traccia a terra un cerchio di circa un metro e mezzo di diametro, ponendo al centro una pietra

che fa da bersaglio.

—-si lancia la sàtula e chi la fa cadere più lontano da essa sta sotto, lasciando la propria trottola nel cerchio come bersaglio;

—gli altri giocatori lanciano a turno la propria sàtula cercando di colpire quella nel cerchio.

Chi non la colpisce sta sotto, cioè deve lasciare la propria sàtula nel cerchio a far da bersaglio. Però si salva:

—se la trottola esce dal cerchio girando ed egli riesce, divaricando medio e anulare, a farsela salire in mano, andando a colpire il bersaglio mancato prima, sempre con la trottola in movimento.

—se la sàtula perdendo velocità (i fàit la pulènta) esce dal cerchio da sola, rotolando sulla pancia.

— se un altro giocatore lo salva colpendogli la trottola mentre sta ancora girando.

Giocando, la penitenza di chi sta sotto è il veder la propria trottola colpita e talvolta spaccata dai ramponi delle trottole degli avversari … e si va a gara nell’avere ramponi grossi e appuntiti!

Momenti del gioco della sàtula, Coazze 1977. Giuseppe Usseglio “Pinin d’Virëtta” ha appena lanciato la sàtula, sotto gli occhi di Mario Picco Botta. Foto di Claudio Servalli.

Alessandro Biolcati

La “satula” al Villar (au Vilè) non è mai stata dimenticata, ma c’è un importante, instancabile e variegato (giovanissimi e meno giovani) numero di persone che continua a praticare il “gioco” sia nella “formula” delle “tuse” che a tempo ed a tramandarlo alle nuove generazioni. Prova visibile i giochi delle borgate che lo trascinano nella sentitissima competizione e tutti quei ritrovi primaverili ed estivi alla comba ed alla cappella delle Vigne dove tutti gli appassionati si riuniscono per passare ore spensierate e che contano sempre nuove leve catturate dal fascino del gioco. Noi teniamo duro, soprattutto grazie ai giocatori con più primavere che tramandano i segreti del gioco e che ti assicuro non scherzano e ci spronano a tenere sempre alto il livello per provare ad eguagliarli…”tuse” presumo sia quello che chiamate spicàs; è una gara ad eliminazione (si può fare in singolo oppure a coppie) consiste nel colpire una satula che rimane “sotto” a terra – secondo un ordine deciso da una prova di precisione – e bisogna raggiungere un punto di arrivo, se si sbaglia(non si colpisce la satula a terra) “si va sotto” si deve mettere la propria satula al posto di quella a terra e si rimane sotto fino a quando non sbagliano altri o si viene eliminati, l’ultimo che rimane vince.

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