Le Giornate del FAI hanno lo scopo di far conoscere e visitare gioielli artistici misconosciuti e poco accessibili. Domenica scorsa gli iscritti al FAI hanno avuto l’opportunità di visitare uno dei luoghi d’arte più bistrattati della nostra zona, l’ex convento di San Bartolomeo. Sorge a poca distanza dalla sponda meridionale del Lago Piccolo, a cui dava il nome “Lacus Sancti Bartolomei”. Le prime notizie certe risalgono al 1232, ma secondo la tradizione il convento è molto più antico e fu distrutto prima dai Saraceni e poi dal Barbarossa. Il Priorato dipendeva dalla Sacra di San Michele e ospitava pellegrini di basso lignaggio, ma venne comunque ampliato e ristrutturato con tendenze goticheggianti, che non hanno del tutto cancellato l’impianto romanico precedente.
Nel 1400 le pareti della chiesa vennero affrescate con episodi miracolosi e il martirio di San Bartolomeo. Martirio inumano e raccapricciante, perché venne scuoiato vivo e decapitato. Qualcosa di simile toccò alle pareti della chiesa. Divenuto dipendenza del Seminario arcivescovile di Giaveno, il complesso monastico venne ridotto ad uso agricolo e poi venduto a privati. Trasformata in fienile, la chiesa vide la facciata sventrata per aprirvi un passaggio carrabile e soppalcata. Cumuli di fieno fermentavano nascondendo e intaccando gli affreschi quattrocenteschi. Fu Augusto Cavallari Murat, autore anche di un pregevole studio sulla “madòna du lac” di Coazze, a scoprirli nel 1930.
San Bartolomeo apostolo si sarebbe recato a predicare in Oriente, dove riuscì ad esorcizzare la figlia di Polimio, fratello del re di Armenia, e a convertirlo con tutto il popolo. Ma il fratello Astiage rimase fedele al paganesimo e per vendetta fece scorticare e decapitare San Bartolomeo. La reazione di Polimio portò al duello tra i due fratelli e alla morte di Astiage, cui seguì il pellegrinaggio sulla tomba del santo. Tra gli affreschi salvati di San Bartolomeo vi sono nel registro superiore le scene dell’esorcismo, del battesimo del convertito e di predicazione del Santo.
Ma solo dal 2006, quando la chiesa venne acquistata dal Comune di Avigliana, si è proceduto a salvaguardare l’edificio e le pitture. Nel 2010 sono iniziati i lavori di copertura, per evitare infiltrazioni, e di recupero parziale e restauro di circa 60 metri quadrati di affreschi. I lavori, seguiti dagli architetti Mauro Bellora e Alice Orlando, sono durati cinque anni e il 19 settembre del 2015 è avvenuta la loro presentazione al pubblico, organizzata dal Comune di Avigliana in collaborazione con l’Associazione Archeologica Aviglianese e con la partecipazione del Gruppo Corale Aviglianese diretto da Lorella Perugia.
La chiesa sconsacrata e affrescata è stata acquisita dal Comune di Avigliana, ma il resto del complesso è privato e quindi l’accesso è consentito solo in particolari occasioni e con visite guidate. Una ricerca dell’ITC Galilei di Avigliana e il filmato della Associazione Archeologica Aviglianese suppliscono in parte alle difficoltà di accesso.