“Madòna d’Ciasté”: polemiche e “abusi” ottocenteschi

La collina del Castello si affaccia sul vasto falsopiano che ospita il capoluogo e domina con le sue boscose pendici la zona più urbanizzata e densamente popolata del comune di Coazze. Classica via d’accesso alla collina è, appunto, via al Castello, che si stacca da via Cavour e raggiunge con un ampio semicerchio l’ex Colonia del Buon Pastore, che ora ospita la scuola d’infanzia intitolata ad Erminio Macario.  Poco oltre si restringe in mulattiera e sale tortuosa alla Cappella del Castello. La chiesetta, che si presenta incombente con le snelle colonne del porticato, è ampia e dotata di sacrestia.  Sorse nel 1862 per iniziativa del vice-curato Don Paolo Pogolotti ed è dedicata al SS. Nome di Maria.  La festa, che si celebra in settembre, la domenica dopo la Natività di Maria, è molto sentita dai coazzesi, che vi partecipano numerosi. La sua costruzione cadde in un periodo tormentato della chiesa coazzese, con pesanti diatribe tra sacerdoti, e anche in seguito la festa suscitò rimostranze ecclesiastiche, oggi poco condivisibili. Più forte di ogni remora, la festa resiste, nonostante la difficoltà a trovare i priori, che quest’anno infatti non ci sono.

Panoramica dalla collina del castello, in primo piano il Faro della pace del 1961 e la cappella della Madonna del 1862, sullo sfondo la val Sangone. Foto di Liliana Goncean, col drone.

La presentazione di Don Giacomo Zanella

La facciata della Cappella del Castello prospetta sulla mulattiera che sale tortuosa ed era percorsa dalla processione. Foto di Ada Giacone
Il retro della Cappella del Castello, con la fontana costruita alcuni anni fa dall’allora priore Angelo Ruffino. Foto di Ada Giacone.

All’estremità inferiore della Collina … venne costruita, verso il 1862, una Cappella assai grande con annessa sacrestia per iniziativa del Vice Curato di S. Maria del Pino D. Paolo Pogolotti e venne dedicata al S. Nome di Maria SS. Fin dai primi anni molti pellegrini vi accorrevano per assistere alle Sacre Funzioni della vigilia e della solennità, che venne fissata alla prima domenica dopo la Natività della Vergine Santa. Durante l’intera notte si recitavano preghiere e si cantavano lodi alla Madonna. Ancora oggidì per i Coazzesi tutti, ma in modo speciale per quelli delle frazioni più vicine la venerata Cappella è un caro Santuario. Durante l’estate 1944 vennero celebrate parecchie S. Messe, praticate molte devozioni nel pomeriggio, e tridui e novene, con grande concorso di gioventù d’ambo i sessi i quali pregavano con tanto fervore“. Don Giacomo Zanella, da “Il Santuario della Madonna degli Angeli sul Monte Robinet” – Coazze 1947.

Don Giacomo Zanella seduto davanti alla Cappella del Robinet.

Le polemiche di Don Carlo Picco

La presentazione di Don Zanella sottolinea la devozione portata dai coazzesi alla “Madòna d’ Stèmbe”, tanto che la sua festa in passato era di poco inferiore a quella dell’Assunta, la “Madòna d’Ost”, patrona di Coazze. Eppure l’erezione della chiesetta che domina il capoluogo suscitò qualche polemica nella seconda metà dell’Ottocento. L’iniziativa di Don Paolo Pogolotti, che raccolse le offerte e ne seguì la costruzione, venne ad esempio criticata da un prete coazzese, Don Carlo Picco, in feroce polemica col parroco Don Prudente Franco e di riflesso con il suo vice, appunto Pogolotti, accusato di essere “ozioso, scostumato e ignorante … servo delle serve parrocchiali”.  Secondo Don Picco il parroco Don Prudente Franco, col suo vice Don Pogolotti,  aveva sminuito la festa patronale “per erigere sul Castello a spese del solo popolo un contraltare al venerando Santuario di Trana per fine di basso suo interesse personale, per costruirsi una sacrilega bottega.” Quindi per attirare pellegrini e le loro offerte, non per fini devoti. La polemica aveva uno sfondo politico, da frammentari documenti si rileva per le elezioni del 3 luglio 1870 uno scontro tra i “neri”, capitanati dal Parroco, e i “rossi”, “liberali” che contavano sul notaio Gerardi, una famiglia Ostorero e lo stesso Don Carlo Picco. Questi schieramenti smentirebbero l’ipotesi che il Parroco Don Prudente Franco, amico del Cavour, fosse un liberale. Negli stessi documenti si invita Don Franco a far fagotto, avendo perso. Le elezioni confermarono sindaco Ippolito Vacchieri. Può darsi che il Parroco sostenesse il candidato sconfitto, quello che Picco definisce “Sindaco fallito Testa Grossa. padre di molti bastardi, come Cinto”. Cinto da Cabanera era il soprannome spregiativo usato da Carlo Picco contro il parroco, nativo della borgata Cabanera di Giaveno.  Secondo alcuni commentatori queste polemiche interne al clero favorirono l’affermarsi di una comunità valdese a Coazze, a partire dal 1874.

Don Carlo Giuseppe Picco, sacerdote sospeso a divinis e residente a Coazze, è protagonista di una feroce polemica contro il parroco Don Prudente Franco, con accuse pesantissime sulla sua moralità. Il libello qui riportato è anonimo, ma nel testo è facilmente riconoscibile lo stile del Picco, desumibile da altri testi e in particolare dalla “Canzone dei Neri”, di cui si ha ancora memoria a Coazze, soprattutto del ritornello “Maramau, maramau, gin, gin”.

Gli “abusi” denunciati da Don Peretti, parroco

La forte devozione per la Madonna del Castello, vittoriosa sulle basse diatribe che abbiamo visto, portava con sé un grande afflusso di gente e la festa, in ambiente campagnolo, dava spazio a un contorno di musica e giovanile allegria che induce il parroco Don Michele Peretti, nella “Relazione della Chiesa e della casa parrocchiale di Santa Maria del Pino” del 19 luglio 1890, a dedicare due righe alla festa patronale (“Novena dell’Assunta alla sera – Festa patronale, Panegirico al mattino e processione alla sera.”), ma mezza pagina alla festa della Madonna del Castello, soprattutto per lamentarsi di “abusi”:

“Settembre: Festa della Natività – Nome di Maria alla Cappella del Castello. Si usa celebrare messa nei giorni della Novena. Alla vigilia della festa vi è la Benedizione sul fare della notte. Nel dì della solennità si parte processionalmente dalla Parrocchia, si canta Messa alla Cappella , discorso infra missam. Si ritorna in processione ed alla sera vi è la benedizione dopo la funzione in Parrocchia. Gravissimi abusi eransi introdotti in questa solennità. Si faceva in tal giorno la festa della Compagnia delle figlie di Maria, mentre non era per nulla la sua titolare, si portava da queste figlie il pane detto della carità e dalle medesime veniva distribuito nel tempo della funzione e poi tutto il giorno si correva da queste figlie, accompagnate dalla musica, alle case di privati a portare il detto pane. Questi sono gli abusi principali, per tacere di altri inconvenienti che sono di peso al Parroco, come la Novena e la funzione del giorno della festa senza il corrispondente onorario. A questi gravi abusi si rimediò nell’anno 1884 sicché presentemente pare che tal solennità si celebri in modo sufficientemente religioso e l’unico inconveniente è la celebrazione della S. Messa nella Novena. Usando prudenza si poté ottenere di vedere abolita anche la Novena, sicché dall’anno 1893 si diede solo la benedizione alla vigilia e nell’anno seguente questa pure fu soppressa e il tutto si riduce alla messa e processione e benedizione nel giorno della solennità.

1934 Festa del Castello, a casa del priore Usseglio Secondino, foto fornita da Ada Giacone.
Laura Allais, Lauretta Rosa Marin, Delfina Ostorero, Rosina Allais e Andreina Allais, ragazze diciassettenni alla festa del Castello del 1959, foto fornita da Andreina Allais.
Stralcio relativo alla Festa del Castello, fotocopiato dalla “Relazione della Chiesa e della casa parrocchiale di Santa Maria del Pino” del 19 luglio 1890, redatta da Don Michele Peretti, parroco di Coazze.

Commenti e ricordi

Michele Rege Il ricordo di quel parroco detto “Cinto da Cabanera, capo dei briganti”, era ancora vivo tra gli anziani quando io ero piccolo. Si diceva che dalla sacrestia aveva sparato con il fucile da caccia a un oppositore politico che lo dileggiava. Anche la canzone “La musica di ner”, la ricordo. La versione che cantava mio padre come filastrocca per noi bambini era:”Mau Mau maramau gin gin, la musica di ner, la musica di ner, l’he ura d’fè la fin”. Inoltre che io ricordi, per tutto il tempo della prima Repubblica, a Coazze i “neri” non erano i fascisti, ma bensì i democristiani intesi come clericali. Strascichi ottocenteschi!

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