L’Antica Società di San Martino e un mantello che arriva al Bangladesh

Lungo la Ruata Sangone vi sono insediamenti antichi, simili a quelli di Villa, cascine ad aia chiusa e case a bastione, dominanti la piana del Sangone e custodi dell’accesso al borgo, tutelato da passaggi voltati e a gomito. Lo sviluppo edilizio ha poi costruito una trama residenziale attorno ai nuclei antichi e portato in zona la scuola media e i campi sportivi. La parte bassa ha mantenuto solo in parte la vocazione industriale. Il borgo di San Martino, dove sorgeva la più antica chiesa giavenese ad essere testimoniata su un documento, nel 1031, ha dato il nome alla vasta contrada che si distende a ovest della strada per Cumiana (ora Via Pio Rolla), tra il Rio Botetto e il Sangone. La chiesa attuale prospetta sulla via Ruata Sangone, diventata l’asse portante dell’intera zona, è stata costruita su terreni concessi dai Giai Baudissard e risale alla seconda metà dell’Ottocento. Non essendo censita nel catasto Rabbini del 1865 la sua costruzione è posteriore a quell’anno. Ma all’interno della chiesa vi sono banchi antichi, riservati, come si usava una volta, alle famiglie donatrici. Uno di questi reca la data 1866 e, se non arriva da altre chiese, attesterebbe a quell’anno l’inaugurazione della nuova chiesa del borgo San Martino. L’edificio, a navata unica, si presenta con una facciata semplice e lineare, delicatamente movimentata da paraste e cornici che inquadrano l’affresco di San Martino a cavallo, colto nell’atto di dividere il mantello, il gesto che ormai identifica ovunque il santo. All’interno un quadro è dedicato anche a San Camillo de Lellis, patrono degli operatori sanitari, compatrono della borgata.

Il filmato della festa 2022 e 2023 con notizie sulla chiesa di San Martino, l’Antica Società e l’elenco dei priori.
San Martino in attesa davanti alla chiesa addobbata a festa.
L’interno della chiesa, dedicata anche a San Camillo de Lellis.

All’interno vi è una riproduzione (l’originale si trova in Municipio) del quadro dipinto da Francesco Gonin nel 1884 su committenza del “Comizio dei veterani di Giaveno”. Ma per la borgata il cimelio più significativo è sicuramente lo stendardo dell’Antica Società di San Martino, gelosamente protetto da una teca di vetro. Attesta l’esistenza di una abbadìa storica ed è l’unico “documento” salvatosi dallo scorrere degli anni. Altri documenti e la memoria orale se ne sono andati quando è mancata, a 96 anni, Madama Olga Guasco (nata Portigliatti Barbos), custode integerrima della chiesa e del rituale della festa. Grazie a lei si è risalito al 1906 come primo anno di cui c’è memoria dei priori. Il calendario, che è diventato una consuetudine, ne riporta il lungo elenco, con pochi vuoti.

Adolfo Giorda, presidente della Antica Società di San Martino, nel 2022, accanto a Pino Buosi, che impersonava San Martino a cavallo.
Il drappo dell’Antica Società di San Martino, conservato nella chiesa di Ruata Sangone.

In realtà – mi ricorda Adolfo Giorda, cofondatore e presidente della associazione – l’Antica Società di San Martino si è costituita nella forma attuale solo il 6 aprile del 2000. C’erano grossi lavori di restauro, specie del campanile, da finanziare e gestire e si è sentito il bisogno di organizzarsi ufficialmente, con uno statuto e un bilancio certificato. Da allora la società si fa carico della chiesa e della festa, sceglie e coadiuva i priori e, cosa non facile, trova cavallo e cavaliere, che sono gli elementi più caratteristici della festa. Sono stati introdotti una cinquantina di anni fa e per diversi anni Giovanni Rosa Clot e la sua cavalla storna, Pepita, hanno garantito la presenza. Dopo, trovare un cavallo che non patisse la musica e la confusione è diventato un’impresa. Dopo la sospensione del Covid è grazie a Pino Buosi di Reano e alla sua docile cavalla che la festa è tornata bella come prima. Per il vestito da legionario di San Martino, e di altri figuranti che in passato lo accompagnavano, abbiamo attinto ai negozi di costumi teatrali. Ad esempio abbiamo due elmi, uno leggero di plastica e uno di metallo, che, ci è stato detto, è stato usato nel film Ben Hur. Norme stringenti ci obbligano a tenere un bilancio e ad assicurare il cavallo.

Il corteo di alcuni anni fa, aperto da Giovanni Rosa Clot, che montava Pepita, seguito da figuranti in costume da legionario con i labari e dai membri della Antica Società di San Martino.
l corteo del 2022, aperto da Pino Buosi di Reano, seguito dai membri della Antica Società di San Martino.

Albo d’oro dei priori di San Martino

Grazie al volontariato e alla generosità della gente riusciamo a chiudere i bilanci in attivo. Oltre che ad accantonare qualche soldo per la manutenzione della chiesa, cerchiamo di aiutare i paesi che hanno subito calamità naturali. Un anno è toccato a Santo Stefano Belbo, un altro alla stessa Giaveno, quando il Sangone ha travolto il ponte di Villa.

Una piccola somma la destiniamo anche ad una adozione a distanza. Si tratta di Dipok Kumar Sana, un bambino del Bangladesh che grazie a noi e tramite la associazione Rishilpi ha potuto studiare e sta per diventare maestro. Come San Martino col suo mantello dividiamo il nostro piccolo bilancio per far del bene alla chiesa e alla gente.

La società ha una sua vecchia pagina facebook e una nuova pagina Facebook.

Se la società è relativamente recente e i documenti sono andati perduti, come avete fatto a ricostruire la serie dei priori arrivando addirittura a più di un secolo fa?

Quando negli anni Ottanta si è rilanciata la festa, introducendo San Martino a cavallo e proponendo il calendario con l’elenco dei priori, Madama Olga ha contribuito col suo archivio e la sua memoria a risalire ai priori fino al 1906. Era un elenco incompleto e chiedendo agli anziani abbiamo cercato di riempire i vuoti. Vi sono anni mancanti, non si sa se perché non si sia svolta la festa o perché non si è risalito ai priori. E comunque si narra che in antico le feste fossero tre, una gestita da 2 priori sposati, un’altra da 2 priori celibi e una terza da 2 priore. Oltre a quella dell’11 novembre per San Martino, una festa era estiva, probabilmente a luglio, in onore del compatrono San Camillo. A chi fosse dedicata la terza festa, di cui si ha memoria, non saprei.

Una storia secolare, una ritualità immutabile?

Come già detto, oltre la Seconda Guerra mondiale la memoria è labile. Anche la scelta e il numero dei priori non sappiamo come avvenisse in tempi lontani. La festa come è strutturata adesso, con la cena, i giochi bimbi, la passeggiata a cavallo risale a una cinquantina di anni fa. Anche il percorso della passeggiata varia di anno in anno, sia tenendo conto di dove abitano i priori, sia per coinvolgere un quartiere molto vasto, con strade ramificate. Credo che solo la Messa e la distribuzione del pane della carità siano stati un punto fermo e forse la cena sociale, che si teneva al Sacro Cuore. Anche se occorre dire che il pane in origine era azzimo, duro e poco commestibile. Se ne portava un pezzo a casa, da conservare come buon auspicio, fino all’anno dopo. Da qualche decina d’anni distribuiamo un pane fatto a ciambella, da consumare sul momento. Anche le funzioni religiose si sono ridotte. Anni addietro c’era anche la benedizione pomeridiana e la messa di suffragio per i defunti al lunedì sera.”

Il pane della carità e il suo portatore. Le ciambelle verranno spezzettate e donate ai presenti all’uscita dalla chiesa.
La passeggiata di San Martino è accompagnata dalla banda musicale e dalle majorettes. Un tempo si svolgeva sia al mattino che al pomeriggio.

Come spesso capita quando si può contare solo sul volontariato, la festa di San Martino ha avuto alti e bassi, momenti deboli e picchi di partecipazione. L’Antica Società di San Martino ha comunque raccolto il testimone di questa tradizione appannata dalla nebbia del tempo, le divise rosso fiammante come il mantello del santo, esprimono la vivacità di un gruppo dove giovani e meno giovani si integrano perfettamente nel portare avanti questa festa tornata in auge e nel fare della piccola cappella di Ruata Sangone una delle chiese meglio curate e mantenute del nostro territorio.

Badia o abbadia

Associazioni di giovani, di solito non sposati, comunemente dette badie o abbadie, per molti secoli hanno organizzato parte delle cerimonie popolari. Testimonianze storiche le fanno risalire a parecchi secoli addietro e in Piemonte se ne conservano ancora tracce evidenti. Del resto le feste sono spesso il culmine dell’attività organizzata in molte società e giustificano la perpetuazione di confraternite, corporazioni, associazioni di quartiere e altre forme di raggruppamento che hanno una durata permanente e servono a gestire cerimonie complesse, che richiedono impegni non indifferenti quali la preparazione dei costumi, l’osservanza del rituale, il sostegno delle spese e, come ad esempio nel caso di spadonari, sbandieratori o gruppi in costume, il possesso di particolari capacità e addestramento per la rappresentazione da eseguire.  Un capo, comunemente detto abbà, abbate o capitano, le governava e dirigeva e veniva assistito in questo compito di governo da una serie di personaggi di grado inferiore (luogotenenti, alfieri ecc.). Le Badie ottennero molte volte riconoscimenti ufficiali da parte delle autorità civili e religiose.

L’Antica Società di San Martino si configura come una di queste badie. Anche se nell’atto che nel 2000 l’ha ricostituita e ufficializzata viene denominata comitato, nell’articolo 3 dello statuto viene detto esplicitamente:

 “Gli scopi che l’Abbadia si propone sono:

  1. Mantenere vivo il culto della festa di San Martino, fissata ogni anno nel mese di novembre;
  2. Prodigarsi per la conservazione della Cappella di San Martino e di tutto quanto la arreda e la correda.”
L’Antica Società di San Martino in piazza San Lorenzo a Giaveno nel 2016, foto di Davide Collino. La società si è ricostituita ufficialmente il 6 aprile del 2000. I soci fondatori erano: Rolle Paolo, Giai Baudissard Paolo, Viroglio Giuseppe, Duò Luigi, Picco SIlvano, Ferlanda Bruno, Vigni Chitti Valerio, Vigni Chitti Michele, Casalis Secondo, Maggi Roberto, Re Sergio, Giorda Adolfo, Franchelli Franco, Laurella Emilio, Felisio Cristiano, Causà Mauro e Bernardi Ivo.
L’Antica Società di San Martino davanti alla chiesa, novembre 2022.
L’Antica Società di San Martino davanti alla Parrocchiale col sindaco di Giaveno. Novembre 2023

San Martino

Nacque in Pannonia (odierna Ungheria) nel 316. Arruolato nella cavalleria imperiale, prestò servizio in Gallia, dove avvenne l’episodio per cui ancora adesso è ricordato. Incontrato un povero viandante che tremava per il freddo, tagliò con la sua spada il mantello e gliene diede metà (più probabilmente divise la stoffa dalla pelliccia che foderava all’interno il mantello dei soldati romani). Il clima cambiò e non patì il freddo. La notte seguente sognò Gesù, che gli rivelò di essere lui stesso il viandante. Martino si fece battezzare e nel 361 fondò a Ligugé il primo monastero dell’Europa occidentale. Nel 371 fu eletto vescovo di Tours e fondò a Marmoutier una comunità per la formazione del clero. Morì nel 397 nella cittadina di Candés e fu sepolto a Tours. Al miracolo del mantello si collega l’estate di San Martino, giorni di tepore attorno all’11 novembre, giorno della sua festa.

San Martino nel quadro dipinto da Francesco Gonin nel 1884 su committenza del “Comizio dei veterani di Giaveno”. E’ conservato nel Municipio di Giaveno.

San Camillo de Lellis

San Camillo de Lellis è il compatrono del borgo. Uno scavezzacollo abruzzese, che dopo una adolescenza e una giovinezza inquieta si convertì, ma venne rifiutato dal convento perché affetto da una piaga in continua suppurazione. Finì nell’ospedale romano di San Giacomo, detto degli “incurabili”, dove i malati affetti da malattie ripugnanti venivano scaricati e abbandonati alle “cure” di altri disperati che spesso li ignoravano, lasciandoli morire.  Camillo reagì, prodigandosi nell’assistenza, fondando i Camilliani, dediti alle cure non per soldi ma per vocazione religiosa e di fatto divenne  il fondatore della assistenza infermieristica, la cui esperienza ci ha lasciato nelle “Regole per ben servire i malati”, una preziosa testimonianza di tecniche infermieristiche finalizzate al benessere del malato. Alla sua morte, avvenuta il 14 luglio 1614, l’Ordine dei Ministri degli Infermi contava oltre 300 adepti distribuiti in 14 conventi e 8 ospedali.

San Camillo è il contitolare della chiesa, ma la celebrazione della sua festa, in luglio, è caduta in disuso.

Commenti e ricordi

Aldo Franchelli – C’è stato un tempo in cui nella chiesa di San Martino si diceva messa tutti i giorni, alle 16,30. Ci pensava Monsignor Roberto Usseglio, che abitava poco distante.

Angelo Giovale Arena – Madama Olga convinse il priore del tempo a ridipingere le cornici delle stazioni della Via Crucis, ma dovetti farlo io, che ero un suo apprendista.

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