Due santi e un pilone per salvare capre e mucche al “Mulè du Forn”

Girando con Elio Ruffino per le borgate di Forno c’è sempre da imparare. Non avevo notato che sulla facciata della chiesa del Mulè c’erano gli affreschi di due diversi Sant’Antonio. Alla sinistra di chi guarda vi è il popolarissimo Sant’Antonio abate, protettore degli animali domestici e quindi particolarmente venerato nel mondo contadino. A destra è invece ritratto Sant’Antonio di Padova, famoso per i suoi miracoli. Elio mi ha confermato che se la ricorrenza di gennaio per l’Abate era molto partecipata, anche quella di giugno per il santo di Padova era molto sentita. Immagino che i poveri contadini delle Prése d’Ciriséi che stavano perdendo tutto il loro bestiame abbiano pensato che far intervenire due santi fosse più efficace. La chiesa comunque, ho verificato, è intitolata al solo Sant’Antonio abate e all’interno presenta ancora la curiosa divisione di una volta, con la balconata per gli uomini e la navata in basso per le donne (il contrario dei matronei paleocristiani). L’efficacia del voto fatto ai Santi per fermare la moria di mucche nel 1863 rimase ben presente nel ricordo collettivo. Guido Mauro Maritano racconta che Marcelìń, interpellato nel 1931 dai fratelli Versino per arrestare una moria di capre, suggerì prontamente di erigere un pilone: “Fùma ina ciòsa, se a na mòirat papì fùma in pilùń au baciàs d’Versìń”. (Facciamo una cosa, se non ne muoiono più facciamo un pilone al lavatoio dei Versino). La moria terminò. (Tramié a l’arp, p.85) E l’anno dopo Serafino Versino e i fratelli eressero il pilone dedicandolo alla Madonna delle Grazie.

La facciata della chiesa prima del 1985 e com’è oggi.
Pilone dedicato alla Madonna delle Grazie, datato 1932, opera di Serafino Versino e fratelli. Ex voto per fermare una moria che aveva sottratto loro più di 30 capre.
Tramié a l’arp, Maritano Guido Mauro, Arti Grafiche San Rocco, 2003
Festa di Sant’Antonio al Molè del 19 gennaio 2020, l’ultima che si è tenuta presso la chiesa, prima del Covid. Dopo la messa il tradizionale incênt, vendita all’asta, per finanziare la manutenzione e i restauri della chiesa. Foto di Anna Guglielmino, postate su Facebook nel gruppo Racconti e ricordi della Val Sangone. Quest’anno come anche nel 2021 la festa si è tenuta nella vicina Grotta di Lourdes.

La passeggiata con Elio mi ha suggerito un altro spunto. Sentendolo assegnare ad ogni casa, ormai spesso diroccata, gli abitanti di un tempo mi sono reso conto di come il passar degli anni porti via non solo le persone, ma anche la memoria e sempre meno persone ricorderanno i nomi di antiche famiglie e i toponimi che identificavano ogni angolo di borgata, per non dire ogni appezzamento di terreno. Questo mi ha indotto a rileggere “Tramié a l’arp” uno dei libri più intensi di Guido Mauro Maritano, che alla memoria ha dedicato tenaci ricerche e che vi tratteggia alcuni personaggi di Forno che ho avuto modo di conoscere quando portavo il pane la domenica mattina. Ma ho avuto una brutta sorpresa, la ricostruzione dei fatti che portarono all’erezione della chiesa del Mulè che avevo scritto su Luna Nuova e desunto dalla rivista parrocchiale “Squilli alpini” non corrispondeva, soprattutto nei protagonisti, con quella minuziosa di Guido Mauro, che coincide con la targa affissa in chiesa.

Ve le propongo affiancate, sperando che qualcuno abbia ancora memoria e faccia chiarezza su questi complicati intrecci familiari.

Da Luna Nuova del 12 gennaio 1985: Restaurata la Chiesa di S.Antonio al Molè del Forno di CoazzeDa Festa di Sant’antonio al Molè in Tramié a l’arp, di Guido Mauro Maritano, 2003
Chi fece il votodi erigere la cappella?
Per poter tenere qualche mucca in più quattro famiglie salivano d’estate alle Prese d Cìrsêi: i fratelli Giuseppe, Tommaso, Giacomo e Tranquillo Versino; Giuseppe Versino d’Flip; Giacomo Ostorero e Antonio Lussiana.  
Per quattro anni di seguito lu mal du ciarbún (il carbonchio)  decimò il loro bestiame costringendoli a scendere a valle coi rudùń (campanacci) sulla spalla.
Nel 1860 alle Prese Rocca Ceresey avvenne una tremenda moria, dovuta probabilmente ad un’epidemia di carbonchio, tra le vacche di Michele Versino ‘d Pinàt, Giuseppe Versino ‘d Clìnu ed Ambrogio Ostorero ‘d Tòni.
 


Chi donòil terreno?

L’anno dopo la promessa venne mantenuta e sul terreno dato dai fratelli Giuseppe, Alessio, Anacleto e Fedele Lussiana, “sichì du Rus”, sorse la chiesa, quasi al centro della borgata, dove ora arriva la strada carrozzabile che vi sale dal Santuario della Grotta di Lourdes.










Considerato che nell’anno successivo non venne più registrata alcuna morte tra le vacche, si raggiunse l’accordo di costruire la chiesetta in località Mòru du Cròt; il terreno però si rivelò non adatto, troppo molle e battuto dal vento. Si chiese allora ad Alessio Lussiana ‘d Bròs e a Giuseppe Lussiana du Rus se fossero stati d’accordo nel vendere un piccolo appezzamento all’interno della frazione per potervi edificare la Cappella; costoro manifestarono però l’intenzione di regalare il terreno necessario, con la clausola di essere anche loro stessi proprietari della chiesetta. Nello stesso autunno si cominciò perciò a “gavé (togliere/raccogliere)” le “lòʃe” alla località Barricata e nella primavera del 1863 si iniziò così la costruzione, terminata nell’autunno.
In questo articolo anche l’iconografia di Sant’Antonio Abate.

Fernando diventa Antonio

Sant’Antonio di Padova al secolo era Fernando Martins de Bulhões, nato a Lisbona il 15 agosto 1195 da una famiglia nobile nel quartiere Alfama. È il patrono del Portogallo e del Brasile. Divenne sacerdote molto giovane, prima seguendo la regola di Sant’Agostino e poi quella di San Francesco, che conobbe personalmente. Entrando nell’ordine assunse il nome di Antonio, per ammirazione verso l’abate. Viaggiò e predicò ininterrottamente fino alla sua morte che avvenne a Padova, il 13 giugno 1231, all’età di trentasei anni. Era un predicatore irresistibile, che attirava folle e compiva miracoli, fu proclamato Santo da Papa Gregorio IX già l’anno dopo. Nel 1263 la salma venne traslata nella nuova Basilica, che ancora oggi è visitata da milioni di pellegrini.

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