Bersaglieri valsusini: Francesco Rolando e Riccardo Ruffinatti, l’eroe e il centenario.

Per una volta sono arrivati in ritardo! Causa Covid 19 il raduno dei bersaglieri a Roma, in programma nel 2020 per il 150° anniversario della Breccia di Porta Pia, si è svolto solo adesso, il 26 settembre 2021. Furono i bersaglieri a lanciarsi oltre la breccia aperta dalle cannonate quella mattina del 20 settembre 1870 ed a subire le perdite maggiori nel pur breve scontro con le truppe pontificie.

Esistevano dal 18 giugno 1836 questi soldati specializzati nel tiro di precisione, da cui il nome. Li aveva inventati Alessandro La Marmora come esploratori, guastatori, incursori. Veloci nello spostarsi, rapidi nell’agire, abili nel tiro. La corsa e il casco piumato erano i loro elementi distintivi. Dopo il battesimo del fuoco nella battaglia di Goito, nella Prima guerra di indipendenza, parteciparono anche alla prima missione all’estero di soldati “italiani”: nella Guerra di Crimea persero il fondatore La Marmora, ma ricevettero dagli zuavi francesi, ammirati dal loro coraggio nella battaglia della Cernaia, l’omaggio del “fez”, rimasto come copricapo da fatica. Protagonisti nella conquista di Roma, i bersaglieri sono stati presenti nelle guerre successive e nelle attuali missioni all’estero. Nella Prima Guerra Mondiale ebbe modo di distinguersi per valore anche il capitano Francesco Rolando, di Susa, decorato con medaglia d’oro alla memoria. Un altro bersagliere valsusino di origini giavenesi, Riccardo Ruffinatti, ha conquistato quest’estate il traguardo dei cento anni.

Francesco Rolando e Riccardo Ruffinatti, bersaglieri
L’elemento che più distingue i bersaglieri è il cappello piumato. Si chiama “vaira” dal colonnello Vayra, che lo indossò per primo per presentare la divisa al re e lo indossò inclinato. Il piumaggio aveva una funzione mimetica, tecnicamente si chiama “piumetto” ed era costituito da 150 penne, ora ridotte a 50. Non di gallo cedrone, come si favoleggia, che è specie protetta, ma di cappone nero. Attualmente la vaira non è più usata nelle azioni militari, ma solo per le parate, obbligatoriamente precedute dalla fanfara, unica a suonare correndo.
20 settembre 1870, i bersaglieri valicano la breccia di Porta Pia ed entrano in Roma.
All’interno dell’articolo l’approfondimento sul XX settembre con gli avvenimenti che portarono alla conquista di Roma.

Francesco Rolando

Francesco Rolando, medaglia d’oro

Nasce a Susa il 27 febbraio 1889, da Giorgio e Antonietta Allasio, commercianti. Diplomato al Liceo Gioberti di Torino, viene arruolato come allievo ufficiale. Passato al servizio effettivo si reca in Libia, dove viene promosso capitano e trova il tempo di dedicarsi anche allo studio e ad esperimenti di coltivazione del cotone nella conca di Derna. Rimpatriato nel febbraio 1917 e trasferito al 17° reggimento bersaglieri, nel luglio assume il comando del 65° battaglione, col quale combatte valorosamente in Carnia, sul Carso e sulle pendici dell’Hermada nel corso dell’undicesima battaglia dell’Isonzo.  È al capezzale del fratello morente per una scheggia di granata, quando apprende di Caporetto. Rientrato al reggimento,  guida il 69° battaglione nella difesa del ponte di Madrisio sul Piave.  Nell’azione, come in altri scontri avvenuti nei pressi, hanno il battesimo del fuoco i primi “Ragazzi del ’99”; in particolare, al Molino Sega. Qui il capitano Francesco Rolando finisce eroicamente i suoi giorni il 16 novembre, meritando la medaglia d’oro al valore. Sette anni dopo, esumata dal cimitero di guerra, la sua salma tornerà a Susa, nella città dov’era nato.

Alla memoria viene insignito di Medaglia d’Oro con decreto 13 giugno 1918, con questa motivazione:  Comandante di un battaglione, seppe con l’esempio e con la parola preparare le sue truppe all’azione. Avuto l’ordine di attaccare, con intelligente perizia disponeva le sue truppe, guidandole di persona. Avvertito che in un punto il nemico ostacolava violentemente l’avanzata, vi accorreva, e, da solo, sotto fuoco intenso, sprezzante di ogni pericolo, si spingeva audacemente verso l’avversario per riconoscere l’efficienza delle sue difese, finché investito da raffiche di mitragliatrici, rimaneva ferito. Trasportato al posto di medicazione, dopo ricevute le cure, volle ad ogni costo tornare al suo battaglione, recandosi ove più violento era il combattimento. Per vincere l’ultima disperata resistenza del nemico, gridando parole vibranti di entusiasmo, con balzo leonino si slanciò in avanti, primo fra tutti, trascinando i suoi bersaglieri all’urto violento contro l’avversario che veniva travolto. Colpito in fronte, cadeva da eroe, col grido di Savoia! sulle labbra. Fulgido esempio di eroismo e di alta virtù militare. Molino della Sega, Piave, 16 novembre 1917.

Riccardo Ruffinatti

Riccardo Ruffinatti, 100 anni

Il 31 luglio scorso ha raggiunto un traguardo meno tragico, anzi lieto, un altro bersagliere valsusino, classe 1921. A Condove ha compiuto 100 anni Riccardo Ruffinatti. Vita non semplice la sua, tra Giaveno e la Valle di Susa. Arruolatosi volontario nel 1939, partecipa alla guerra di Grecia, iniziata nell’ottobre del 1940. Impantanati nel fango e male armati, i soldati italiani per conquistare Atene hanno bisogno dell’intervento tedesco.  Ruffinatti, ora sottufficiale, come tutti i militari italiani in patria e non, viene travolto con la sua Compagnia di Bersaglieri, dall’armistizio dell’8 settembre 1943. Con i suoi uomini viene caricato dai tedeschi su un treno merci con la promessa di fare ritorno in Italia, ma il treno non va a Milano, ma in Polonia e poi in Germania.  Due anni terribili di prigionia, fra tutti i suoi commilitoni è l’unico a sopravvivere. Tornato a Condove, si è sposato, è diventato “il Cavagné” ed ha potuto dedicarsi serenamente al suo lavoro, al suo orto, alla montagna di Camporossetto. Partecipando sempre alle attività delle associazioni condovesi dei Bersaglieri e dei Combattenti e Reduci.

Articolo di approfondimento su L’AGENDA NEWS

Commenti e ricordi

Il sindaco di Condove, Jacopo Suppo, ha così commentato su “La Valsusa” l’incontro: “Ho avuto modo di salutare Riccardo Ruffinatti nel giorno del suo 100° compleanno, portandogli non solo gli auguri ma anche l’affetto di tutta la comunità condovese. Un traguardo davvero incredibile che il signor Ruffinatti ha tagliato in piena forma. Ci ha accolto leggendo il giornale senza occhiali, ha letto con attenzione le iscrizioni delle varie targhe e onorificenze che gli sono state consegnate, commentandole insieme a noi, ho visto i suoi occhi accendersi quando i bersaglieri hanno intonato i loro canti. Un momento emozionante, che mi ha riportato alla mente la mia infanzia quando Riccardo girava per tutta la valle consegnando le bombole del gas con la sua ‘giardinetta’, frequentava il negozio di vino di mio nonno Battista e chiacchierava con mio nonno Germano, compagni di sventura sul fronte greco- albanese. Una vita che è anche un pezzo di storia del nostro Paese e quindi era doveroso celebrare”.

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