Scherzi di marzo – “Mars, marsùń chi a crèiat a l’et iń c…

Marzo ha fama di essere un mese ingannevole e dispettoso. Ce lo dice il proverbio “marzo pazzerello, esci col sole, porta l’ombrello”, ce lo dicono in modo molto più brusco i proverbi coazzesi che Bruno Tessa, “lu maéstru”, ci ricorda in questo articolo del 1985.

Il dispetto più grosso marzo ce l’ha fatto nel 2020 obbligandoci agli arresti domiciliari da Covid, ma la saggezza antica ha sempre diffidato di marzo. Forse per questo a Coazze (non so se questa usanza è diffusa anche altrove) c’era l’abitudine, il 1° marzo, di far “cusgnèi mars” (impropriamente tradotto con “consegnare marzo”), di far pagare una specie di pedaggio a chi era troppo credulone o fiducioso e doveva subire lo scherno di un ritornello impietoso “Mars, marsùń chi a crèiat a l’et iń cuiùń” (“marzo, marzone, chi ci crede è un coglione”). Termine forte, ormai sdoganato, ma che ricordo essere usato solo in quell’occasione, per necessità di rima. Di solito era sostituito da “cuiüssu”, espressione di stupore più eufemistica. Non ricordo se collegato al primo marzo, ma da bambino un altro gesto di scherno era sfregare i due indici di fronte al credulone di turno e ripetere “ciüciü la bàgni”. Forse da questa espressione Bart Simpson ha derivato il suo famoso “ciucciami il calzino”.

Le burle di marzo erano spesso innocenti, mandare una persona da qualcuno che non l’aveva chiamata era la più ricorrente. Non ricordo se collegato al primo marzo, ma uno scherzo storico ha come protagonista Oscar Guglielmino, il panettiere, specializzato in burle. “Beppe sautìsa” e “Pìnu d’Petì” erano due salumieri di Coazze, naturalmente in concorrenza, e Oscar a un garzone di Beppe che carico di salami gli chiedeva indicazioni per una consegna che doveva fare, indicò subito  il vicino negozio di Pìnu. Mancò poco che l’ignaro ragazzo e i suoi salami volassero in strada! Così la ricordo io, però le storie, come nel gioco del telefono senza fili, passando di bocca in bocca si deformano, spero di aver reso almeno un’idea della scena.  Scena alla Pratolini, di negozianti sull’uscio e strade animate di gente, di bambini che giocano in strada senza paura dello scarso traffico, di socialità semplice e battute pronte, di scherzi innocenti che si scioglievano (quasi sempre) in una risata. Questo scorcio della “rüà” era un soggetto privilegiato di varie cartoline, oltre a quella già proposta in un altro articolo.

LUNA NUOVA quindicinale, n.5 del 9 marzo 1985, ” Mars marsun …” articolo di Bruno Tessa per la rubrica “Ciòse Bis-ciòse”
Tre generazioni della famiglia Rosso al lavoro nel salumificio di famiglia, sotto la guida di nonno Beppe
La “rüà” di Coazze (oggi Via Matteotti) a inizio Novecento

Commenti e ricordi

Marisa Usseglio Savoia Bellissimo racconto, e il termine “cuijüssu” anche per noi dl’auta valada, un aggettivo usato per denotare una cosa bella, un lusso. Per quanto riguarda “marzo marzone chi lo prende è un bel coglione,” a scuola si facevano girare dei biglietti e qualcuno cadeva sempre nella trappola , per il divertimento di chi lo aveva scritto , la vendetta era metterlo in tasca della blusa di nascosto.

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