Pietra, terra e memoria per Enrico Valobra

98 lapidi fanno ala alla cappelletta dell’Ossario di Forno. Ma nel sacrario eretto dai partigiani sopravvissuti alla Lotta di Liberazione riposano soltanto 97 salme. Dietro il marmo inciso col nome di Enrico Valobra vi è solo un grumo di terra austriaca, l’hanno portata i suoi figli dal lager di Gusen, sottocampo di Mauthausen, dove Enrico è morto dopo un anno e mezzo di prigionia.

A Coazze, davanti alla farmacia Alloa, Gunter Denmig il 17 gennaio 2018 ha collocato una delle sue Stopensteine, pietre d’inciampo. Al primo piano Enrico dormiva con la moglie Germana Ostorero, che ha così rievocato l’arresto del marito: Il 23 ottobre 1943, alle 5 del mattino, mentre ero a letto con mio marito mi trovai ad un tratto in camera il Beghetti Antonio che accompagnava due tedeschi facendo loro da interprete. Costoro dovevano essere entrati, con qualche chiave falsa o con forzatura, nell’appartamento che è sito al 1° piano dello stabile della Farmacia Alloa in Piazza della Vittoria a Coazze. Conosco il Beghetti perché lo stesso da qualche tempo trovavasi in montagna fingendosi partigiano ed era anche venuto a casa nostra qualche giorno prima per farsi imprestare la bicicletta da mio marito…” (dal libro Schiene dritte di Gian Vittorio Avondo e Claudio Rolando)

“Il tristo figuro”, come lo chiamerà Enrico in una lettera alla moglie, aveva appena guidato i tedeschi all’arresto del maggiore Luigi Milano, comandante dei partigiani della Val Sangone, all’Albergo Lago Grande di Avigliana. Anche se viene insultato come ebreo, Enrico Valobra viene arrestato per la sua attività politica a favore della Resistenza e, dopo la detenzione alle Carceri Nuove di Torino, viene portato a Fossoli e destinato non ad Auschwitz, campo di sterminio per ebrei, ma a Mauthausen e precisamente nel sottocampo di Gusen. Ha il numero di matricola 82546. I compagni di prigionia sopravvissuti ne ricordano lo spirito forte e la determinazione e hanno dovuto purtroppo testimoniare della sua morte, avvenuta il 22 marzo 1945.

Questa dichiarazione ufficializza la data di morte, sulla lapide dell’Ossario il decesso è datato 23 marzo, mentre negli archivi ISTORETO di Torino addirittura viene anticipata al 30 agosto del 1944. (Documento tratto dal libro Schiene dritte)
La lapide di Enrico Valobra all’Ossario di Forno di Coazze
A Coazze, davanti alla farmacia Alloa, Gunter Denmig il 17 gennaio 2018 ha collocato una delle sue “Stopensteine”, pietre d’inciampo., che dal 1992 dissemina in tutta Europa nei luoghi legati alle vittime del nazismo.
La Valsusa dell’11 gennaio 2018
Schiene dritte. Storie di shoah e deportazione tra Torinese e Cuneese, Gian Vittorio Avondo e Claudio Rolando, LAR editore, 2018
Paolo Venco, nipote di Enrico Valobra, e Claudio Rolando, uno degli autori alla presentazione del libro Schiene dritte, che ringrazio per l’aiuto prestatomi nella redazione di questo articolo.

Enrico Valobra, tra i fondatori della Resistenza in Val Sangone

Enrico Valobra era nato il 23 dicembre 1894 e aveva partecipato alla Prima Guerra Mondiale. I Valobra frequentavano Coazze. La sorella Elda aveva sposato Giuseppe Maria Venco, direttore e comproprietario dello Jutificio De Fernex, ed Enrico nel 1923 aveva sposato Germana Ostorero, che gli aveva dato tre figli, e gestiva col padre Cesare e i fratelli una avviata sartoria a Torino. La “Successori di A. Sacerdote”, che dava lavoro a un centinaio di dipendenti, venne chiusa nel 1941 a seguito delle leggi razziali. Nel 1943 i Valobra sono sfollati a Coazze ed Enrico dopo l’8 settembre si impegna attivamente per supportare la nascita della Resistenza. Il maggiore Luigi Milano sistema il primo comando partigiano in una sua baita al Ciargiur, Enrico indirizza a lui i militari sbandati, col suo furgoncino porta viveri e mezzi da Torino a Coazze. Finché il suo attivismo viene notato e stroncato dalla vile delazione di un finto amico.

I fratelli Valobra hanno partecipato alla Prima Guerra Mondiale, foto tratta dal libro Schiene dritte.

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