La facciata del Santuario del Selvaggio culmina con due campanili slanciati. Con i loro 52 metri, nella nostra valle, sono superati in altezza solo dal campanile del Santuario di Santa Maria della Stella di Trana, per un metro. Il campanile di destra funge da torre campanaria e ospita un complesso di sei campane, collocatevi nell’estate del 1926. La campana maggiore è stata offerta dal 3° alpini. Tutte hanno un nome, ma per scoprirlo bisogna risolvere questo gioco.
Le campane sono una presenza scontata e al loro suono quasi non facciamo più caso, ma quando gli orologi personali non esistevano o erano una rarità le campane avevano un ruolo fondamentale, non solo per scandire le ore, ma per inviare ogni sorta di segnali, da quelli di pericolo a quelli di festa e purtroppo anche di morte. Le campane ci sembrano tutte simili per forma e struttura, la variante più significativa sembra solo legata alla dimensione e al peso. Ma non è così. Ad esempio la loro storia è millenaria e la loro origine asiatica. Spesso enormi, il suono si ricavava con un battaglio esterno.
Secondo una leggenda, la campana con battaglio interno sarebbe un’invenzione italiana, dovuta a san Paolino, vescovo di Nola, nel V secolo, anche se non vi è nessun documento che attesti la paternità dell’invenzione al Santo. Comunque solo nell’VIII-IX secolo le chiese e le pievi incominciano a essere dotate di campane e sorgono i primi campanili, che si diffondono sempre più dopo l’anno Mille.
Benedette e battezzate
Non solo le campane di Selvaggio o alcune campane famose hanno un nome, ma tutte.
Precisi riti liturgici sovrintendono alla collocazione delle campane, che prima vengono benedette e contestualmente battezzate. Di solito viene loro attribuito il nome di un santo o di una virtù. Questo nome inciso nel bronzo con altri dati sulla fusione e la committenza, finisce però in alto sui campanili dove nessuno lo può leggere e spesso viene dimenticato o soppiantato da altri, di matrice popolare. Ad esempio la “Maria dolens” di Rovereto è nota come “Campana dei Caduti”, che onora suonando ogni giorno all’imbrunire. È la più grande d’Italia e pesa 22 tonnellate. Ed è anche la testimonianza che il processo di fusione delle campane è delicato e complesso. Venne fusa la prima volta a Trento nel 1924. Il deteriorarsi del suono indusse a rifonderla a Verona nel 1938 senza successo. Rifusa nel 1939, solo dopo la guerra venne riportata a Rovereto, ma nel 1960 si incrinò. Non potendo intervenire altrimenti si decise per una nuova fusione, la quarta, nel 1964, grazie al sostegno finanziario del Lions Club d’Italia. L’incarico fu affidato alla Fonderia Capanni. Il 31 ottobre 1965 la campana fu benedetta da papa Paolo VI in Piazza San Pietro a Roma. Trasportata a Rovereto e collocata sul Colle di Miravalle, diffuse per la prima volta i suoi rintocchi il 10 aprile 1966 in coincidenza con la domenica di Pasqua.