Era il 24 maggio e Selvaggio bruciava sotto i nostri occhi

La domenica 22 maggio 1944 dei camion carichi di tedeschi arrivano alla borgata Selvaggio e cominciano a segnare di biacca le case che avevano ospitato dei prigionieri inglesi in fuga. La gente apprende incredula che verranno bruciate. Gli inglesi sono stati approssimativi nel confessare e solo la mediazione del podestà di Giaveno Giuseppe Zanolli limita la punizione. Fino all’ultimo si spera sia solo un’intimidazione, invece il martedì 24 maggio i nazisti circondano la borgata, ordinano l’evacuazione, catturano gli uomini che incontrano deportandoli in Germania e poi cominciano ad incendiare le case, finendo poi per bombardarle coi cannoni piazzati a Borgata Colombo. In un prezioso filmato conservato nell’archivio dell’Ecomuseo delle Resistenza, a Coazze, circa trent’anni fa alcuni testimoni della tragedia vengono intervistati. Sono Maria Tonda in Tessa, Dario Stoisa, Rosa Rege in Baronetto, Emilia Vacchieri in Varesio e Giovanni Rosa Brusin. (Ringrazio Luigina, Pia e Claudio che mi hanno aiutato ad identificarli).

Testimoni: Maria Tonda Roc in Tessa, il cui suocero Giovanni venne catturato, Dario Stoisa e “Ruʃiŋ”, Rosa Rege in Baronetto, il marito Roberto venne catturato e deportato.
Testimoni: “Miliòta” Emilia Vacchieri in Varesio e “Magneti” Giovanni Rosa Brusin, detto anche “Pudestà”.

Colpisce nel loro resoconto la pacatezza con cui raccontano tragedie come le proprie case distrutte e i propri familiari arrestati. Ma sono passati appunto tanti anni dall’avvenimento, le case sono state ricostruite, gli uomini sono tornati e si può guardare al dramma di allora con un certo distacco.

Guarda il filmato su YOUTUBE e iscriviti al canale

In netto contrasto invece il tono concitato con cui nel suo diario il podestà di Giaveno Giuseppe Zanolli racconta in presa diretta i suoi tentativi di mediazione, non del tutto infruttuosi, e i provvedimenti presi per dare una casa alla 60 famiglie senzatetto.

Il drammatico incalzare degli avvenimenti che porta alla distruzione di Selvaggio Sopra è reso molto bene nel diario che il podestà Zanolli ha compilato durante il periodo della Resistenza. Riporto le pagine del 22 e del 24 maggio. Le prime hanno il ritmo concitato delle trattative, del buon senso che si scontra con l’ottusità degli ordini. Ma sono le seconde a colpire di più. Il dramma si è compiuto, Zanolli assiste impotente, ma le sue parole pesano e l’immagine dei camion tedeschi che si allontanano carichi di suppellettili, cibarie e animali razziati alla povera gente innocente e inerme trasuda disprezzo e copre di vergogna gli autori “dell’eroica impresa”.

Dal Diario del Podestà di Giaveno, Giuseppe Zanolli:

Selvaggio

22 maggio 1944

Saliti in macchina, senza chiedermi la strada insieme ai camion ci rechiamo al Selvaggio. Quivi giunto il comandante, che é il capitano che mi ha interrogato e rimproverato per il mio interessamento circa i 300 ostaggi e la sorte dei due borghesi di Giaveno; un uomo piuttosto piccolo colle gambe a semicerchio, di peli e capelli rossi, mi dice che é giunto l’ordine di distruggere tutto il Selvaggio. “Ma perché?” “Perché qui hanno dato vitto ed alloggio, nascondendoli alle ricerche, a 9 prigionieri inglesi, fuggiti dai nostri campi di concentramento.” “Ma non é possibile una tal cosa.” “Sono ordini superiori.” “Ordini da barbari senza alcun senso di discernimento.” Credo che il capitano abbia capito qualche cosa anche senza l’interprete perché gridando “sveinerein” mi prende per lo stomaco e mi appoggia al muro della Cappelletta del Selvaggio Sopra e levando la rivoltella me la punta. Sono ormai tanto stanco ed avvilito, che son quasi contento di andarmene all’altro mondo e dico: “Sparate pure ed uccidetemi almeno non assisterò a tutte le vostre atrocità” Il capitano udito dall’interprete la mia risposta – si vede proprio che Dio mi protegge – scolla la testa e poi rinfodera la rivoltella dicendomi: “Chiamare qui tutta la popolazione.” Mi rifiuto ed allora egli minacciando e borbottando grida: “allora sparare su tutto e su tutti e tutto abbruciare.” Faccio un balzo in avanti, perché queste bestie sono capaci di tutto e grido: “Tutte le donne escano di casa e vengano qui da me:” Ma i tedeschi sono già sguinzagliati per tutte le case e prendono ed accompagnano uomini che immediatamente fanno salire su un camion. Invano mi presento al capitano con certo Baronetto, Giacone e Bergeretti offrendoci quali capri espiatori purché salva fosse la borgata; egli dichiara in modo assoluto che deve distruggere il Selvaggio e concede una sola mezz’ora per evacuare le case e quanto la popolazione può portare in salvo. Mi chiede quale sia propriamente il Selvaggio “Tutto e nulla – dico io – il Selvaggio é una denominazione geografica che denota una grande zona” e prendendo in mano la carta topografica che egli stesso tiene dico: “Qui é Bué – qui é Galleana – qui é Bergeretti – qui Rio Sopra – qui Rio Sotto…….” – “Basta – grida – allora Selvaggio essere evaporato.” – “No, la parola Selvaggio indica un grande numero di borgate.” – “No – mi risponde – qui dove ci troviamo hanno dato vitto, alloggio ed assistenza ai prigionieri inglesi fuggiti dai nostri campi di concentramento e qui deve essere distrutto.” Litighiamo un bel po’ ed intanto il tempo passa e la popolazione porta roba in salvo. Infine dice: “- Senta podestà – io mi limiterò a distruggere solo le case che dalle indicazioni del prigioniero inglese sono state segnalate come quelle che i partigiani inglesi hanno avuto tutto. Questo é il minimo che posso fare secondo gli ordini ricevuti.” Sono le ore 14,30 ed il capitano dice “ora basta, faccia ritirare tutti perché non voglio vi sia alcuno quando farò sparare i cannoni. Supplico – é la vera parola – supplico che ci dia alcuni momenti di tregua per dar agio alla popolazione di mettere in salvo almeno le cose più utili ed egli fa un cenno di assenso. Aiuto anch’io a trasportare roba e continuo per circa un’ora ancora cercando di tener lontano il capitano quando egli stesso mi fa chiamare e dice con tono che non ammette veramente replica: “Ora basta.” La popolazione si ritira ed io sento subito sparare nell’interno della frazione. Dubitando che i tedeschi abbiano a sparare sopra la popolazione mi metto a correre per la località ma mi accorgo che i soldati stanno dando la caccia a polli e conigli dei quali ne fanno una abbondante raccolta. Tento di far mettere in libertà gli uomini che ha fermato ma riesco solo alla libertà di un certo Giacone che é appena uscito da una grave malattia per cui un viaggio in autocarro o in treno sarebbe certamente la sua fine. Torno da solo nuovamente alla frazione da cui mi ero allontanato per suo ordine e vedo i tedeschi che stanno caricando il bestiame rimasto nelle stalle per la mancanza dei proprietari; macchine da cucire e altri generi. Quando i camion se ne sono andati lasciandomi a piedi il capitano torna dicendomi: “Faccia immediatamente fare dei cartelli con il divieto assoluto alla popolazione di entrare in frazione perché tra poco io farò sputare i cannoni dalla frazione Braida e non vorrei uccidere altre persone.” Avverto gli abitanti tutti di quanto mi é stato ordinato e lasciati partire i tedeschi, di corsa faccio la via più breve, torno a Giaveno arrivando ancor prima dei tedeschi. Chiedo immediatamente al telefono il Prefetto, ma mi si dice che é fuori sede ed allora parlo con Adami il quale mi assicura che farà nonostante sia ormai persuaso di nulla poter ottenere quanto potrà per la popolazione del Selvaggio. Quantunque sia riuscito a salvare gran parte del Selvaggio compreso il Santuario e tutta la parte sud, tuttavia sono così avvilito che non so che farei. Però ho ancora una speranza… Se sparano dalla Braida – quindi senza incendiare le case – il disastro dovrebbe essere assai minore. Rimango in Municipio fino alle ore 21, e non udendo sparare, pur non ricevendo risposta da Torino, torno a casa un po’ più sollevato, sperando che i tedeschi abbiano fatto solo la minaccia o sia intervenuto a salvarci qualche altro Santo.

24 maggio 1944

Partiti i tedeschi per il Selvaggio, io prendo il mio solito autista – il buon Trumlin – cerco di raggiungerli, ma prima di arrivare a Coazze odo i primi colpi di cannone. A 100 metri circa dal Ponte del Selvaggio vedo le prime case che saltano in aria. Cerco di avanzare per parlare con il comandante ma la sentinella non vuol lasciarmi passare ed alle mie insistenze l’interprete mi prega con fare piuttosto autoritario di allontanarmi per il mio meglio. Non intendendo io ubbidire ordina al Trumlin di partire immediatamente altrimenti avrebbe fatto uso delle armi. E Trumlin mi fa violenza prendendomi per un braccio ed accompagnandomi via. A Giaveno telefono al Colonnello Scognamiglio dei carabinieri raccomandando il maresciallo Santoro e passata un’automobile del signor Franchelli invio la moglie del maresciallo a Torino perché se ne interessi essa pure direttamente. Verso le ore 17,30 ritornano dalla eroica impresa del Selvaggio i tedeschi. Essi hanno i camions carichi di oggetti i più svariati, dalle cucine economiche alle coperte di lana da sacchi di farina a bestiame in grande quantità. Sopra un camion, tra le mucche ed i vitelli é appollaiato il maresciallo Santoro con i suoi uomini. Di corsa mi avvicino e gli dico: “State tranquilli che ho già incominciato ad interessarmi di voi e non tralascerò fino a che sarete tornati a Giaveno. Vedrete che ciò sarà presto.” Al maresciallo poi dico che sua moglie é già stata da me inviata a Torino dal Colonnello Scognamiglio. Ritorno al Selvaggio. Che desolazione! Sono circa 50 case distrutte e circa 60 famiglie senza tetto. Provvedo che le stesse siano ricoverate provvisoriamente parte nei locali del Santuario del Selvaggio e parte nella scuola di Coazze e di Selvaggio stesso. Inoltre ordino ai negozianti che a tutte le famiglie così colpite siano ceduti tutti i generi di viveri tesserati a gratis ed anche senza tessera perché molte sono andate distrutte. I conti li renderanno a me e pagherò tutto io. Se la Prefettura approverà la spesa me la farò rimborsare altrimenti pagherò io. Son certo che ciò non mi farà andare del tutto in malora. Si tratta di bene.

Giuseppe Zanolli, podestà di Giaveno
Alcune immagini delle case di Selvaggio Sopra bombardate.
I deportati in Germania come “schiavi di Hitler” in ringraziamento davanti al Santuario del Selvaggio dopo essere rientrati in patria.

Cosa ne pensi?

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.