Da Pozzo Strada alla festa sul Robinet: grazie a don Pauletto e al CAI Coazze

Il sole giallo urla la sua soddisfazione in un cielo che non conosce nuvola e si distende sulle nostre montagne come una coperta azzurra, sgualcita un po’ dal vento e sfrangiata dalle rocce e dai crinali. Finalmente, dopo gli anni bui del Covid e i suoi strascichi, la festa della Madonna degli Angeli ha visto salire un prete alla centenaria chiesetta del Robinet per solennizzare con la Messa, anzi con le tradizionali due messe, la ricorrenza della prima domenica di agosto. Merito di Don Gianpaolo Pauletto, parroco a Pozzo Strada e cappellano all’Ospedale Martini di Torino. Forse perché è del 1966 e quindi vecchio come la sezione CAI di Coazze, forse perché generoso di natura, Don Gianpaolo ha dato la disponibilità a ripristinare la parte religiosa della festa, accollandosi il non facile cammino di salita prima al Rifugio della Balma e poi ai quasi 3000 metri del Robinet. Ma il merito va anche ai soci del CAI di Coazze che non si sono fatti scoraggiare da anni di dinieghi. Grazia Gerbi muovendosi con largo anticipo ha trovato la persona disponibile e Alfio Usseglio ha potuto mandarci queste belle foto.

Fotografia di Alfio Usseglio, Sezione CAI Coazze, 6 agosto 2023
Fotografia di Alfio Usseglio, Sezione CAI Coazze, 6 agosto 2023
Fotografia di Alfio Usseglio, Sezione CAI Coazze, 6 agosto 2023

Vedere don Gianpaolo celebrare Messa, mentre gli angioletti dipinti da Luigi Stoisa si rincorrono azzurri nell’azzurro pallido dello sfondo, suggerisce un buon messaggio di normalità. Forse non è molto, ma dopo i disastri del Covid è tanto. Ed è una giusta soddisfazione per il CAI Coazze che ha adottato la cappella voluta da don Gallizio oltre centoventi anni fa e non ha mai lesinato impegno, denari e idee per difendere un edifico arditamente voluto in vetta. Tanti sforzi sono stati oggi ripagati da una di quelle giornate rare, in cui non una nuvola, non una velatura osa sfidare l’azzurro immacolato del cielo.   

Don Gianpaolo Natale Pauletto e la sua Parrocchia

Così il prete, che ha celebrato la messa al Robinet, si presenta sul sito della Parrocchia della Natività della Vergine nel quartiere Pozzo Strada di Torino:

Mi chiamo GianPaolo Pauletto, sono nato a Rivoli il 9 ottobre 1966. A 21 anni sono entrato in seminario e sono stato ordinato prete nel 1995. Ho fatto il viceparroco  nelle parrocchie di Orbassano, Volpiano e Lucento.  Nel 2002 ho chiesto al vescovo di intraprendere il servizio religioso in ospedale e da lui sono stato mandato prima alle Molinette fino all’estate 2012 e poi al Martini.  Ora sono parroco in questa Parrocchia e cappellano dell’Ospedale Martini.  

La parrocchia di Pozzo Strada, intitolata alla Natività di Maria Vergine, ha una lunga storia: ci sono notizie di un insediamento religioso già nel 980.d.C, dunque, più di mille anni! L’insediamento si trovava nei pressi di un pozzo al quale si abbeveravano uomini e animali in transito su quella che sarebbe poi diventata la Via Francigena. Una sosta, un po’ di ristoro dalle fatiche del viaggio e, magari, una parola di conforto prima di ripartire. Può far sorridere la leggenda del cieco di Briançon che intorno al 1104, proprio a Puteum Stratae (Pozzo Strada, appunto), avrebbe riacquistato temporaneamente  la vista per individuare il luogo dove si sarebbe trovato un quadro di Maria, ma resta il fatto che la leggenda parla di un luogo reale… Allora ben conosciuto. Nel tempo, si può dire, le cose non sono molto cambiate: la parrocchia è sempre un punto di ristoro e conforto spirituale per i viandanti  del XXI secolo.  E il pozzo esiste ancora!

Spunta la luna dal … Robinet, fotografia di Elio Pallard

Prima di Don Gianpaolo Pauletto tanti sacerdoti sono saliti al Robinet il giorno della festa e tra questi voglio ricordare in particolare Don Agostino Gallizio il promotore, Don Giacomo Zanella l’innamorato, Don Giuseppe Viotti il miracolato e Don Michele Olivero.

Don Agostino Gallizio, il promotore

Don Agostino Gallizio è stato parroco di Forno dal 1° luglio 1888 al 12 gennaio 1934, data della sua morte.

Doveva esser un prete molto attivo perché fece subito restaurare la ormai secolare chiesa parrocchiale e poi si fece promotore della costruzione della Cappella sul Monte Robinet. L’origine dell’iniziativa è controversa e poco documentata. Giuliano Ostorero, che nel 2000 ha scritto una monografia sul Robinet, riporta sostanzialmente due ipotesi, tramandate oralmente dagli anziani di Forno: 1) la chiesa come ex voto per la salvezza di alcuni montanari che attraversando il lago ghiacciato con la slitta carica di fieno erano finiti nelle acque gelide. 2) la chiesa costruita con lavoro pagato grazie a un lascito al Parroco. Giuliano ritiene che le due motivazioni potrebbero essersi congiunte e cioè che la chiesa si sia potuta costruire sia grazie al finanziamento parrocchiale che al lavoro volontario. Il professor Rodolfo Bettazzi progettò la chiesa come una sfida alla montagna, sulla cima, esposta ai venti di due vallate e alle intemperie. Ciò rese impegnativi i lavori, infatti l’inaugurazione slittò dai primi di agosto all’11 settembre, e richiese col passare degli anni frequenti lavori di manutenzione, anche radicali.

11 settembre 1900, con un mese di ritardo rispetto alla ricorrenza della Madonna degli Angeli, viene inaugurata la Cappella sul Robinet, l’edificio di servizio, che funge da bivacco e rifugio, verrà costruito negli anni successivi.

“Un’altra versione, più prosaica e meno ammantata di leggenda, ma proprio per ciò più attendibile poiché suffragata da fatti certi e controllabili, è quella di cui si parlava, quando era ancora abitata, nella borgata Molè, i cui abitanti, per motivi logistici, furono i più coinvolti nella realizzazione dell’opera. Secondo questa tesi una famiglia non meglio identificata, probabilmente non della Valsangone, avrebbe fatto donazione di una cascina a Don Gallizio; questi, anche per tacitare alcune voci dei compaesani sull`utilizzo dei proventi che gli derivarono dalla vendita di tale cascina, ne destinò una parte per l’edificazione di un alpeggio (noto appunto come Arp du Préve, i cui ruderi sono tuttora visibili nel vallone del Meinardo, sul costone del Monte Aquila che scende verso l’attuale stazione sciistica della Piʃi ed il rimanente appunto per costruire la Cappella della Madonna degli Angeli sul Robinet. Per quanto concerne la mano d’opera, questa era composta quasi esclusivamente da abitanti delle borgate Molè e Garida ed è anche noto lo stipendio di ciascun prestatore d’opera; 17 soldi al giorno. Queste le due versioni più ricorrenti, di cui una non esclude necessariamente l’altra: è infatti verosimile e anche molto probabile che la Cappella – Rifugio del Robinet sia stata costruita in parte con lavoro volontario in qualità di ex voto ed in parte con lavoro stipendiato; se così è, va dato atto a Don Gallizio di aver saputo coniugare le sue doti pastorali ed imprenditoriali, convogliando energie diverse verso il raggiungimento di un obiettivo senz’altro meritorio”. (da Robinet … di Giuliano Ostorero, 2000)

Robinet – Cento anni tra escursionismo e fede, di Giuliano Ostorero, CAI Sezione di Coazze, 2000

Don Giacomo Zanella, l’innamorato

Originario di Ceres, dove era nato il 17 dicembre 1866, “duŋʃanéla” arrivò a Coazze, dove rimase come cappellano fino alla morte nel 1955, nel 1904. Il 18 agosto dello stesso anno salì al Robinet e la chiesetta appena costruita lo affascinò subito, devotissimo alla Madonna degli Angeli salì per decenni a celebrarne la festa e una famosa foto lo ritrae cinquantenne e in carne seduto davanti alla chiesa lesionata. Fin d’allora s’era ripromesso di scrivere un libro per valorizzare “il caro Robinet”, ma vicende travagliate e due guerre posposero l’intento, fino al 1947 quando esce un libretto intitolato “ Robinet – il Santuario della Madonna degli Angeli”. Pagine preziose per conoscere la storia della chiesetta, pagine piene di amore e devozione, con versi e preghiere, ma anche con una precisa illustrazione e descrizione dell’itinerario di salita. Un palese invito a salire sulla vetta e a godere di persona della bellezza del luogo e dell’immenso panorama che dal Cervino al Monviso si distende in un coro di cime aguzze ed erte dorsali, per sfumare poi nelle brume della pianura torinese.     

Foto scattata nell’estate del 1917, Don Zanella ha 50 anni, la cappella solo 17 ma porta i segni del tempo. A sinistra si vede il bivacco da poco costruito.
Robinet Il Santuario della Madonna degli Angeli, Don Giacomo Zanella, 1947

Don Giuseppe Viotti, il miracolato

Malato quasi terminale di tubercolosi, Don Viotti nell’estate del 1947 si reca a Lourdes sfidando il parere dei medici, che temono non sopravviva al viaggio. Ne torna rinato e viene mandato a Forno, l’aria di montagna dovrebbe completarne la guarigione. Fa l’ingresso parrocchiale il 13 giugno 1948, trasforma Forno in una Lourdes alpina. Onora con la sua presenza le feste montane del Ciargiur, del colle della Russa e del Colletto. Ma a stupire tutti era il suo modo di partecipare alla processione che dal Molé del Forno saliva al Robinet la notte precedente la festa della prima domenica di agosto. In abito talare il sacerdote, che a trent’anni avrebbe dovuto morire di tubercolosi,  saliva intonando di continuo canti e preghiere. Come ricordava Attilio Ballesio, pluriennale villeggiante di Forno: “Il primo sabato di agosto, con partenza alle 23, si saliva in pellegrinaggio alla cappella del Robínet con íl Parroco Don Viotti in abito sacerdotale, pregando e cantando fino in vetta (1700 metri di dislivello – 5/6 ore), nel lungo cammino notturno le voci di molti partecipanti si spegnevano e restava quasi solitaria quella del sacerdote meravigliando tutti. Pausa solo nelle soste di cui la più lunga era alle Alpi della Balma accolti dai pastori”.  

Un Prèivi coj fiòch, AA.VV., Edigraph, 2009.

Don Michele Olivero, prima del Covid

Amico di Don Viotti e frequentatore di Forno, Don Michele Olivero viene nominato rettore del Santuario il 18 febbraio 2016. Ha 75 anni. Tre anni dopo, nel 2019 fu l’ultimo sacerdote prima della pandemia a guidare la processione dal Molè al Robinet e a celebrare in vetta la Santa Messa. Era il 4 agosto di tre anni fa, da allora, complice il Covid e la penuria di sacerdoti, la festa della cima più cara ai coazzesi è stata solo laica per 3 anni. Dalle due valli non salivano più centinaia di persone, ma i volontari del CAI Coazze hanno continuato a coccolare questa creatura secolare, bisognosa di continue cure, ma capace di dispensare orizzonti di struggente bellezza. E nel 2023 la festa è tornata nel solco della tradizione e della completezza.

Dal 18 febbraio 2016 Don Michele Olivero, che era rettore del Santuario della Beata Vergine Consolata in Torino, è stato nominato rettore del Santuario Grotta di Nostra Signora di Lourdes a Forno di Coazze, a cui è annessa la Casa di Spiritualità di Gesù Maestro.

Etimologia: non rubinetti ma montoni

Il francese Robinet e il coazzese Rübinët significano entrambe “rubinetto” e a Coazze con questa parola si indica anche il Monte di 2679 metri, su cui sorge la Cappella di N.S degli Angeli. La parola rubinetto risale alla fine del XVI secolo e ha un’origine curiosa: deriva dal francese robinet, diminutivo del nome proprio Robin (da Robert) che si dava popolarmente ai montoni (arieti). In Francia infatti la chiavetta dei rubinetti aveva spesso un ornamento a forma di testa di ariete. Lo stesso procedimento per cui le fontane pubbliche torinesi si chiamano turèt, perché hanno i rubinetti a forma di testa di toro. Quindi il nome della nostra montagna non evoca improbabili rubinetti, anche perché se una cosa manca in cima alla vetta, ed è sempre stato un problema, specie per i lavori, è proprio l’acqua. Si potrebbe obiettare che oggi neanche i montoni abbondano in vetta, ma forse un tempo non era così, ce lo conferma un altro toponimo, non lontano, lu Ro’ du Mutùŋ, ai piedi del Col del Vento.

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