Bravo Matteo! Il sentiero delle macine arriva in Africa

La Val Sangone ha una lunga tradizione di produzione delle macine (mòle) in pietra. Uno studio di Guido Lussiana, che vi ripropongo in parte, testimonia la presenza di attività estrattiva già nel 1200. Recentemente, grazie all’impegno dell’AIB di Coazze  è stato attivato e segnalato il sentiero delle macine in zona Valsinera, che si snoda tra varie “mòle” solo abbozzate nella roccia originale.

Ma la notizia bella l’ho trovata su La Valsusa di questa settimana (n.9, 4 marzo 2021). E la soddisfazione è ancora più grande perché l’iniziativa si deve a un mio ex alunno, diplomatosi nel 2007. Me lo ricordo Matteo Fabbrini, generoso ed estroso, credo anche promotore del primo annuario dell’istituto Pascal.

5B A.S: 2006-07, Matteo Fabbrini, in felpa rossa, in mezzo ai suoi compagni. Alcuni di essi avevano svolto la ricerca illustrata nell’articolo sull’emancipazione femminile.

Ora leggo che, dopo aver ospitato un ragazzo senegalese, ha raccolto dei fondi per dotare il suo villaggio (Saré Tamba) di un mulino. Alcune migliaia di euro per acquistare le macine e il motore che le aziona e dei pannelli fotovoltaici, un grande aiuto per quella realtà: “I due pannelli forniscono corrente elettrica continua all’abitazione della famiglia di Mamadou Balde, che la mette a disposizione dei giovani del villaggio e dei villaggi vicini per ricaricare i loro telefonini. Anche la macina a gasolio, inizialmente pensata per soddisfare soltanto le esigenze del villaggio, ha attirato l’attenzione dei paesi vicini e qualcuno dei loro abitanti ha già portato i suoi cereali a macinare”. 

Foto tratta dal sito de LA Valsusa, la macina moderna e tecnologica è lontana dall’immagine che abbiamo delle macine tradizionali.

Le macine o “mòle”

di Guido Lussiana

Discorrendo dei mulini della nostra Valle, ci si chiede da dove potessero provenire le macine in pietra usate per la riduzione in farina dei vari cereali. Ebbene, in origine queste macine o mole, venivano prodotte qui in loco.

A Coazze già nel 1272 sono documentati certi Petro molerio e Johanne molandinario, ossia un fabbricante di mole e un mugnaio.

Nella bella pubblicazione “Acque, Ruote e Molini a Torino” edita nel 1988 a cura dell’Archivio Storico della Città, vengono descritte le mole fabbricate nei primi decenni del Trecento per i mulini di Torino:

“… per trovare delle cave adatte bisognava infatti spingersi fino ai piedi della montagna, nella zona grosso modo compresa fra la Val Sangone e la bassa Val Susa: ad Avigliana, Trana, Villarbasse, Giaveno (dove però confluivano le mole estratte a Selvaggio e a Coazze); più tardi anche a Vaie e a S. Antonino.”

Nel 1333 infatti, furono vendute presso Trana 18 mole destinate ai mulini di Torino, macine prodotte prevalentemente a Coazze e a Selvaggio. Il costo di una macina normalmente si aggirava fra 1 lira e mezza e le 2 lire di Vienne.

Alcune delle macine prodotte a Coazze venivano fabbricate a monte della borgata Valsinera, altre nei pressi delle case della borgata Molera, altre ancora a monte di Selvaggio dove si trova il toponimo lu trüch dël mòle.

Anche nella zona di Ciargiùr tra Cervelli e Forno si è conservato un toponimo piuttosto significativo: lu Roch dël Mòle; roccia che probabilmente serviva come cava di estrazione per le macine del mulino (o dei mulini) di Forno.

Estratto dall’articolo “Bial, bealere, mulini e fucine in Val Sangone” pubblicato sul Bollettino del CAI Giaveno 2016-17, sul Bollettino CAI del 2019 è stato pubblicato un articolo più specifico sulle macine in Val Sangone, con ricca documentazione fotografica.

Il numero 8/2020 di I chi amùn, edito dalla Sezione CAI di Coazze in collaborazione con l’EFFEPI, era dedicato ai mulini e alle macine del territorio di Coazze.
Mòla sbozzata, visibile lungo il sentiero delle Macine presso la Valsinera.

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