A  Coazze anche le “siùle pièŋe” si fanno “ognuno a suo modo”

C’è un profumo per me ben più evocativo delle famose “madeleines” di Proust, quello delle cipolle ripiene appena sfornate dal mio papà a Sangonetto. Aveva chiuso la panetteria ed era andato in pensione nel 1988, ma per diversi anni a San Giovanni lo riaccendeva per cuocere le siéte di cipolle ripiene che arrivavano numerose dagli abitanti della borgata e da quelle vicine. Nel 1992 ho filmato la preparazione delle cipolle fatta da mia mamma Rosetta e la loro cottura nel forno a legna. Il gran numero di teglie arrivate testimonia che la tradizione era viva. Lo è ancora adesso: in molte borgate si accende il forno per l’occasione, anche i panettieri del capoluogo le fanno cuocere e molti si aggiustano con il forno di casa.

In effetti le cipolle ripiene sono un tipico esempio di come la cosiddetta cucina povera possa produrre dei capolavori. Con prodotti dell’orto e del pollaio e un po’ di spezie si prepara un piatto gustoso, che può fare da da antipasto, da pietanza e da dessert, che può essere conservato qualche giorno e che può essere consumato sia caldo che freddo.

Cipolle ripiene nelle siéte.

Nel 1980, nel libro “Coazze…ognuno a suo modo”, avevo proposto una ricetta, suggeritami da mia madre, mettendo le mani avanti sul fatto che era la versione familiare, non certo “universale”. Perché i coazzesi si sa sono fatti “ognuno a suo modo” e questo vale anche in cucina, specie per un piatto che si presta a varie interpretazioni. Bastava vedere le varie “siète” allineate davanti al forno di mio padre per capire che ogni famiglia faceva la sua scelta: più verdi, più gialle, più scure, più chiare. Un caleidoscopio di colori e di profumi. Se i colori tendevano a uniformarsi dopo la cottura, i profumi dilagavano e mentre scrivo ho l’acquolina in bocca.

Questa immagine di siète di vario colore, mostra come ogni famiglia proponesse la sua ricetta. Si metteva una “marca” per distinguerne la provenienza, ma in qualche caso non sarebbe stata necessaria, tanto era diverso l’aspetto.

Anche Adriana Fantoni, la moglie del “véi” Eraldo Ruffino, ha dovuto arrendersi all’evidenza e nel suo ricettario di Antichi sapori dell’AltaValSangone, dopo aver proposto la sua versione, ha riportato le varianti di nonna Eufemia Carbonero e nonna Adelina Lussiana. Ma se avesse interrogato altre massaie coazzesi avrebbe potuto allungare l’elenco, perché negli anelli di cipolla possono entrare ingredienti quasi d’ogni sorta e il miracolo è che ne scaturisce un piatto, tra il dolce e il salato, che sa farsi apprezzare su ogni tavola imbandita e sembra dire che senza di lui non c’è vera festa patronale.  

Antichi sapori dell’AltaValSangone, di Adriana Fantoni e Carlo Montrucchio, Graf Art.
Le 3 ricette proposte nel libro.

Siùle pieŋe, ricetta di famiglia

Ingredienti per una teglia di circa 30 cm. di diametro:

4 o 5 cipolle bionde di media grandezza

per il ripieno (cumàu):

1 litro di latte

4 uova

3 hg. di grissini naturali

1 hg. di amaretti

1 mazzo di bietole

sale, pepe, spezie (cannella, noce moscata, ecc.) Si usava la “Saporita”, un mix di spezie, che oggi è difficile reperire nei negozi.

Preparazione: Pelare e tagliare orizzontalmente le cipolle un po’ sopra la metà. Farle cuocere, scolarle e lasciarle raffreddare. Sfilare i fogli anulari delle cipolle e disporli uno accanto all’altro nella teglia di terra cotta (sièta). Fare intanto bollire il latte e, mentre è ancora caldo, aggiungervi i grissini e gli amaretti finemente sbriciolati. Lasciare intiepidire poi unire ancora le bietole tritate, gli avanzi di cipolle cotte e le uova intere, una per volta, amalgamandole bene. Regolare il pepe e le spezie a seconda delle preferenze. Con il composto così ottenuto riempire  le cipolle, livellando bene la superficie, sulla quale si disporranno alcuni tocchetti di burro. Infornare il tutto per un’ora abbondante a 180° – 200°.

Due termini sono tipici della ricetta in coazzese delle cipolle ripiene e sono difficilmente traducibili:

sièta, di chiara derivazione dal francese (assiette = piatto), fa riferimento alla teglia di terracotta in cui si fanno cuocere le cipolle ripiene. Curioso che per indicare i piatti il patuà usi correntemente l’italianizzato “piàt” o l’arcaico “chiàp”.

cumàu, è il pastone che fa da ripieno alle cipolle e su cui si concentrano le varianti, non essendoci ingredienti codificati. Il termine usato a Coazze trova riscontro anche in altri luoghi del Piemonte ed ha il significato generico di ripieno (ad esempio degli agnolotti), anche se a Coazze l’ho sentito usare solo per il ripieno delle cipolle.

Buon appetito !

Commenti e ricordi

Marisa Usseglio Savoia – Anche per noi [alla Maddalena] la ricetta è quella descritta con amaretti, il periodo è diverso , era un piatto più invernale si preparavano a Capodanno, come antipasto caldo .

Renata Stoisa – Per riconoscere le nostre siete la nonna infilava due legnetti incrociati in una delle cipolle.

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