Cent’anni fa spuntava una Gemma preziosa

Il 21 agosto 1922 nasceva a Sangonetto, allora era usuale partorire in casa, Gemma Ostorero. Il papà Beniamino, rientrato dalla Prima Guerra Mondiale e da un presidio in Libia, due anni prima aveva cominciato a costruire la casa e la panetteria. La borgata era strategica, vi passavano le vie da Forno, Cervelli e Indiritto, abitate allora da almeno un migliaio di persone. La mamma Letizia, mentre il fidanzato era in guerra, aveva perso un braccio lavorando al Cartonificio Palmieri, ma robusta e tenace riusciva a gestire il negozio, mettendo al mondo in rapida successione 4 figli, che la sorella Erminia aiutava a gestire. Gemma, secondogenita e unica femmina, non era portata a lavorare in negozio. Timida e un po’ scorbutica, ma dotata di una memoria prodigiosa (“mi chiamavano Pico della Mirandola” suole ripetere ancora adesso che la memoria la sta tradendo) viene avviata agli studi magistrali e si diploma maestra. Il primo insegnamento è nelle scuole di Forno, dal 1° ottobre del 1944 per tutto l’anno scolastico. Un anno difficile di fronte a classi numerosissime per gli sfollati e con l’incubo dei rastrellamenti nazifascisti. Quando la mamma viene portata in carcere come ostaggio a Coazze, Gemma riesce a convincere i carcerieri a lasciarla con lei, visto che le mancava un braccio. Tutto finì bene e tornarono a casa, ma Gemma ha mantenuto per tutta la vita una forte diffidenza nei confronti dei tedeschi. Difficile anche il dopoguerra, il fratello Giuseppe “Pinot” disperso in Russia pesa sull’umore della mamma. Negli incarichi scolastici orfane di guerra le passano davanti. Finalmente a fine ’49 una breve supplenza all’Indiritto. Poi arriva il 1950, l’anno della svolta. Dopo qualche supplenza in primavera, da ottobre ottiene la cattedra annuale all’Indiritto e il 23 dicembre si sposa con Aldo Guglielmino. Due caratteri forti, persone colte e generose formeranno una coppia di ferro che solo la morte di Aldo nell’ottobre del 2016 riesce a spezzare dopo 66 anni di matrimonio. Dopo altre supplenze in zona (Trana, Buttigliera, Coazze e Giaveno) il 1° ottobre del 1953 Gemma entra in ruolo, ma le assegnano una cattedra sperduta, a Molette, una frazione abbarbicata a 1184 metri di altitudine sulle montagne di Condove. Negli anni successivi torna all’Indiritto e poi ancora in Val Susa, a Novaretto di Caprie. Qui si conclude la sua esperienza girovaga e nelle scuole di montagna. Aldo lavora come chimico al Colorificio Martino presso Torino e quindi trovano un alloggio in città. Gemma ottiene la cattedra a Vinovo nel 1958 e fino alla pensione, nel 1976, resterà nella stessa scuola.

La famiglia di Gemma negli Anni Trenta, Ferruccio e Pietro a destra di Letizia, la mamma. Dietro Gemma, impettita nell’abito candido, il papà Beniamino e accanto Giuseppe, il fratello maggiore mai tornato dalla Campagna di Russia.
Gemma negli Anni Cinquanta
Questa veduta di Molette, la prima sede di ruolo di zia Gemma, rende l’idea di quanto fosse impervio raggiungere la borgata, che l’articolo de L’agenda news” definisce “verticale”.

Questa signora, che oggi tocca il secolo, lo dico con orgoglio, è mia zia. Più che a una gemma vegetale mi sentirei di paragonarla a un diamante grezzo. A prima vista un ciottolo opaco che a saperlo lavorare diventa un tesoro di luce. L’immagine di maestra all’antica, burbera e severa, in famiglia ha sempre accompagnato la sua figura. E lei modesta e ritrosa non ha mai smentito. Ma cercando tra i suoi ricordi le notizie per questo articolo ho trovato la lettera di una sua alunna ed ho scoperto quello che in fondo già immaginavo, che zia Gemma abbinava al rigore dell’insegnamento una grande umanità, scopriamola insieme leggendo questa letterina di un’alunna sconvolta dalla sua assenza per malattia. Lo scritto inizia con un significativo: “Mia cara signora Maestra” (con la maiuscola) e, dopo un breve resoconto e la soddisfazione per i bei voti presi con la supplente, manifesta un affetto fortissimo per la maestra assente e malata:

Lettera scritta da un’alunna di Gemma Ostorero, il 10 dicembre 1970.
Magna Gemma accanto all’ultima arrivata e ai suoi nipoti e pronipoti in occasione del compleanno del 2020.
21 agosto 2022 – Nipoti e pronipoti festeggiano i 100 anni di zia Gemma.
La torta e le candeline da accendere e spegnere
Consegna del diploma ricordo dei 100 anni da parte del sindaco di Coazze Paolo Allais.

Galeotta fu l’erba muréla

Lauretta Guglielmino, nipote di zia Gemma, sul numero di “I chi amùŋ” del 2017, ha ricostruito con fine ironia l’incontro fatale tra Gemma e Aldo:

Tanti anni fa Aurelia Versino in Guglielmino, la dona du Guido du ciavatìń du Forn, soffriva parecchio a causa di un’ulcera ad una gamba, contro cui nulla avevano potuto pomate e medicamenti vari. Un giorno passò a trovarla una sua amica, l’Arminia ‘d Sangunët, che, esaminata la piaga, sentenziò: “Isì a vait l’èrba muréla, mënda ań sai lu Aldo ch’i ti mostu antéch i vinat”. Il giovane Aldo, da bravo figlio ubbidiente, partì alla volta di Sangonetto a cercare l’erba che avrebbe alleviato la sofferenza della mamma. L’impresa però dovette rivelarsi più ardua del previsto, perché Aldo tornò più volte a Sangonetto, coadiuvato nella ricerca dalla bella Gemma, figlia “du Beni e da Tisia, li panatèi ‘d Sangunët”. Alla fine comunque la preziosa erba fu trovata e diede risultati sorprendenti:

        a) l’ulcera di Aurelia guarì definitivamente

        b) Aldo e Gemma si innamorarono e, tra fidanzamento e matrimonio, rimasero insieme ben 78 anni!

Gemma e Aldo insieme, una ventina d’anni fa. Foto di Mauro Ostorero.

Ora tutti vi chiederete come sia e dove viva questa erba prodigiosa. Mauro Ostorero, un nipote di Gemma, ne ha portato alcuni esemplari alla zia, spiegando che: la PARIETARIA OFFICINALIS (questo è il nome scientifico dell’èrba muréla) cresce lungo i muri di campagna e sulle pareti delle case abbandonate, ma anche nei boschi con terreno azotato.  Ha proprietà depurative, sudorifere, diuretiche, espettoranti ed il succo delle foglie applicato sulle zone interessate è in grado di curare infezioni ed escoriazioni della pelle. Usata fin dall’ antichità, è buona anche da mangiare, aggiunta a frittate, insalate e minestre.

La “Parietaria officinalis” deve il nome al suo habitat favorito: i vecchi muri (paries in latino), meglio se all’ombra e in terreni ricchi (azotati). Quindi il termine dialettale con cui è conosciuta a Coazze non fa riferimento a un colore scuro, ma ai muri che sono il suo “terreno” preferito. A questo proposito sarebbe forse più corretto pronunciarla con la palatale, quindi non “muréla”, ma “müréla”, visto che muro in dialetto si dice mür.

Commenti e ricordi

Franco Nurisso – Prima elementare a Mollette, me la ricordo, molto brava e soprattutto paziente. Auguri maestra, buon compleanno!!! Ricordo molto bene tutte le mie maestre delle elementari, ma lei è stata il mio primo contatto con la scuola.

Graziella Chirio – Mio marito l’ha avuta come insegnante in quinta elementare a Novaretto. Ancora adesso, a distanza di 65 anni, ricorda che nel1956, durante l’occupazione dell’Ungheria, portava in classe un quotidiano perché gli alunni potessero documentarsi. Aveva inoltre dato l’incarico ad alcuni di intervistare il proprietario di un’azienda locale. Una vera pioniera!

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