3 novembre 1918, l’armistizio differito

L’Italia lo celebra il 4 novembre, ma l’armistizio che pose fine alla Grande Guerra fu firmato alle 15.20 del giorno prima. Gli incontri e le trattative tra il plenipotenziario austriaco generale Weber von Webenau e il generale italiano Pietro Badoglio si tennero a villa Giusti, presso Padova, dalle ore 10:00 del 1º novembre, ed ebbero termine alle 3 del mattino del 3 novembre. I documenti vennero firmati nel pomeriggio, con la clausola che il “cessate il fuoco” sarebbe entrato in vigore 24 ore dopo, alle 15:00. Solo dopo la firma il generale Weber informò che alle truppe imperiali austroungariche era già stato dato l’ordine di cessare i combattimenti e chiese pertanto l’immediata cessazione delle ostilità.   Il generale Badoglio rifiutò in modo netto e l’armistizio fu quindi effettivo solamente 36 ore dopo che il comando austro-ungarico aveva dato unilateralmente l’ordine di cessazione delle ostilità alle sue truppe.

La guerra dell’Italia, iniziata il 24 maggio del 1915, durava da tre anni e mezzo, 1260 giorni. 1000 morti al giorno tra militari e civili, altrettanti i feriti e i mutilati. Perché prolungarla di un giorno? Perché le truppe italiane che stavano dilagando nel Veneto non avevano raggiunto né Trento, né Trieste, le due città “irredente”, che durante la guerra erano diventate il simbolo delle ambizioni di conquista e completamento dell’Italia risorgimentale. “Trento e Trieste” era la parola d’ordine che accompagnò i lunghi cruenti assalti delle nostre truppe sul Grappa, sull’Isonzo, sul Carso, per tre duri anni di guerra e di trincea.

Nel pomeriggio del 3 novembre uno quadrone di Cavalleggeri raggiunse Trento  accolto dall’entusiasmo popolare degli abitanti, si aggiunsero presto anche gli Arditi di reparti d’assalto, di Alpini e di artiglieri di montagna. In serata arrivò anche la Quarta Armata che aveva terminato le sue operazioni in Valsugana e sul Castello del Buon Consiglio, il luogo dove vennero giustiziati gli irredentisti Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa,  venne issata la bandiera italiana con lo stemma dei Savoia.

Mentre a Padova si firmava l’armistizio un reparto di cavalleggeri riusciva ad arrivare a Treno e a liberare simbolicamente la città.

Sempre il 3 novembre, alle 16.30, il cacciatorpediniere Audace apparve all’orizzonte ed attraccò nel porto di Trieste, al Molo San Carlo (ribattezzato poi proprio Molo Audace), di fronte a Piazza Grande (l’odierna Piazza Unità). Fu la prima nave italiana ad arrivare a Trieste, abbandonata dal governatore austro-ungarico già da due giorni. In mezzo ad una folla entusiasta il generale Petitti di Roreto scese dalla nave e, in nome di Vittorio Emanuele III, prese possesso della città.

Arnaldo Polacco (1876-1960)
Arrivo delle navi italiane, Trieste 3 novembre 1918,  
gelatina ai sali d’argento ; 171×231 mm.
Entrambe le fotografie sono conservate nella fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste.
L’arrivo dei primi trasporti di bersaglieri a Trieste. foto dei Fratelli Avanzo – gelatina ai sali d’argento ; 170×120 mm.

Quando il 4 novembre il maresciallo Armando Diaz, comandante in capo dell’esercito italiano, diffuse il bollettino della vittoria, poté accompagnarlo con le fotografie delle truppe italiane tra la folla festante di Trento e Trieste. 

Ufficializzando l’armistizio solo il giorno dopo, il Maresciallo Diaz e il generale Badoglio hanno potuto anticipare ai giornali questo comunicato, che mette in evidenza come le mete simboliche della guerra erano state raggiunte prima del cessate il fuoco. Il bollettino della vittoria comparirà sui giornali solo il giorno dopo, 5 novembre 1918.

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