20 febbraio 1909 – Il Manifesto del Futurismo esce a Parigi su “Le Figaro”.

Dopo una notte passata a discutere, a scrivere e ad esaltare la loro ribellione, Filippo Tommaso Marinetti e i suoi amici si lanciano in una corsa spericolata in auto: “come giovani leoni inseguivamo la Morte!”. Per evitare due ciclisti l’auto finisce in un fossato. Come resuscitato a nuova vita dal brutto incidente a cui era scampato, come purificato dal bagno nelle acque inquinate del canale, Marinetti detta il suo programma rivoluzionario.

“Quando mi sollevai, cencio sozzo e puzzolente, di sotto la macchina capovolta, io mi sentii attraversare il cuore, deliziosamente, dal ferro arroventato della gioia. .. Allora, col volto coperto della buona melma delle officine, impasto di scorie metalliche, di sudori inutili, di fuliggini celesti, noi, contusi e fasciate le braccia ma impavidi, dettammo le nostre prime volontà a tutti gli uomini vivi della terra:

Manifesto del Futurismo:

 1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.

 2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.

 3. La letteratura esaltò fino a oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno.

 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.

 5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

 6. Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e magnificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.

 7. Non v’è bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere conseguita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.

 8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.

 9. Noi vogliamo glorificare la guerra — sola igiene del mondo —, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.

11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta. È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il Futurismo, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologhi, di ciceroni e d’antiquarii.

Un quadro completo, ma sintetico su “Avanguardie e la poesia del primo Novecento” (Espressionismo, Futurismo, Dadaismo, Surrealismo e Crepuscolarismo) si trova nel pdf.

Il 20 febbraio 1909 “LE FIGARO” pubblicava in prima pagina “Fondation et Manifeste du Futurisme” di Tommaso Maria Marinetti.  Nella città in cui Picasso e Braque stavano rivoluzionando l’arte, il Futurismo si riprometteva di rivoluzionare l’intero mondo culturale. Il Manifesto era già stato pubblicato e presentato in Italia, ma solo da quel momento divenne un movimento internazionale, alimentando con la sua carica dirompente sia la rivoluzione russa che quella fascista.

Dal testo del Manifesto emergono i tratti caratteristici dell’avanguardia futurista:

– non c`è nello scritto di Marinetti una coscienza piena delle trasformazioni che stanno avvenendo nel lavoro degli intellettuali; gli intellettuali che egli ci presenta sono ancora molto simili ai poeti romantici e tardo-romantici, la novità che li caratterizza è lo spirito di gruppo, l’orgoglio di essere una minoranza, il sentirsi come “sentinelle avanzate” in mezzo a masse anonime e amorfe;

– Marinetti continua a difendere il valore della poesia, anche se chiede un radicale cambiamento nei contenuti (e specie nei successivi manifesti futuristi, anche un radicale cambiamento nel linguaggio); la poesia futurista dovrà cantare la realtà nuova della città industriale, del movimento, della velocità, della luminosità elettrica;

– il punto su cui maggiormente insiste il Manifesto futurista è la rottura con il passato, esso opera una vera e propria cancellazione, attraverso immagini negative e di rifiuto totale, del passato, presentato come morte, passività, museo;

– le prese di posizione ideologica sono poco sviluppate ma molto significative: il futurismo è a favore della guerra, del patriottismo, del militarismo ed è (e questo va sottolineato, come particolarmente significativo) contro la donna, essere inferiore e da disprezzare, e contro il femminismo (è evidente che l’ideologia è tutt’altro che progressista);

_ le immagini usate sono efficaci (Marinetti si rivelò sempre gran creatore di slogan e manifesti) e sono la spia delle scelte ideologiche (il vitalismo, la ferocia animalesca, l’estetismo).

Filippo Tommaso Marinetti 1876 – 1944

Giovani benestanti e aperti al Mondo (Marinetti è figlio di un ricco avvocato, è nato in Egitto, si è diplomato a Parigi e laureato a Genova), affascinati dalle novità tecnologiche della rivoluzione industriale, i futuristi ne sposano l’ottimismo e le contraddizioni, disprezzano la lentezza del passato, guardano solo avanti, vogliono allineare l’Italia provinciale, la sua letteratura e la sua arte all’Europa che corre su treni e automobili sempre più veloci. In politica sono nazionalisti e sostenitori del fascismo, che nasce come rivoluzione antiborghese. Ma la svolta conservatrice del movimento delude Marinetti, che torna a Parigi. Il dadaismo che vi imperversa non dà spazio al “futurismo tattile” che ha inventato con Benedetta Cappa, sua nuova compagna. Nel 1924 torna in Italia e si allinea al regime, anche se non mancano momenti critici, specie quando Mussolini si allea con Hitler (che aveva bollato come “degenerata” l’arte futurista). Coerente fino alla morte Marinetti lo fu nei confronti della guerra, da quella di Libia alla Seconda Mondiale, partì sempre volontario. Valoroso e decorato, perché sfidava la Morte come in quella corsa in macchina che pose come premessa al Manifesto. Eroe di tante battaglie, la Morte non lo volle neanche quando a 66 anni partecipò alla tragedia della ritirata di Russia, lo colse stanco e malato e tutt’altro che eroica due anni dopo.

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