Staffetta partigiana

256f versino assunta e marcella, santacroce

Da sin. le sorelle Assunta e Marcella Versino e la maestra Reginalda Santacroce. Staffette partigiane a Forno (sullo sfondo la chiesa parrocchiale).

staffetta attestato mariuccia


STAFFETTA PARTIGIANA

Il termine staffetta indica il messaggero, un tempo a cavallo, latore di lettere, ordini, dispacci, incaricato di mantenere i collegamenti tra vari reparti militari. Nell’ambito della Resistenza il ruolo di staffetta è stato svolto soprattutto dalle donne. In Val Sangone erano circa un centinaio le donne che militavano a vario titolo nelle formazioni partigiane, per lo più addette a funzioni di staffetta, che garantivano i collegamenti tra la val Sangone e la pianura. Erano entrate nella Resistenza per motivi vari, alcune avevano il fidanzato o il fratello in montagna e l’attività è iniziata per portare a loro della roba da cambiarsi o da mangiare.  Altre, invece, hanno iniziato a lavorare per scelta. Quasi tutte poi sono state coinvolte come staffette: portavano messaggi, soldi, armi, quello che serviva.  Rischiavano perché c’erano i posti di blocco, ma era comunque meno difficile passare per loro che per gli uomini.

La maggior parte di loro non viveva negli accampamenti, mantenendo la residenza abituale in città o in vallata.  Ines Barone continuava il suo lavoro di maestra elementare a Cesana, tenendo i contatti fra la valle di Susa e la banda «Campana»; Maria De Vitis, sfollata a Coazze, si recava quasi ogni giorno a Forno, dov’era accampata la «Sandro Magnone»; Vittoria Rocca si spostava continuamente dalla propria abitazione in Torino alla val Sangone e alla val Chisone; Isabella De Gennaro manteneva i contatti tra la «Campana» e Torino; Reginalda Santacroce restava al suo posto di maestra alla scuola elementare di Forno; a Giaveno risiedevano le ragazze del gruppo di Mimì Teppati, che lavoravano per le formazioni come sarte e come staffette.  Pur non vivendo stabilmente in montagna, alcune donne raggiungevano posizioni di comando: Cele Magnone era vice commissario di guerra della «Sandro Magnone», Irene Usseglio (caduta durante il rastrellamento del novembre 1944) era ufficiale addetto al servizio informazioni della «Campana».

La sola formazione nella quale le donne erano regolarmente inquadrate e condividevano interamente la vita degli uomini era la «Carlo Carli, Eugenio Fassino aveva un gruppo di ragazze che stavano in montagna, con la tuta mimetica e le armi come i maschi.  Era un’eccezione in vallata, forse oltre a loro c’era solo la Nina Tallarico, che stava in banda con i fratelli e si occupava dell’infermeria.