La pallacorda: cambiò la vita a Caravaggio, cambiò la storia di Francia

Una palla da scagliare nel campo avversario, oltre una corda tesa (pallacorda), col palmo della mano guantata (“jeu de paume” in francese) o con una racchetta (“longue paume”). Era il gioco antenato della pallapugno, della pelota basca e del tennis. Arrivato agli onori olimpici in una sola occasione (Londra 1908), ma di origini antichissime, greche e romane, e diffusissimo nel Medioevo. Nel Rinascimento era praticato da atleti professionisti, uniti in corporazione nel 1571, su centinaia di campi davanti a migliaia di spettatori e accaniti scommettitori.

“Decapitate Caravaggio!”

Michelangelo Merisi detto Caravaggio, giunto da Milano a Roma sicuramente dal 1594, alternava splendidi capolavori a risse e arresti, spesso per questione di donne. A fatica il Cardinal Del Monte, suo ammiratore e protettore, tamponava i suoi eccessi. Ma nulla poté fare quando  il 28 maggio 1606, al Campo Marzio, la discussione per un fallo di gioco della pallacorda degenerò in rissa e Caravaggio ferì a morte Ranuccio Tommasoni. Tra i due c’era la solita rivalità per una donna e forse anche l’astio per debiti non pagati. Questa volta Caravaggio era indifendibile e venne condannato alla decapitazione, che poteva essere eseguita da chiunque lo avesse riconosciuto per strada. Un incubo per il pittore, che disegnava la sua testa mozzata nei quadri e che si decise alla fuga da Roma e iniziò un’odissea che lo portò a Napoli, a Malta, in Sicilia e di nuovo a Napoli. La notizia della revoca della sua condanna a morte lo spinse a rientrare nello Stato Pontificio, ma approdato all’Argentario, morì in circostanze non del tutto chiare il 18 luglio 1610.

Davide con la testa di Golia, 1607, Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Negli anni immediatamente seguenti la condanna alla decapitazione, Caravaggio attribuisce i suoi tratti somatici a ben 6 teste mozzate, dipinte nelle sue tele.

“Alla Pallacorda!”

Si associa la Rivoluzione francese alla presa della Bastiglia del 14 luglio 1789, ma il momento cruciale si ebbe qualche settimana prima, il 20 giugno, nella sala adibita al gioco della pallacorda, nell’Hôtel des Menus-Plaisirs a Versailles

Da tempo la situazione economica e finanziaria della Francia era drammatica. Il ministro Necker per far quadrare il bilancio salassato dagli sprechi di corte propose di allargare ai ceti privilegiati ed esentati (Clero e nobili) l’imposizione fiscale. Gli aristocratici premettero su Luigi XVI per fargli convocare gli Stati Generali, l’assemblea del regno inoperosa dal 1614, e bloccare ogni ipotesi di tassazione a loro carico. E fu un errore. I francesi, esasperati dai cattivi raccolti, dall’aumento del prezzo del pane, dalla crisi del settore tessile per la concorrenza inglese, videro negli Stati Generali l’occasione di far sentire la loro voce. Si preparano centinaia di cahiers de doleances con le rivendicazioni del Terzo Stato (l’abate di Sieyès in “Che cos’è il Terzo Stato” scrisse: è tutto, politicamente conta nulla, vuole qualcosa).

Un altro errore fu di convocare l’assemblea a Versailles, sperando che lo sfarzo della reggia intimorisse i borghesi del Terzo Stato, che invece si indignarono per tutto quel lusso che pagavano con tasse da capestro e affrontarono ancor più agguerriti il dibattito. Già nelle procedure preliminari si giocavano tutto. Nobili e clero volevano votare per “stato”, sicuri di vincere 2 a 1, Per questo il Terzo Stato si impuntò sul voto pro capite: i suoi 578 deputati avrebbero battuto i 270 voti dei nobili e i 291 dei chierici, anche sommati. I lavori si bloccarono per mesi, ma l’adesione del basso clero, che era a contatto con la fame della povera gente, e di alcuni nobili liberali e seguaci delle teorie illuministe indusse i deputati del Terzo Stato (che di fatto rappresentavano circa il 98% della popolazione francese) a proclamarsi Assemblea Nazionale per procedere alle riforme. La risposta del Re fu provocatoria: con la scusa di lavori chiuse la sala in cui avrebbero dovuto riunirsi. Allora su proposta del deputato Joseph-Ignace Guillotin tutti si spostarono in una sala vicina e abbastanza vasta, adibita al gioco della pallacorda. Il presidente dell’assemblea, l’astronomo Jean Sylvain Bailly salì su un tavolo per essere visto dalle centinaia di persone che affollavano la palestra e propose il famoso Giuramento della pallacorda – scritto da Jean-Baptiste-Pierre Bevière. Fu anche il primo a pronunciarlo e a sottoscriverlo. Tutti lo imitarono, firmando il documento, e giurando solennemente «di non separarsi mai e di riunirsi ovunque le circostanze l’avrebbero richiesto, fino a che non fosse stata stabilita e affermata su solide fondamenta una Costituzione per il regno francese». Era il 20 giugno 1789, cominciava la Rivoluzione Francese.

Jacques-Louis David, “Il giuramento della Pallacorda”
1791, Musée Carnavalet, Paris
Processo verbale della prestazione del giuramento della pallacorda: firme (Archivi nazionali francesi – AE-I-5)

Le Serment du Jeu de Paume

«L’Assemblée nationale, considérant qu’appelée à fixer la constitution du royaume, opérer la régénération de l’ordre public et maintenir les vrais principes de la monarchie, rien ne peut empêcher qu’elle continue ses délibérations dans quelque lieu qu’elle soit forcée de s’établir, et qu’enfin, partout où ses membres sont réunis, là est l’Assemblée nationale; Arrête que tous les membres de cette assemblée prêteront, à l’instant, serment solennel de ne jamais se séparer, et de se rassembler partout où les circonstances l’exigeront, jusqu’à ce que la Constitution du royaume soit établie et affermie sur des fondements solides, et que ledit serment étant prêté, tous les membres et chacun d’eux en particulier confirmeront, par leur signature, cette résolution inébranlable.

«L’assemblea nazionale, considerandosi chiamata a definire la costituzione del regno, a operare la rigenerazione dell’ordine pubblico e a mantenere i veri princìpi della monarchia, nulla può impedire che essa continui le proprie delibere in un qualunque luogo dove essa sia costretta a stabilirsi, e che infine, ovunque i suoi membri siano riuniti, là vi è l’Assemblea nazionale; Decreta che tutti i membri di questa assemblea prestino, immediatamente, giuramento solenne di non separarsi mai, e di riunirsi ovunque le circostanze lo richiederanno, fino a che la Costituzione del regno sia definita e affermata su solide basi, e prestato che sia il detto giuramento, tutti i membri e ciascuno di loro in particolare confermeranno, con la loro firma, questa risoluzione inamovibile.

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