Un falsario al “Balon”

Lucia Aguti, investigatrice privata, era seduta in quello che era stato il negozio di antiquariato di Chiaffredo Saracco, nel cuore di Borgo Dora, epicentro del “Balon”, il famoso mercato delle pulci di Torino. Stava gustando gli odori delicati di cuoio vecchio, di legni pregiati e di tabacco da pipa che si erano lentamente fatti strada impregnando il pavimento, le boiserie delle pareti e le travi di pino che sostenevano il pavimento di un piccolo appartamento in cui nessuno era salito da molto tempo.

Uno scorcio del grande mercato delle pulci di Borgo Dora, sullo sfondo l’antica tettoia del mercato coperto di Porta Pila (piazza della Rebubblica).

Fece girare la poltrona: i suoi occhi scandagliavano la semioscurità cercando di cogliere ogni sfumatura, immaginando le storie che potevano emergere dalla polvere che copriva ciascuno degli utensili dell’artigiano. Pensò a come doveva essere stato trovarsi da bambina in quel negozio, vivere nell’appartamento di sopra e guardare Chiaffredo lavorare e ridare nuova vita a tavoli sbilenchi e armadi tarlati. Era la stanza di un poeta e apparteneva più allo spirito che al corpo. Un posto scuro, dove d’inverno potevi scegliere se congelare o arrostire, a seconda di quanto mettevi lontano dalla stufa panciuta una di quelle vecchie poltroncine di cuoio; un posto in cui i cardini delle porte erano così consumati che, negli ultimi anni, se non si dava una spinta per far scattare il chiavistello, la porta finiva per riaprirsi lentamente, acquistando man mano velocità secondo la pendenza del pavimento. Era uno di quei posti cui semplicemente lo sporco apparteneva. Pulire o spolverare sarebbe stato quasi un atto di violenza; l’aspetto di quel negozio non faceva assolutamente pensare che il testamento del vecchio potesse richiedere il lavoro di un’investigatrice. Ma Saracco nel suo alloggetto si era circondato di capolavori che il suo intuito e la sua competenza gli avevano fatto scoprire, pezzi unici di epoche passate. Addirittura un “Piffetti”, uno dei mobili a intarsio prodotti nel Settecento dall’ebanista dei Savoia, che da solo valeva più di un milione di euro. Senza figli e con una nipote lontana, l’antiquario aveva lasciato i suoi tesori alla Fondazione Accorsi-Ometto, per valorizzarli in un museo. Il testamento debitamente sottoscritto da Saracco e da due testimoni erano al sicuro nella cassaforte dello studio notarile Baldi & Rolandi, insieme alla lettera, che informava la Fondazione di essere stata nominata erede di quei capolavori lignei. L’invio delle lettera era stato sospeso perché all’ultimo momento uno degli impiegati dello studio aveva trovato nel negozio un nuovo testamento più recente che lasciava tutta l’eredità all’unica nipote di Chiaffredo Saracco, Regina. L’incontro con Regina si era già svolto una mezz’ora prima, e aveva quasi rovinato a Lucia il piacere di stare nel vecchio negozio. La Aguti era arrivata in anticipo e aveva appena iniziato a dare un’occhiata in giro quando Regina era entrata, anzi aveva fatto irruzione, tanto che Lucia si era quasi preoccupata. Il negozio sembrava richiedere quiete e pazienza e movimenti meditati e misurati. Regina invece era letteralmente esplosa in un: «Oddio! Non sono più venuta qui da quando ero bambina!», accompagnato da un’espressione cosciente di incredulità stampata in faccia. «Abbiamo vissuto qui per un periodo! Se lo immagina?», e aveva chiuso la porta con una spallata. «Uh ancora quella puzza di pipa, eh? E la sporcizia. Oddio, mia madre odiava la sporcizia. E le ragnatele. Sono più spesse che mai» Con le mani guantate si era appoggiata sul naso, piuttosto lungo, un paio di occhiali griffati e aveva investito Lucia con uno sguardo sfacciato. «Sono in ritardo, mi scusi. Da quanto tempo è qui? Non ha freddo? » Senza aspettare risposta Regina aveva distolto lo sguardo da Lucia e aveva fatto una smorfia accennando all’appartamento di sopra. «In vent’anni non è cambiato niente. Non le importa se sto in piedi? Quelle poltrone, è sicura di volercisi sedere? Probabilmente c’è qualche animaletto che ci vive dentro. » Il colloquio non era stato un vero colloquio. Regina, aveva riflettuto Lucia, si era prodotta in un lungo monologo che era durato più di un quarto d’ora, e se ne era ripartita con lo stesso stile con cui era entrata. In ogni caso per lei era abbastanza. Era contenta che Regina se ne fosse andata, così avrebbe potuto immergersi di nuovo nell’atmosfera magica del luogo. E poi era decisamente convinta che il testamento appena scoperto fosse un falso. Un esame grafologico l’avrebbe confermato, ma Regina si era vistosamente tradita nel suo tentativo di accaparrarsi l’eredità.

Che cosa ha convinto Lucia Aguti che il nuovo testamento è un falso?

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