Sul Rocciamelone c’era un lago che poteva cancellare Novalesa o Bessans

Le cronache scritte e filmate di questi giorni hanno dato ampio spazio alla tragedia della Marmolada, un immane seracco che staccandosi all’improvviso dal ghiacciaio ha travolto una quindicina di alpinisti e lanciato l’ennesimo monito sui cambiamenti climatici. L’aumento delle temperature medie e lo spostamento dello zero termico sempre più in alto provocano l’arretramento dei ghiacciai. La loro fusione genera acqua che scorre sotto il ghiaccio e lo stacca dalla roccia sottostante. È come un lubrificante tra due superfici e ne favorisce lo scorrimento. La roccia resta dov’è, la massa di ghiaccio e acqua precipita all’improvviso. Si è  molto discusso sulla prevedibilità del fenomeno e sulla prevenzione. E come sempre le risposte sono controverse.

Il “lago tra le nuvole” di Luca Mercalli

Questi eventi mi hanno richiamato alla mente una situazione simile creatasi nel ghiacciaio che si sviluppa sul versante ovest del Rocciamelone, in territorio francese. Vent’anni fa Luca Mercalli in un articolo su “La Repubblica” annunciava la nascita di un “lago tra le nuvole”:

“È nato in sordina verso il 1985, poco più di una pozza, e poi si è ingrandito sempre più per via di queste estati così calde. Il caldo, che di solito i laghi li prosciuga, ha qui un ruolo del tutto opposto, in quanto il lago s’è formato per la fusione del ghiacciaio del Rocciamelone, a quota 3200 metri.  … La riva nord interamente delimitata dal ghiacciaio, quella sud sbarrata dalla cresta rocciosa che divalla ripidissima su Novalesa. Lì in quella cavità il lago cresce lentamente, rosicchiando il ghiaccio con il calore che il sole fornisce da giugno a settembre. È tutto in territorio francese, ma l’acqua che dovrebbe scorrere verso il Rodano ha trovato un piccolo intaglio nella cresta rocciosa e defluisce nel modesto rio Claretto, finendo poi nella Dora Riparia. … Secondo le prime stime, in quel lago ci sono almeno 200.000 metri cubi d’acqua, una quantità di tutto rispetto trattenuta da una parte da un’effimera diga di ghiaccio, dall’altra da una cresta rocciosa molto fratturata. Un bel problema se si liberasse improvvisamente per via di qualche cedimento. Per questo motivo il neolago del Rocciamelone rientra a pieno titolo nel progetto europeo di sorveglianza dei rischi glaciali «Glaciorisk», attivato da pochi mesi dai glaciologi di tutte le Alpi e della Scandinavia. Il 6 settembre è stata condotta una nuova ispezione  in loco da parte del CEMAGREF di Grenoble e dell’RTM di Chambéry, al fine di valutare possibili scenari di intervento per ridurre il rischio. Si tratta di un concreto esempio di collaborazione internazionale su un problema idrogeologico condiviso anche sul terreno: da un lato il comune italiano di Novalesa, con la sua millenaria abbazia, dall’ altro quello di Bessans, più noto per le piste di fondo e la cultura alpina dei «diavoli». O di qui o di là, l’acqua farebbe infatti danno, e non mancano esempi di svuotamenti improvvisi causati da volumi d’acqua dello stesso ordine di grandezza, il più funesto fu quello del Ghiacciaio di Tête Rousse, sul versante francese del Bianco, che il 12 luglio del 1892 travolse le terme di St. Gervais mietendo 175 vite. Per ora il lago del Rocciamelone è un placido specchio d’acqua d’alta quota, e sembra volerci lasciare il tempo e la calma di affrontare il rito della prevenzione. “ (Articolo di Luca Mercalli pubblicato su LaRepubblica tratto dal sito NIMBUS)

Veduta invernale del Rocciamelone, foto di Elio Pallard, 12 febbraio 2015.
Due fotografie della SMI, tratte dal sito NIMBUS, evidenziano la crescita del lago epiglaciale del Rocciamelone tra il 1985 e il 2000.
In 15 anni il lago aveva raggiunto una dimensione ragguardevole e oltre 20 metri di profondità. Una pericolosa massa d’acqua sospesa sulle teste degli abitanti di Novalesa e Bessans. Fotografia SMI

Il confronto tra la situazione del 1894 (foto M. Gabinio) e quella del 26.08.2012. (foto D. Gisolo). L’arretramento di questo, come di tutti gli altri ghiacciai alpini, è evidente. Immagini tratte da NIMBUS, Sito ufficiale della
Società Meteorologica Italiana (SMI)

La paura fa svuotare il lago

In questo caso l’accumulo era visibile e l’idea che tonnellate d’acqua potessero sfondare la barriera glaciale verso Bessans o la cresta rocciosa che le separava dalla Val Cenischia mise in moto la prevenzione e la collaborazione tra la Francia, su cui insisteva il lago, e l’Italia, su cui incombeva una parte del disastro. Nell’autunno del 2004 si constatava che la corona di ghiaccio che tratteneva le acque verso la valle del Ribon si era ridotta a 15 centimetri. Si stimò che se l’argine glaciale fosse crollato all’improvviso tonnellate d’acqua sarebbero precipitate su Bessans a una velocità di 15 metri al secondo.

Questa inquadratura (foto sempre della SMI – Società Meteorologica Italiana) evidenzia la pericolosità della situazione creatasi a 3200 metri di quota. Solo una cresta rocciosa e pochi centimetri di corona glaciale trattenevano le acque di un lago in costante crescita. Si temeva soprattutto che invece di tracimare lentamente le acque con la loro pressione potessero squarciare il ghiacciaio e precipitare improvvisamente a valle. Fotografia SMI.

Si decise quindi di intervenire subito per svuotare artificialmente il lago, dapprima mediante un sistema a sifone (con tubi che smaltivano gradualmente l’acqua del lago) e successivamente mediante lo scavo di un canale drenante nel ghiaccio. Dal 2005 il lago è stato ridotto a una pozza non pericolosa.

Ciò che resta del grande lago epiglaciale del Rocciamelone dopo lo svuotamento del 2004-05. L’incisione artificiale, attraverso cui l’acqua di fusione drenava, si è occlusa. Tuttavia la riduzione del ghiacciaio, con modifica dello sbarramento di ghiaccio e del fondo della cavità, non permette comunque che si riformi il lago. Fotografia SMI di E. Bergerone del 15 agosto 2012.

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