San Lorenzo 1867 – 2024 e ancora non si sa chi ha ucciso il padre di Giovanni Pascoli

È da poco uscita una collana dedicata ai grandi segreti d’Italia: Ustica, Capaci, via d’Amelio, Piazza della Loggia, Stazione di Bologna … Delitti irrisolti del Ventesimo secolo. Ma ce n’è uno di metà Ottocento che ancora fa discutere con l’emergere di elementi nuovi. Un dramma familiare, non sociale. Tale da distruggere una famiglia, sconvolgere un bambino e renderlo un grande poeta. L’assassinio di Ruggero, padre di Giovanni Pascoli, il 10 agosto del 1867. Indagini ufficiali e private, tre processi e nessun colpevole. La famiglia Pascoli era convinta di conoscere l’assassino e ne “La cavalla storna” il poeta rende con lirica drammaticità questa certezza:

“O cavallina, cavallina storna, / portavi a casa sua chi non ritorna!

a me, chi non ritornerà più mai! ? Tu fosti buona… Ma parlar non sai!

Tu non sai, poverina; altri non osa. / Oh! ma tu devi dirmi una una cosa!

Tu l’hai veduto l’uomo che l’uccise: / esso t’è qui nelle pupille fise.

Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome. / E tu fa cenno. Dio t’insegni, come”.

Ora, i cavalli non frangean la biada: / dormian sognando il bianco della strada.

La paglia non battean con l’unghie vuote: / dormian sognando il rullo delle ruote.

Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: / disse un nome . . . Sonò alto un nitrito.

Una giornata particolare quel 10 agosto, la figlia Mariù piange, si aggrappa al papà, non vuole in alcun modo lasciarlo partire. Ruggero va alla fiera di San Lorenzo di Gatteo e poi alla stazione di Cesena, dove sarebbe dovuto arrivare l’ingegner Petri, emissario dei Torlonia, i padroni della tenuta “La Torre”, che lui amministrava da 13 anni, ma da precario. Aspetta fino a sera invano. Rientrando lungo la via Emilia, a due chilometri da San Mauro un solo colpo di fucile, sparato da un fossato presso la villa dei conti Gualdo, lo abbatte. La cavallina storna prosegue senza guida, intercettata da alcuni sanmauresi viene dirottata all’ospedale e rientrerà poi alla fattoria accompagnata dalla tragica notizia.

Mappa del percorso compiuto da Ruggero Pascoli sul calesse tirato dalla cavallina storna (maculata) il 10 agosto 1867

Le indagini immediate sono lacunose e portano a tre processi senza esito. Giovanni e il fratello Raffaele proseguiranno privatamente le indagini, fermati con le minacce a un passo dalla soluzione.

Ruggero Pascoli, con i figli Giacomo, Luigi e Giovanni
L’abitazione di Ruggero Pascoli e della sua famiglia presso la tenuta “La Torre” dei principi Torlonia. (Foto Guido Ostorero, 2016 )
“… sussurravano i pioppi del Rio Salto” (Foto Guido Ostorero, 2016)

1 L’ipotesi che nel susseguirsi degli anni è apparsa più concreta vede Pietro Cacciaguerra, mandante del delitto e Michele Della Rocca e Luigi Pagliarani esecutori dell’omicidio, quest’ultimo avrebbe sparato l’unico micidiale colpo. Cacciaguerra speculava sui terreni da vendere ai Torlonia e Ruggero, integerrimo lo smascherava. Dopo la morte il Cacciaguerra prende il posto di Pascoli, caccia la famiglia dalla casa del custode e sarà ostile in ogni occasione. I sicari forse sono stati adescati con un movente politico. Ruggero Pascoli aveva trascorsi mazziniani, essendo al servizio di un principe poteva essere accusato di essere un voltagabbana e indurre alla vendetta qualche testa calda opportunamente stimolata. L’ingegner Petri affiancherà Cacciaguerra nella amministrazione e per qualcuno è stato suo complice, attirando Ruggero alla stazione con un falso messaggio. I sospetti arrivano anche ad Alessandro Torlonia, forse infastidito da un gestore così scrupoloso. Rosita Boschetti, curatrice del Museo di Casa Pascoli, ha scovato recentemente ulteriori documenti sulla vicenda, probabilmente frutto delle indagini dei fratelli Pascoli. Il primo è la testimonianza di Filomena Lucchi che raccontò all’allora pretore Giacomo Liverani di aver visto i due sicari col fucile dalle parti dell’agguato, solo che quel verbale sparì nel nulla e nessuno più la interpellò. Rosita Boschetti ha trovato anche traccia dell’incontro segreto tra Giovanni Pascoli, che stava indagando sul delitto, ed Ercole Ruffi, amministratore che prese il posto di Cacciaguerra nel 1875. Ruffi, racconta la Boschetti, disse al poeta che ci “aveva preso nel mezzo” (aveva trovato la verità) e che doveva smettere di fare indagini per non fare la fine del padre. E Pascoli era convinto che di quel delitto i colpevoli fossero Cacciaguerra, Della Rocca e Pagliarani detto “Pajarèn” e soprannominato “Bigeca” o “Bigecca”. A sostegno di questa ipotesi questi video:

2 Due altri imputati, Raffaele Dellamotta, 27 anni, e Michele Sacchini, erano agenti di casa Torlonia, accusati di essere sicari a pagamento di un ignoto mandante; condannati in primo grado, vennero in seguito assolti. Dellamotta fu ucciso tre anni dopo, tentando di sedare una rissa tra famiglie coloniche rivali, accoltellato nei pressi della tenuta. Pascoli e la madre, poiché Ruggero, il giorno della morte, doveva incontrare un inviato di Alessandro Torlonia, un certo ingegnere Achille Petri, attribuirono a motivi di rivalità sul lavoro il delitto e non cedettero mai al movente politico. Il falso messaggio che portò Ruggero Pascoli alla stazione di Cesena e al rientro serale suggerisce la complicità di Petri e di Alessandro Torlonia, che, forse irretito dal Cacciaguerra e malfido del passato repubblicano e mazziniano di Ruggero, voleva liberarsene. Ruggero sostituiva da 13 anni e bene lo zio Giovanni deceduto, riteneva scontato che gli venisse confermato l’incarico, ma Petri, amministratore generale dei Torlonia quel giorno non si presentò.

3 Maurizio Garuti, scrittore, autore teatrale ed esperto conoscitore della realtà romagnola, ha pubblicato per la casa editrice Minerva «Il segreto della cavallina storna», un romanzo che indaga su quello che definisce «il giallo più oscuro della letteratura italiana». Nel romanzo Garuti racconta una terribile confessione trasmessa da una generazione all’altra in una famiglia di mezzadri di Savignano sul Rubicone: quell’omicidio non fu politico o di malaffare, ma una vendetta d’onore. La ricostruzione si basa sulla testimonianza di Bruno Gobbi, commercialista ed ex sindaco di Gambettola nonché parente del reale assassino del Pascoli. Secondo Garuti non fu un delitto di cupidigia, di invidia, ma la vendetta di un mezzadro nei confronti del padre di Pascoli, che aveva abusato di Giannina, contadina e moglie di Silvestro Gobbi, che avrebbe compiuto su Ruggero Pascoli quello che il codice chiamava “delitto d’onore”.

Testimonianze contraddittorie e rimbalzanti tra le generazioni susseguitesi in questi 150 anni non possono portare a una verità definitiva e l’affermazione della cavallina storna, comunque non valida in tribunale, è stata esplicitata solo alla madre e resta a noi ignota. Solo la terza ipotesi allunga un’ombra squallida sull’immagine di amministratore coscienzioso e padre amorevole, che la poesia di Pascoli scaturita da questo dramma ha immortalato con commossi accenti lirici e tensione drammatica, soprattutto in “X agosto” e ne “La cavalla storna”.  

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