Rivive sui giornali d’epoca la tragedia dell’aereo schiantatosi presso il Robinet nel 1961

Un gruppo di collegiali dei Fratelli delle Scuole Cristiane di Rivalta, che stavano scendendo dal Rocciavré, furono i primi a dare l’allarme. Il boato lo avevano sentito tutti in Val Sangone, ma furono loro appena raggiunto il posto telefonico di Forno a spiegare cos’era avvenuto e a dare precise indicazioni ai soccorritori. Tra questi c’era anche il coazzese “Vico”, Giovale Alessio, tra i fondatori dei CAI Coazze e del Soccorso Alpino. La Stampa diede naturalmente grande rilievo all’accaduto e grazie agli articoli molto dettagliati dell’inviato speciale Aldo Vité possiamo rivivere i dettagli della tragedia, che seminò di relitti sia il vallone della Balma che la zona del Lago Rouen, in Val Chisone, dove l’urto proiettò anche il tenente pilota Robert  Lindeman, i cui resti furono ricomposti nel Municipio del Villaretto. Per anni e anni e, talvolta ancora adesso, chi attraversava le pietraie del Lago Soprano trovava frammenti metallici, contorti testimoni della tragedia, ricordata anche dalla lapide posta vicino alla Punta Loson (Garbinët, nel patois locale, per il sasso piramidale, collocato in un’insellatura, che assomiglia ad una gerla rovesciata) a 2645 metri sul livello del mare.

(Dal nostro inviato speciale Aldo Vité) Forno di Coazze, 31 luglio. Un velivolo delle forze aeree americane di base ad Aviano, presso Udine, è scomparso stamane mentre effettuava un normale volo di addestramento sulla frontiera italo-francese. L’apparecchio è un cacciabombardiere a reazione del tipo North American F. 100, un poderoso aereo che raggiunge una velocità di oltre 1500 chilometri all’ora. Secondo alcune informazioni l’aeroplano è caduto sui monti dell’alta Valle del Sangone, presso la vetta del monte Robinet, a quota 2679. Alle 11,15 circa, una comitiva di novizi dell’istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane di Rivalta, che. scendeva dalla cima del Rocciavrè, hanno udito il sibilo di un reattore e subito un violento schianto. Poco dopo, alcuni metri al di sotto là vetta del Robinet, hanno scorto una densa cortina di fumo che si levava. La notizia della probabile caduta dell’aereo sul Robinet è giunta stasera alle 20 a Giaveno, quando la comitiva dei novizi è arrivata al borgo di Forno di Coazze prima località collegata alla rete telefonica. Immediatamente sono state organizzate pattuglie di soccorso che fra le 22 e le 23 sono mosse alla volta del Robinet, parte da Giaveno e parte da Roreto Chisone, sul versante pinerolese della montagna. Le pattuglie sono formate da carabinieri, alpini e alpinisti del Centro di Soccorso del Cai. Della pattuglia partita da Giaveno fanno parte gli alpinisti torinesi Leo Ravelli, Piero Malvassore, Corradino Rabbi e Delio Gaudenzi. La compongono inoltre gli alpinisti di Coazze Alessio e Giovanni Giovale, Eraldi Ostorero e don Martinazzi (sic!), questi due ultimi di Giaveno. VI sono inoltre I carabinieri della stazione di Giaveno e della tenenza di Venaria al comando del tenente Sudano. Le pattuglie partite da Roreto Chisone sono costituite dagli alpini del Battaglione Pinerolo e da carabinieri della compagnia di Pinerolo al comando del capitano Ceccherini e da alpinisti locali. ‘Si ritiene che le pattuglie possano raggiungere il luogo in cui secondo le indicazioni del novizi sarebbe precipitato l’aereo nelle prime ore di domani, perché l’ascesa, tanto da un versante quanto dall’altro, richiede per lo meno quattro o cinque ore di marcia. All’opera delle squadre di soccorso si uniranno domani all’alba mezzi aerei americani e italiani. E’ prevista la partenza dagli aeroporti di Caselle e di Venaria di aerei leggeri dell’esercito, di, elicotteri dell’aeronautica militare e d’un ricognitore bimotore «Grumman» del Centro di soccorso aereo di Linate, che già nel pomeriggio di oggi ha svolto una lunga ricognizione sulla catena alpina, ma con scarsi risultati perché soltanto le vette emergevano dal fitti banchi di nebbia. Le ricerche sono febbrili perché si teme che il pilota del reattore — un apparecchio monoposto — si sia lanciato col paracadute assai prima che il velivolo precipitasse. In tal caso l’aviatore (del quale le autorità americane non hanno ancora rivelato il nome: si sa soltanto che si tratta d’un giovane ufficiale) potrebbe essere caduto in una impervia zona montuosa. La supposizione è avvalorata dal fatto che aerei simili all’F.100 in crociera normale — come quella che doveva essere compiuta oggi sulle Alpi — volano ad una quota, non inferiore ai diecimila metri. Se l’apparecchio ha subito un’avaria, è probabile che il pilota si sia immediatamente lanciato col paracadute, che abbia cioè abbandonato il velivolo assai prima che si schiantasse contro la cima del Robinet alta circa 2700 metri. Nel caso in cui il pilota avesse lasciato il velivolo facendo azionare il seggiolino eiettabile per mezzo di cariche di esplosivo, potrebbe essere finito in una zona assai accidentata e, al contatto col terreno, aver riportato ferite: egli ora si troverebbe isolato in alta montagna e senza soccorsi. Le pattuglie sono collegate per radio con le basi di partenza e non appena raggiungeranno il luogo in cui dovrebbe essere caduto l’F-100 segnaleranno se fra i resti dell’apparecchio si trova anche il corpo del pilota. Nel caso in cui non si trovasse traccia dell’aviatore, le ricerche dovranno essere riprese su un raggio molto più vasto. L’F-100 scomparso oggi durante il volo sulle Alpi proveniva dalla base di Aviano lasciata verso le 9 del mattino. L’apparecchio ha puntato su Milano-Torino e, secondo il piano di volo, si è poi diretto verso la frontiera per raggiungere Chambéry. Sulla verticale della città savoiarda l’apparecchio avrebbe dovuto piegare a sud e portarsi nel cielo di Grenoble, poi tornare in territorio italiano, ripassare su Torino e quindi tornare alla base di Aviano. A quanto risulta, il suo passaggio su Torino è avvenuto regolarmente. Il pilota ha segnalato che si trovava alla quota di 35.000 piedi (circa 10 mila metri). Da Torino, invece, non è stato registrato il secondo passaggio che doveva compiere sulla via del ritorno. L’F.100 è un potente aereo caccia-bombardiere da impiego tattico, di costruzione americana. E’ munito di una turbina che sviluppa ima spinte, pari a 6000 chilogrammi; raggiunge una velocità di gran lunga superiore a quella del suono e, più esattamente, di km. 1470 l’ora. A pieno carico pesa circa 20 tonnellate. L’armamento normale è costituito da quattro cannoni da 20 mm. nella fusoliera e di un certo numero di bombe o razzi sistemati sotto le ali. (da LA STAMPA del 1 agosto 1961)

(Dal nostro inviato speciale Aldo Vité) Coazze, 1 agosto. Migliaia di frammenti di ogni specie disseminati su un ripido costone sconvolto da uno scoppio e annerito dal fuoco: questo quanto è rimasto dell’aviogetto americano scomparso ieri mentre sorvolava le Alpi Occidentali e del suo pilota, un giovane tenente che lascia nel lutto a Myrtle Beach, nella Carolina del Sud, due figlioletti e la moglie, prossima a diventare nuovamente madre. Il relitto è stato trovato stamane all’alba proprio nel punto in cui i Fratelli delle Scuole Cristiane, — che ieri verso le 11,15, tornavano con una quarantina di novizi dal Rocciavré — videro abbattersi il bolide argenteo passato un istante prima, a volo radente, sulle loro teste. Scesi a valle, i religiosi avevano riferito che l’aereo si era schiantato poco sotto la vetta del Robinet, disintegrandosi in un turbine di fuoco e schegge. La segnalazione è risultata praticamente esatta. In realtà la cima sotto la quale sì è schiantato l’apparecchio non è quella chiamata Robinet, ma una vetta minore denominata Louson, un poco più a sud dell’altra. Dicendo che l’F.100 si era disintegrato, i religiosi avevano lasciato intendere quale impressionante spettacolo si sarebbe presentato agli occhi dei componenti delle pattuglie di soccorso partite in serata, verso il luogo della sciagura, da Forno di Coazze, nell’alta valle del Sangone, e da Roreto, in quella del Chisone. Alpini, carabinieri e scalatori del < soccorso alpino > quando all’alba sono giunti ai piedi del contrafforte chiazzato di nero e sorvolato da stormi di corvi, si sono trovati dinnanzi ad una spaventosa visione. «Tutto ad un tratto — racconta il tenente dei carabinieri Sudano, alla direzione del quale erano affidate le pattuglie salite da Forno — ci sembrò di trovarci in un girone dantesco. Il terreno era sconvolto, le rocce recavano profonde incisioni e apparivano bruciacchiate. Di fronte a noi, per centinaia di metri in altezza e in larghezza, dalla base del costone alla cresta e anche al di là, fino a perdita d’occhio nella valle retrostante, erano disseminati migliaia di relitti di ogni specie. C’erano ruote semibruciate, mozziconi d’ala, valvole elettroniche, proiettili, lembi di paracadute ». Erano le 8,30. Gli uomini della pattuglia di soccorso rimasero qualche minuto senza fiato. Quindi cominciarono a frugare tra i rottami per ricomporre i resti del pilota, il tenente Robert W. Lindeman, un ragazzone di 26 anni nato nel Connecticut, che tre mesi fa era venuto dall’America ad Aviano con il 353° squadrone da caccia dell’U.S. Air Force. Il capitano Andrew Patten, capo dell’ufficio operazioni della squadriglia cui apparteneva, quando nel pomeriggio è arrivato in elicottero a Forno di Coazze, si è chinato sui fiori di campo che ancora ondeggiavano sotto il turbine delle pale dell’elicottero e ne ha fatto un mazzetto. «Li manderò a sua moglie e ai bambini, perché ricordino il loro Robert» ha detto a chi l’osservava, reprimendo a stento un singhiozzo. Poi, ripresosi, si è avvicinato ai colleghi americani intenti a discutere con il maggiore Rovelli e il capitano Albieri dei carabinieri, il piano per il recupero delle parti dell’aviogetto,sulle quali la commissione d’inchiesta incaricata di stabilire le cause della sciagura dovrà imperniare le sue ricerche. Le operazioni di recupero dovevano già essere iniziate nel pomeriggio con l’ausilio di due elicotteri «Sykorsky 58» e di un bimotore «Douglas D.C.3» venuti da Aviano e con gli apparecchi dell’aviazione leggera dell’esercito italiano e di un ricognitore «Grumman» del centro di soccorso aereo di Linate. Ma per quanti voli gli apparecchi abbiano fatto sulla zona, le osservazioni per individuare uno spiazzo su cui far posare gli elicotteri hanno dato esito negativo. Nei valloni del Robinet stagnavano banchi di nebbia attraverso i quali era impossibile scorgere terreni adatti. Le ricerche saranno riprese domattina, con la partecipazione del colonnello pilota Laureati, comandante italiano del campo di Aviano, anche sulla scorta delle indicazioni fornite da terra dai carabinieri del battaglione mobile che stasera sono saliti a vigilare il relitto dell’F. 100 e a cercare le munizioni dell’apparecchio — migliaia di proiettili per i due cannoncini da 5O millimetri di cui era dotato — che solo in parte sono esplose al momento della catastrofe. Stasera i resti dell’aviatore morto sono stati portati al municipio di Villaretto; un plotone dell’esercito italiano ha reso gli onori militari. Gli ufficiali cui è stato affidato il compito di stabilire le cause dell’incidente hanno, tuttavia, già iniziato il loro lavoro, grazie anche alle immagini riprese da un fotografo de La Stampa giunto sul costone del Louson con la pattuglia che per prima ha avvistato i resti dell’aereo. A quanto si sa finora sembra che l’F. 100 volasse fuori della rotta assegnatagli e ad una quota assai più bassa di quella cui doveva tenersi. In tal caso si dovrà accertare se il ten. Lindeman incappò nel fatale errore per un’avaria al motore che potrebbe averlo indotto a tentare un atterraggio di fortuna, oppure per un guasto agli strumenti. Con quel poco che rimane del suo apparecchio, il lavoro degli esperti non sarà facile, ma nulla lasceranno d’intentato. Perché cosi, forse, salveranno le vite di altri aviatori. (da LA STAMPA del 2 agosto 1961)

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