Quel birichino di Fratel Carlo

Dedico questo ricordo di Fratel Carlo, a 15 anni dalla scomparsa, alle famiglie e ai genitori che hanno bambini troppo vivaci e scatenati e che magari si preoccupano che possano prendere una cattiva strada. Fratel Carlo anche con la sua condotta birichina ci ha fornito un insegnamento, non bisogna mai disperare. Quello che da piccolo a Lu era un “Pierino la peste” e un “Gianburrasca” ha non solo trovato la sua strada, ma ha aiutato migliaia di ragazzi e di adulti a incamminarsi su quella giuista.

Nel volumetto “Fratel Carlo – animo e grinta”, la sorella Valeria Quartero ha fornito un simpatico ritratto della “vivace” infanzia del fratellino, che ripropongo con qualche aggiustamento sintetico.

Il ragazzo di LU

di Valeria Quartero

Sono Valeria, la sorella di Fr. Carlo, o meglio come affettuosamente mi chiamava il mio indimenticabile fratello “la suocera”. Fratel Carlo, all’anagrafe Quartero Eugenio Mario, nasceva a Lu Monferrato (in provincia di Alessandria) il 3 ottobre 1937, ultimo di una ben nutrita famiglia di 6 figli, povera ma molto dignitosa, il padre Alessandro faceva il muratore e l’adorata mamma Virginia, la sarta. Il paese era prevalentemente un centro agricolo legato profondamente a tradizioni rurali e religiose, noto come il paese delle vocazioni, avendo sfornato ben 365 religiosi. Essendo la prima di sei fratelli ed avendo ben 15 anni di differenza, divenni di fatto la mamma di Fratel Carlo, essendo peraltro mamma Virginia completamente presa dal lavoro e dagli altri figli. Era subito emerso il carattere “vivace” di Fratel Carlo, ricordo che ad appena due anni aveva fatto sparire, di nascosto molte suppellettili di casa gettandole, attraverso piccole feritoie da lui create, in un pozzo coperto situato nel cortile di casa, il tutto per il piacere di sentire il ”tunf” degli oggetti quando cadevano. Oltre che vivace Fratel Carlo presentava anche un carattere piuttosto deciso e ribelle; basti pensare che, a soli tre anni, si era rifiutato di andare all’asilo e costretto dalla mamma, per ben due giorni consecutivi, si era allontanato da solo per l’intera giornata per poi farsi trovare alla sera davanti all’asilo quando andavo a prenderlo. Alla fine mia mamma dovette abdicare e tenerlo a casa sino alle elementari. Anche l’inizio delle scuole elementari fu una mezza tragedia in quanto, in prima elementare, si scontrò subito col maestro, che non tollerava la sua vivacità, e dopo varie note e rimproveri dei genitori, fu bocciato. La ripetizione dell’anno fu per Fratel Carlo un vero toccasana in quanto la nuova insegnante (Antonietta Porzio) capì invece la sua personalità e le potenzialità che poteva esprimere la sua vivacità ed esuberanza tanto che diventò il primo della classe per la sua spiccata intelligenza e gli furono affidate le funzioni anche di capoclasse per la sua generosità e disponibilità nei confronti di tutti. Fratel Carlo fu sempre riconoscente a questa insegnante che andava sistematicamente a trovare quando ritornava a Lu.

Una veduta di Lu del 1943, quando Fratel Carlo aveva 6 anni e viveva i suoi difficili inizi con la scuola elementare. Fotografia postata da Giorgio Marocco con le seguenti considerazioni: Piazza Vittorio Emanuele, anno 1943. Adesso Piazza Generale Gherzi. Lu Monferrato.

Altro aspetto fondamentale del carattere di Fr. Carlo era la socialità e il continuo desiderio di avere attorno amici con i quali emergeva sempre la sua generosità sia nell’aiutarli e anche nel dividere le poche cibarie che aveva per la merenda. La vivacità lo portava spesso però a fare qualche marachella come quella di vendicarsi nei confronti dei vicini che si lamentavano per gli schiamazzi dei giochi gettando dal camino, dopo essere salito sui tetti, pietre che cadevano direttamente sulla pentola messa sul fuoco a cucinare. Un giorno Fr. Carlo decise di costruire un fortino in un’area abbandonata vicino alla casa dove abitavamo e per costruirlo andò a raccogliere pietre per tutto il paese. Confinante all’area abitava il canonico di Lu che, dovendo ricostruire un muretto franato pensò di utilizzare le pietre raccolte da Fratel Carlo, che accortosi del fatto, attese tutto il giorno e la sera finché sorprese il canonico a “rubare” le pietre e, sbucato dal buio, gridò allo stesso “giù quei parrioch (pietre) che son i miei”. Per vendicarsi la sera stessa conficcò nel campanello del canonico un pezzo di legno che fece suonare il campanello per l’intera notte ed il giorno dopo. Combinazione, passai davanti alla canonica con Carlo e incontrai il povero canonico che mi raccontò l’accaduto. Chiesi poi a Carlo se ne sapeva qualcosa e lui, sorridendo, rispose “se lo meritava”. Anche la famiglia di Fratel Felice, confinante con la nostra abitazione, aveva dovuto subire qualche marachella di Carlo come la ruberia di meravigliosi fichi. Il massimo dello scherzo per Carlo si realizzava però durante la festa del patrono di Lu (15 agosto). Già due giorni prima della festa Carlo si faceva regalare 2 lire per comperare una pistola ad acqua che gli serviva per bagnare, sotto i vestiti, le ragazze che andavano al ballo (compresa la sottoscritta). Infatti il ballo era un ballo a palchetto che, per la messa in piano, veniva montato su piccole colonne di mattoni, dentro le quali Carlo riusciva a passare e sparare con la pistola ad acqua attraverso le feritoie del soppalco. Punto debole erano i berretti che, per divertimento li buttava sui tetti, ove però cercava sempre di andare a recuperarli in modo spericolato e rompendo sovente qualche tegola. Mia mamma sovente era disperata per le lamentele dei vicini e più di una volta assistevo a sonore sculacciate. Ma la vera passione di Carlo era il calcio, appena aveva un po’ di tempo libero (anche dopo aver servito da chierichetto la messa alle 6 del mattino) andava a giocare sul campo dell’oratorio parrocchiale. Il suo ruolo preferito era quello del portiere; anche alcuni osservatori della squadra giovanile dell’Alessandria calcio gli proposero di inserirlo nell’organico ma lui declinò l’invito. Anche di notte si sognava di giocare a calcio e una volta ricevetti un secco pugno in faccia, da farmi sanguinare il naso, da Carlo che gridava “goal goal”. Ma la sua vita cambiò a 12 anni quando incontrò Fr. Giovannino, a Lu in cerca di vocazioni per i fratelli delle scuole cristiane. Carlo fu affascinato dal religioso e mi disse che voleva andare a farsi fratello. Nessuno, compreso io e mia mamma, lo prendeva sul serio e tutti eravamo convinti che dopo qualche giorno sarebbe tornato indietro. Con Carlo partirono altri 4 ragazzi e solo Carlo rimase religioso, gli altri in epoche diverse lasciarono i voti. Più volte chiedemmo a Carlo le motivazioni di tale scelta e lui, semplicemente e penso ironicamente rispondeva, “dai fratelli si sta bene e lasciano giocare a calcio”. Penso comunque che una certa influenza possa essere stata la precedente scelta di farsi fratello delle scuole cristiane del fratello maggiore, che si chiamava Carlo, che però dovette lasciare l’Istituto per motivi di salute (morì nel 1948 a soli 20 anni per problemi cardiaci). Non a caso Fratel Carlo quando iniziò il noviziato volle lo stesso numero di biancheria del fratello e, non a caso, assunse il nome di Fratel Carlo. Ho cercato, in queste poche righe, di tracciare un ritratto inedito di Fratel Carlo della sua infanzia ove comunque emergevano già gli aspetti essenziali del suo carattere “vivacità, dinamismo, generosità, e tanto tanto altruismo”. Ho scritto con il cuore queste righe, interrotte sovente dal pianto; ho voluto bene a Carlo come a un figlio ed ho sofferto per la sua scomparsa più di un figlio ma ho avuto da lui tutto quello che una mamma vorrebbe avere da un figlio.

Panorama di Lu Monferrato, fotografia di Stefania Boccalatte.
Fratel Carlo, al secolo Eugenio Mario Quartero, nato a Lu (AL) il 3 ottobre 1937, nato al Cielo a Giaveno il 22 febbraio 2007

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