Il Nepal è un paese particolare, strano e affascinante. Ha una bandiera dalla forma unica al mondo, si è sbarazzato di una dinastia secolare ma dispotica e sanguinaria, ha l’escursione altimetrica maggiore al mondo e la montagna più alta della Terra, il Sagaramāthā, che noi chiamiamo Everest. Gli 8848 metri del tetto del mondo sono molto ambiti, attirano frotte di turisti e di alpinisti. Il “Tenzing Norgay National Adventure Award“, l’attestato che certifica il raggiungimento della vetta è molto ambito, non solo perché abbinato a un premio di 6000 euro. C’è chi fa carte false per averlo. Fino a due anni fa c’era Elizabeth Hawley a Kathmandu che dopo indagini alla Sherlock Holmes rilasciava l’attestato. Dopo la sua scomparsa al Ministero del Turismo nepalese sono in difficoltà e le tecniche di ritocco fotografico sono sempre più raffinate. Pochi giorni fa una coppia indiana si è vista togliere il certificato e interdire per dieci anni dal Nepal per aver presentato foto taroccate dell’impresa, che aveva concluso a 8200 metri, come ha confessato lo sherpa messo alle strette.
Montagne, pagode e volti cotti dal sole
In un paese che ha le montagne più alte del mondo e una forte religiosità (90% induisti e il resto quasi tutti buddisti) non c’è da stupirsi se i soggetti dominanti delle cartoline sono proprio le montagne e le pagode. Ma le immagini più coinvolgenti sono quelle della gente del posto, degli sherpa portatori indispensabili e anonimi pilastri di famose imprese e dei bambini. Parlare con Dio sembra più facile se si è così vicini al cielo e d’altra parte Il nome nepalese dell’Everest è Sagaramāthā (in sanscrito “dio del cielo”), ideato dallo storico locale Baburam Acharya e adottato ufficialmente dal governo del Nepal all’inizio negli Anni Sessanta. Il nome comunemente usato oggi all’estero ricorda il cartografo generale dell’India britannica Sir George Everest.