“Piero Ciandèt”, il fringuello è volato via

Ho saputo che “Piero Ciandèt” è morto, ma non riesco ad immaginarlo rigido e immobile. L’ho conosciuto quasi ottantenne alle “vià” organizzate da Don Gianni Rege Gianas nella chiesa di Ponte Pietra. Banchi a specchio affollati di gente e lui che, nonostante i problemi di voce, a gesti e saltelli raccontava con schiettezza le sue avventure, con la moglie Tina che lo guardava rassegnata a non frenarne l’esuberanza. A ottant’anni il libro scritto con l’aiuto di Marinella Barbero Il tempo è una variabile dell’anima ha messo in ordine le storielle che in modo un po’ caotico aveva raccontato alla “vià”. Se ne sono aggiunte altre e, come mattoncini del Lego, hanno ricostruito la personalità “speciale” di Pietro Ferraud Ciandet, nato il 14 luglio 1936. Data fatidica, la  Presa della Bastiglia ha aperto una nuova era, rivoluzionato il mondo e, scrive Piero, mi ha trasmesso “una forza, un’energia potente, quasi fossi il discendente di un impavido insorto francese”.

Il tempo è una variabile dell’anima – Piccole storie per non dimenticare, di Pietro Ferraud Ciandet e Marinella Barbero.

Nei lunghi anni sino ad ora trascorsi, ben ottanta, non è stato il corpo a farmi sopravvivere. È stata l’anima. La mia anima un pochino ribelle, ma sempre piena di amore per tutte le persone che nel tempo ho conosciuto”.

Piero Ciandèt racconta le sue storielle durante la vià nella chiesa del Ponte Pietra.

Forte e agile nel fisico, ingegnoso, tenace e intraprendente nell’animo, “Ciandet” aveva l’argento vivo addosso, una molla sempre pronta a scattare, un fascio di nervi che lo rendevano scattante e impulsivo, schietto. Ne ha fatte di tutti i colori, ma il filo che lega tutte le sue “imprese” l’ho trovato nella sua bontà d’animo, nel suo senso della giustizia, a volte un po’ “personale”, ma sempre giustificabile. Vendicativo contro i prepotenti, allergico ai soprusi, “fringuello” e birichino, ma “puro di cuore”. Esagerato in molte cose, ma capace di farsi sempre perdonare. È nato povero, ha visto la guerra, sofferto la fame, lavorato giorno e notte, patito soprusi e malattie, ma sempre guardando avanti con fiducia.  Un velo di tristezza cala però sulle righe finali della sua biografia, la sensazione che i valori della sua vita, lavoro, famiglia, amicizia, siano mutati e regrediti: “Tutti hanno una fretta bastarda … Sono sempre incazzati neri, sempre in ritardo, sempre affannati. Dimenticano i figli in macchina, abbandonano le bestiole lungo le strade. Qualcuno non mangia perché non vuole ingrassare ed è più magro di quanto ero io quando volevo mangiare ma non ne avevo. Tutto pare andare al contrario ed io non ci trovo più una logica”. Accompagnato da questo disincanto e dai molti acciacchi che hanno travagliato gli ultimi anni della sua vita, Piero Ciandèt se n’è andato a 86 anni con una certezza: “Va bin allora! D’accordo Tina, saremo uniti in vita e in morte. – e insieme a lei non mi fa paura nemmeno la morte”.

Quanti erano i “Ciandèt”?

Per scoprirli consiglio di leggere il bel libro autobiografico Il tempo è una variabile dell’anima, che fissa i suoi ottant’anni. Ma propongo un sintetico repertorio (incompleto) che rende l’idea della sua vitalità.

Bagnino – Quando a Giaveno costruiscono la piscina, presso la Scuola Media Francesco Gonin, Piero, che ha il brevetto di bagnino, aiuta Piera nei corsi di nuoto per i bambini.

Ballerino – “Se hai il ballo nel sangue mentre la musica entra nelle tue vene, nei tuoi nervi e nella tua testa, niente esiste più”. Era il suo divertimento e la sua passione, alla Sala Danze Margherita ha conosciuto la quindicenne Tina, compagna di tutta la sua vita.

“Bèru” – (scoiattolo) il soprannome del nonno materno Giuseppe Tonda Roc “Adorava arrampicarsi e credo che molta della mia agilità sia un regalo del suo DNA”.

Bocciato – per due volte alle elementari, una volta per vendetta del maestro fascista Pastrun, che discriminava i ragazzi poveri.

Bombarolo – non esitò a piazzare una bomba a mano tra le zucche del bidello fascista e prepotente.

Cita” – è la scimmia di Tarzan, eroe ammirato da Piero, che la imitava spiccando salti sul bancone del bar.

Comunista – aiutava alla festa dell’Unità a Ponte Pietra e per costruire la Casa del Popolo, ma, quando la vendettero a sua insaputa, maturò il suo disincanto per la politica. 

Coscritto – Nel 1956, un’occasione per vedere il mare, a Genova, e per capire che l’amore a pagamento non faceva per lui.

“Esperto nel levar la fame” – Così si definisce in rapporto alla frutta, alle acciughe, al pane, alle uova che “faceva sparire” da bambino per la fame sua e dei suoi familiari e amici. “La fame è una brutta bestia che ti fa fare cose poco decorose, ma necessarie per sopravvivere, credetemi sulla parola!”

Fabbro – Le sue abilità meccaniche le esercita prima sotto padrone, poi in una “boita” tutta sua.

Falegname – strappando ore anche al sonno ha costruito i mobili della sua prima casa.

Fringuello – Così lo chiama il Parroco quando si presenta con la fidanzata Tina per sposarsi, mettendola in guardia perché sta per sposare un “bell’elemento”, “un po’ birichino”.

Generoso – Tanti episodi in cui, affamato, divide il cibo con la sorella Luciana, l’amica Pinuccia e anche con suor Vittorina, dell’asilo.

Marito – “Vi assicuro che non era mica semplice! Non ero propriamente un santo, mi piaceva la compagnia degli amici e fare festa. Lei sopportava, a volte con qualche broncio, a volte con qualche lacrima ed è riuscita a farmi crescere, a farmi diventare davvero un uomo. Ci amiamo ancora.”

Moroso – Il ruolo del fidanzato lo gestiva con difficoltà, a volte audace, a volte timido, anche un po’ vile quando si trattò di lasciare la morosa del momento per l’amore della sua vita, la Tina.

Motociclista – nel senso di costruttore, oltre che guidatore, di moto. Un rottame militare, marca Matcles, sotto le sue mani diventa un bolide.

Padre – 1964, “Vidi Oscar nascere e fu un momento indimenticabile. Abbracciai la mia Tina e in quel momento avevo un motivo in più per faticare e vivere. Mio figlio.”

Pisciatore – Sul compagno di scuola bulletto, sul soldato americano che lo umilia per una caramella, sull’amico ferito per fermare l’emorragia: un getto di urina per vendetta o per amicizia.

Sacrestano – Abitando vicino alla chiesa di Ponte Pietra, per diversi anni Piero si è preso l’incarico di aprire la chiesa al mattino e di chiuderla alla sera.

Saldatore – Saldando i tubi del nuovo acquedotto di Giaveno racimola un piccolo capitale con cui mettersi in proprio.

Trampoliere – Imparò ad andare sui trampoli, creando maschere che spopolavano al Carnevale.

Tuffatore – Da bambino dava spettacolo tuffandosi in Sangone per raccogliere i soldi per un panino. Da adulto questa abilità gli consentì di salvare due ragazzi che stavano affogando nel torrente.

Pietro e Tina sposi il 30 aprile 1961
“Ciandèt” sui trampoli, al Carnevale di Giaveno del 2009. Immagini tratte dal libro autobiografico Il tempo è una variabile dell’anima.

E infine “scrittore”. Su consiglio di Stefano, riempie i block notes delle sue memorie, che grazie a Marinella Barbero diventano libro. Con una prosa guizzante come i suoi muscoli, sciolta come la sua lingua,  “Ciandèt” continuerà così sempre a mostrarci lo spettacolo di una vita intensamente vissuta.

Nel 2018 viene presentato a Coazze il libro biografico di Pietro Farraud Ciandet, qui al centro fra Michele Rege e Marinella Barbero.

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