Marzo, merli e montoni

Marzo mese pazzo e dispettoso sta per finire. Comincia con lo scherzo del “cusgnéi mars” e termina con l’assassinio di merli e montoni. Questo nelle leggende che mettevano in guardia contro l’imprevedibilità del tempo primaverile sancita da un proverbio drastico: “Sa cu mòirat d’avrì u vèiat pa l’invèrn finì” (Chi muore d’aprile non vede l’inverno finire). Nella realtà, forse per i cambiamenti climatici, le cose stanno andando meglio dal punto meteorologico, si vede che marzo invece che con gli animali ha deciso di prendersela con gli uomini a colpi di Covid 19.

Tornando alle leggende, sui colpi di coda dispettosi di marzo si intrecciano alcune storielle ammonitrici. Quella più diffusa fa riferimento al pastore che incontra marzo e per tre volte lo inganna sul luogo dove andrà a pascolare. Dice di andare al monte, marzo vi scatena una tempesta di neve, ma il pastore è andato al piano dove c’era il sole. Questa schermaglia prosegue nei giorni seguenti. Ma quando finisce marzo, il pastore, convinto di averla scampata, dice a marzo la verità. E sul gregge il giorno dopo si scatena una tempesta mai vista che lo massacra. Marzo arrabbiato col pastore sarebbe andato da aprile a farsi prestare un giorno, per questo ha 31 giorni e aprile solo 30.

Pecore tranquillamente al pascolo (si vede che non siamo di marzo) nei prati di Giaveno, sullo sfondo le nostre montagne. Fotografia di Edmondo De Amici

A Viù la leggenda non serve a spiegare il prolungamento di marzo, ma ammonisce sui suoi sbalzi d’umore e sulla coda di maltempo che spesso porta con sé: “Tra mars e marsijon j’ai anvernà li mié moton – Tra marzo e la luna di marzo ho tratto fuori dall’inverno i miei montoni” si vanta il pastore. E marzo replica “Traj j’ai e trai j’amprumrai da min compare avrì e toiti li toé moton it farai murì – Tre li ho e tre li prenderò in prestito dal mio compare aprile e tutti i tuoi montoni li farò morire”. Insomma con marzo non si scherza, perché è vendicativo, e un po’ psicopatico diremmo oggi.

C’era una volta a Viù – Usanze e tradizioni nel corso dell’anno e della vita, Donatella Cane, Elena Guglielmino, Marilena Brunero, Ed. Vincenzo Bona, 198

A Coazze una leggenda simile viene associata alla merla, in una sorta di incrocio con i giorni della merla che invece cadono a fine gennaio. Anche in questo caso la merla che ha protetto i suoi piccoli per tutto il mese si fa beffe di marzo, che è finito. Ma marzo le ribatte “Trài i-ièi, trài i li amprimrèi da muń cambràda avrì e i farèi mürì tüi li mërlòt che ‘ta ań tuń ni”. (Tre –giorni- li ho, tre me li farò prestare dal mio compagno aprile e farò morire tutti i piccoli che hai nel nido). Occorre diffidare dei giorni “amprimà” (imprestati).

Una merla che sta nutrendo i suoi piccoli affamati

Inspiegabile questo accanimento di marzo, se non come ammonimento a non pensare che con marzo, e l’inizio astronomico della primavera, sia finito l’inverno.  

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