Macario “intimo”, con Tino Casaleggio a Coazze costruiva le sue stagioni teatrali

Erminio Macario è nato il 27 maggio 1902 in via Botero 1 a Torino, in una mansarda, “quindi nei quartieri alti” celiava lui. 120 anni fa. Sulla sua incredibile attitudine teatrale, sulla sua lunga carriera, sul suo sogno di un teatro dialettale, che Torino non ha saputo realizzare, molto si è scritto e molto si sa. Meno noto è lo stretto rapporto che il grande comico ha avuto per più anni con Coazze, che non a caso ha dedicato a lui, eterno monello, la scuola d’infanzia comunale.

Col prezioso aiuto di Anna Maria Rosa Brusin ho ricostruito alcuni particolari delle villeggiature coazzesi di Macario. Nella Villa Rosa Brusin, che sorge all’incrocio tra via Selvaggio e via Amprino e che aveva ospitato ad inizio secolo Luigi Pirandello, alloggiava negli Anni Cinquanta, al pian terreno, la famiglia Casaleggio. Tino, impresario teatrale, con la moglie Maria e la cognata, vedova di Mario Casaleggio, attore e autore teatrale.  Pirandello aveva annotato il suo famoso taccuino dal balcone della villa e forse Casaleggio e Macario preparavano le stagioni teatrali all’ombra nello stesso cortile. Macario alloggiava con la famiglia, la seconda moglie Giulia Dardanelli e i figli Mauro (detto Mimmo) e Alberto, poco lontano alla pensione Rosa Brusin in cima alla “rustà d’Mulìri”. Era un attore di successo e quando arrivava con la Lancia Flaminia faceva scalpore. Racconta Anna Maria:

“I figli venivano sempre giù nel nostro cortile, che si affollava dei tanti villeggianti ospitati nelle stanze della villa. Erano pomeriggi di giochi, chiacchiere e balli e la sera i Casaleggio mettevano in cortile  il televisore (uno dei primi allora a Coazze) e le panche e guardavamo ‘Lascia o raddoppia’ o altre trasmissioni popolari. Macario pur essendo un personaggio ricco e famoso era un ospite alla buona, senza i ‘capricci’ dei divi di adesso. Era goloso delle ‘margherite’, i biscotti sovrapposti con la marmellata in mezzo e lo zucchero a velo. Sterina e Delina, le sorelle che gestivano la pensione Rosa Brusin, glieli facevano fare grandi apposta da Vigìń, storico pasticciere di Coazze. Ricordo che la sera che morì il fratello Ercole, le due sorelle erano sconvolte e in difficoltà con la cena per gli ospiti. Macario, che parlava sempre in piemontese, le tranquillizzò: ‘na frità rugnùsa a bàsta e avàńsa’.”

Questa cartolina si può inserire tra le cartoline sbagliate, segnalando una altitudine quasi cento metri superiore a quella effettiva. Probabilmente riporta un’ immagine degli anni Trenta, molto antecedente al soggiorno di Casaleggio e Macario, avvenuto negli anni Cinquanta – Sessanta del Novecento. Fedele Rosa Brusin aveva costruito questa grande villa a fine Ottocento e ne affittava gli alloggi ai villeggianti facoltosi, tra questi , nel 1901, anche Luigi Pirandello, che vi scrisse il “Taccuino di Coazze”.
Macario e Casaleggio erano legati non solo dal lavoro, ma da una profonda amicizia. Questa fotografia è stata scattata in occasione della festa per i 18 anni di Anna Maria Casaleggio, nel 1968. Da destra Tino Casaleggio, Giulia Dardanelli seconda moglie di Macario, che è al centro. Alla sua destra Anna Maria Casaleggio, il fratello Mario e la madre Maria. (Foto tratta da “Coazze com’era“, fornita da Anna Maria Casaleggio)

Dopo l’apertura di Viale Italia nel 1961, i Casaleggio vi costruirono una villa e le visite di Macario si fecero più brevi, più che vacanze erano giorni di lavoro, per mettere a punto la stagione teatrale successiva. Come si ricava da questo articolo di Stampa Sera:

…..

“S. Margherita Lig., lun. matt. Macario è arrivato nella sua bella villa al mare, il «Ciabòt», da Coazze, dove, con l’impresario Casaleggio, ha messo a punto il programma per la prossima stagione teatrale. Debutterà con una novità di Corbucci Amendola, dal titolo «Siamo quelli di Callianetto» … “(Stampa Sera, 3 agosto 1970)

Sempre a Coazze, ma nel gennaio del 1971, Macario lavorò con Casaleggio al suo progetto, un “Teatro Regionale Piemontese”. Era questo il sogno di un personaggio che aveva lo spettacolo nel sangue, che era famoso in tutta Italia, ma che era rimasto profondamente legato al suo Piemonte e a Torino.

La Stampa – Domenica 31 Gennaio 1971

Una città che non ha saputo ripagarlo della stessa attenzione, col suo progetto che naufragò tra burocrazia e indifferenza, suscitando l’amaro inutile sfogo di Giovanni Arpino.  Articolo da LA STAMPA del 27 ottobre 1977.
Dopo aver recitato ancora in gennaio, Macario morì il 25 marzo 1980. Se le istituzioni torinesi lo delusero, la folla enorme che partecipò alle esequie testimoniò il profondo affetto dei torinesi per il grande attore. Articolo tratto da LA STAMPA del 28 marzo 1980.

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