“Lupus in fabula” – dai fratelli Grimm a “Lu Lù e la Vorp”

Camminando sulle tracce storiche del lupo in valle non ho trovato documenti scritti, ma la tradizione orale è ricca di riferimenti a un vorace predatore che nei racconti e nelle favole diventa spesso una vittima della sua dabbenaggine e dell’astuzia altrui.  Esopo, il favolista greco, in 28 delle sue 358 favole sceglie come protagonista il lupo, insistendo sulla sua malvagità naturale, che lo rende prepotente e infido. In Esopo la morale della favola è  di solito esplicitata. I fratelli Grimm ai primi dell’Ottocento recuperarono in una serie di vaste raccolte i racconti popolari dei tanti staterelli in cui era divisa la Germania, che avevano spesso un’ambientazione tetra: nelle tenebrose foreste popolate di streghe, goblin, troll e lupi accadevano terribili fatti di sangue. Erano racconti di formazione (bildungsgeschichten), con prove da superare e bambini che subivano spesso angherie e vivevano nell’incubo dell’abbandono. Cappuccetto Rosso ad esempio soccombeva al lupo. Le versioni attualmente conosciute sono il frutto di varie revisioni per adattarli alla morale borghese, censurando i particolari troppo realistici, sessuali o destabilizzanti. La madre che tenta di uccidere Biancaneve diventa ad esempio la matrigna. Su questa strada il lupo si trasforma in un animale “esorcizzabile” con l’astuzia o semplicemente col buon senso, come fa il terzo porcellino costruendo una casa solida.

Anche le favole sul lupo che si raccontavano dalle nostre parti hanno un fine apotropaico (di allontanamento ed esorcizzazione del male) e il lupo vi fa di solito la figura del perdente, facilmente ingannabile. Nelle storie che la nonna raccontava a Michele Rege ad esempio basta un fuso piantato in gola o un ”babàciu” di foglie per liberarsi del lupo.  (cfr. Racconti e ricordi della Val Sangone, tratti dall’omonimo gruppo Facebook). La figura dell’ingordo e del tonto il lupo la fa anche nella fiaba forse più famosa, quella del lupo e della volpe. Da noi ha piccole varianti, ma è interessante confrontarla con quella dei fratelli Grimm.

Racconti e ricordi della Val Sangone, Michele Rege, Echos Ediz. 2016
Un re e una regina, un gallo e una gallina e un mulo, Michele Rege, Echos Ediz. 2020
Tutte le fiabe. Prima edizione integrale 1812-1815 di Jacob e Wilhelm Grimm, Donzelli Editore, 2015 Un re e una regina, un gallo e una gallina e un mulo – Fiabe e fatti d’altri tempi in Valsangone, Michele Rege, Echos Edizioni, 2020
Der Wolf und der Fuchs
Der Wolf hatte den Fuchs bei sich, und was der Wolf wollte, das mußte der Fuchs tun, weil er der schwächste war, und der Fuchs wäre gerne des Herrn los gewesen. Es trug sich zu, daß sie beide durch den Wald gingen, da sprach der Wolf: “Rotfuchs, schaff mir was zu fressen, oder ich fresse dich selber auf.” …


Il lupo e la volpe
Il lupo aveva con sé la volpe; e questa era obbligata a fare ciò che egli voleva, poiché‚ era la più debole; sicché‚ le sarebbe tanto piaciuto liberarsi di quel padrone. Un giorno attraversarono il bosco insieme, e il lupo disse: -Pelorosso, procurami qualcosa da mangiare, o mangio te-.
La volpe rispose: -Conosco una fattoria dove ci sono due agnellini; se vuoi possiamo prenderne uno-.
Il lupo fu d’accordo: andarono, la volpe rubò l’agnellino, lo portò al lupo e se ne andò. Il lupo lo divorò, ma non era ancora sazio; voleva anche l’altro e andò a prenderselo; ma agì in modo così goffo che la madre dell’agnellino se ne accorse e si mise a gridare e a belare a più non posso, finché i contadini non accorsero. Trovarono il lupo e lo conciarono da far pietà, sicché egli arrivò dalla volpe zoppicando e urlando.
-Me l’hai combinata bella!- disse. -Volevo prendere l’altro agnello quando i contadini mi hanno acciuffato e conciato per le feste.-
La volpe rispose: -E tu perché‚ sei così ingordo?-.
Il giorno dopo se ne tornarono per i campi e il lupo disse: -Pelorosso, procurami qualcosa da mangiare, o mangio te-.
La volpe rispose: -Conosco una fattoria dove questa sera la padrona cucina le frittelle; andiamo a prenderne-.
Andarono, e la volpe strisciò attorno alla casa; poi sbirciò e fiutò finché‚ riuscì a trovare il piatto con le frittelle; ne prese sei e le portò al lupo.
-Ecco qua da mangiare- disse, e se ne andò per la sua strada. Il lupo divorò le frittelle e disse: -Fanno solo aumentare la voglia-.
Tornò alla casa e tirò giù tutto il piatto, rompendolo. Ci fu un gran baccano; la padrona uscì fuori e quando vide il lupo chiamò soccorso: vennero e lo picchiarono tanto che egli arrivò nel bosco, dalla volpe, zoppo da due gambe e urlando disse: -Che razza di guaio mi hai combinato? I contadini mi hanno acchiappato e conciato per le feste-.
Ma la volpe rispose: -E tu perché‚ sei così ingordo?.
Il terzo giorno, mentre erano fuori insieme, il lupo avanzava a fatica, ma tornò a dire: -Pelorosso, procurami qualcosa da mangiare, o mangio te-.
La volpe rispose: -Conosco un uomo che ha macellato, e tiene la carne salata in cantina; andiamo a prenderla-.
Il lupo disse: -Ma io voglio venire subito con te, perché‚ tu possa aiutarmi se non posso scappare-. -Per me!- disse la volpe, e lo condusse per vicoli e sentieri, finché‚ arrivarono alla cantina. Là vi era carne in abbondanza, e il lupo ci si buttò sopra, pensando: “Prima che abbia finito, c’è tempo!.” Anche la volpe mangiò di gusto, ma si guardava attorno, e correva sovente al buco attraverso cui erano entrati, provando se il suo corpo era ancora abbastanza sottile per passarci.
Il lupo disse: -Cara volpe, perché‚ mai continui a correre qua e là e salti dentro e fuori?-.
-Devo ben vedere se viene qualcuno!- rispose quella astutamente. -Bada solo di non mangiar troppo!- Il lupo rispose:
-Non me ne vado prima che la botte sia vuota-.
Ma in quella arrivò il contadino, che aveva sentito i salti della volpe. Scorgendolo, Pelorosso saltò d’un balzo fuori dal buco; anche il lupo volle seguirla, ma aveva mangiato tanto che non riuscì più a passare e rimase in trappola.
Allora il contadino venne con un randello e lo ammazzò. La volpe invece corse nel bosco ed era felice di essersi liberata di quel vecchio ingordo. 
Il Lupo e la Volpe, perennemente alla ricerca di cibo, s’incontrarono nel bosco e decisero di abbandonare ogni competizione nelle loro scorribande: decisero di unire le forze e di agire in sinergia.
Quella notte di luna piena, la fame era tanta e nascosti tra cespugli sulla riva del prato, i nostri “farinél” osservavano quella casa con il lume ancora acceso nella stanza. Solo i loro nasi spuntavano dal fogliame, annusavano l’aria e il loro sguardo si soffermava spesso sulla piccola finestrella della cantina da cui sembrava provenissero degli invitanti profumi. Appena la luce fioca del lume si spense, i due quatti quatti, strisciando pancia a terra attraversarono il prato e giunsero alla casa.
Si guardarono attorno, porsero l’orecchio al primo piano, tutto era tranquillo, con un balzo saltarono una dopo l’altro dentro la cantina. Dalla piccola finestrella passavano misurati, giusti giusti.
Era meglio di come pensavano! Lì dentro c’era di tutto, non solo burro, latte e tome, dal soffitto pendevano salcicce e salami di ogni forma e dimensione, acciughe e baccalà e negli stipi non mancavano i torcetti, le paste di meliga e un intero panetto di cioccolato a due colori, vaniglia e nocciola.
Due barilotti di vino bianco e rosso facevano bella mostra con i rispettivi bicchieri per gli assaggi, bastava solo spillare! Il Lupo cominciò a mangiare con furia: ingoiava i salami in un solo boccone, intingeva i biscotti qua e là nella panna e beveva il latte direttamente dai catini. La Volpe, invece: si limitava a qualche assaggino, andando spesso alla finestra per controllare e misurarsi. Quando la Volpe vide che ormai la sua pancia cominciava a passare a stento dalla finestra, rientrò ancora, ma solo per il “take away”, come si dice oggi. Di fatto non mangiò più, ma si fece una collana con diversi giri di salami e si adornò le zampe con innumerevoli bracciali e cavigliere di salcicce. Infine si posizionò sulla testa alcune tome fresche tenute strette dal foulard annodato sotto il mento. Intanto il Lupo continuava a mangiare senza ritegno e a tracannare latte e vino, il tutto a casaccio e in grande quantità. Poi quando il miscuglio cominciò a montare intonò “La Vìuléta”, infine perse l’equilibrio e fece un gran bordello inciampandosi in un secchio. La Volpe furba, capì che quello era il momento di impagliarsela, e così fece: balzò sulla finestrella, uscì e andò a nascondersi tra i cespugli. Anche il Lupo tentò di uscire: quando sentì arrivare il padrone, svegliato dal frastuono, era ormai troppo tardi. La sua pancia gonfia non passava dalla piccola finestra e così prima di essere buttato fuori a pedate nel sedere, si prese un sacco di legnate sul groppone. Giunto zoppicante e dolorante nel bosco incontrò la Volpe e disse: “Beata te che sei riuscita a scappare, io ho preso un sacco di botte!” “Io più di te, ”rispose lei, “tocca qua la mia testa, è molle, tutta maciullata dalle legnate che ho preso anch’io appena sono uscita!” Il Lupo gli appoggiò la zampa sulla testa ed effettivamente constatò che era molle, mai più pensava di toccare solo tome fresche! “Tu sei messa peggio di me” disse, “non puoi camminare in quello stato, montami in groppa che ti porto io!” E così finisce la storia, con la strana coppia in quella notte di luna piena che procede a stento nella radura deserta. Il Lupo dolorante porta in groppa la Volpe e questa, ridacchiando, accenna una canzone:
“Arià arià a va du piëń, lu maladu u port lu sëń.
(serenamente, tranquillamente per la radura, il malato porta il sano)
Auta auta për’ina pauta, ina carogni i portat l’auta”.
(su e giù per gli acquitrini, una carogna ne porta un’altra)
Il Lupo perplesso:“d’disti, d’disti i chi?” (cosa stai dicendo?)
E la Volpe:“parëń, tut d’bàle d’nòna” (niente, solo storie di nonna).
La morale della storia potrebbe essere riassunta nel proverbio:
“A sis pa du fol, lu bürp u purì pa ragńe” (se non fosse per il fesso, il furbo non potrebbe esistere). Forse è per smentire questo detto, che in certe zone della Valle si aggiungeva una scena al finale. Si diceva che passando vicino a uno stagno, il Lupo specchiandosi nell’acqua, vide la Volpe ridere e scoprì l’inganno.
Scaraventò a terra la socia in affari, le diede un sacco di botte, le prese e mangiò tutto quello che si era nascosta addosso.

Nella versione che si raccontava a casa mia il lupo  e la volpe saccheggiavano lo “storn” di ”Titòt” al “Ciargiùr”, mangiando solo tome e bevendo latte. Il finale vedeva la volpe, fintamente ammaccata, che si faceva portare “ań caribuléta” dal lupo canticchiando “piëń, piëń, lu malàdu u port lu sëń” e alla domanda del lupo rispondeva “parëń, i diù iń po’ d’bèń”, (dico le preghiere) finché il lupo vedendola sogghignare riflessa nell’acqua la scaraventava in Sangone.

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