La vipera, il gallo e la poesia di Marisa Usseglio

Pensavo che solo le manguste sapessero aggredire e sconfiggere i serpenti, i cobra in particolare, ma l’altro giorno a Tressi, una borgata della Val Soana, ho visto un gallo beccare un piccolo serpente, probabilmente una vipera, anche se poi la preda, ormai domata, gli è stata portata via. Il classico caso in cui tra i due litiganti il terzo gode.

Il gallo di Elida col serpente nel becco

L’episodio mi ha richiamato alla mente una poesia di Marisa Usseglio Savoia. Osservatrice attenta, ironica e arguta, ha fissato nel patuà della Madléna, lingua materna e spontanea, e in una miriade di poesie i più vari aspetti e momenti della vita di borgata e ne ha dedicata una proprio al gallo. Fiero nella sua livrea lucente di lunghe piume, si sente re del pollaio, anche se il suo destino è segnato. Registrando questa poesia e commentando il gallo alle prese con la vipera, mi ha raccontato un altro episodio di coraggio (già pubblicato su FB Gruppo Racconti e ricordi della Val Sangone) che vede protagonista un gallo. Capace di respingere i ripetuti assalti del falco rapace.  

Il gallo e il falchetto

Borgata San Güstiń della Comba di Fronteglio, case diroccate che mi suscitano ancora ricordi di vita, ma voglio raccontare un fatto di cui sono stata testimone, sul coraggio di un gallo che riuscì a sottrarsi a un falchetto che cercava di ghermirlo. In quella borgata era rimasto un uomo che viveva da solo, mio padre lo conosceva, io non ricordo bene il nome (potrebbe essere Silvio, ma non sono sicura) , noi avendo i prati, denominati sort sull’altro versante, appena prima della borgata San Savoia, vedevamo le case della borgata di fronte . Quando si fienava, a volte quel signore salutava mio padre, gridava dai suoi prati sotto casa, “Mürisi vè daʃiòt”, e mio padre rispondeva “fań gè parèi” poi un cenno al tempo “ancögn u lu ssce” , e mio padre “vüra fan ‘l cuvàire” (tradotto sarebbe un mucchio unico di tutto il fieno del prato, un covone, da cui si prelevano delle porzioni, con il rastrello e la mano, che depositate sul lenzuolo di iuta, poi chiuso con corde e navette di legno, fanno la linsulà). Un giorno mentre eravamo lì a girare il fieno, di pomeriggio, sentimmo uno starnazzare di galline, nel nostro patois è ”galafrasà”, guardando verso i prati adiacenti alle case di San Güstiń, vedemmo un falchetto che piombò, con tutta la sua imponenza , sul gruppo di galline , poi riprese quota, sentimmo il gallo emettere un verso, che non era il suo solito canto, ma un grido roco, la scena si ripeté diverse volte. Il falchetto scendeva e sbattendo le ali rimaneva sospeso, senza posarsi, il gallo dal canto suo, non avendo la capacità di volare, saltellava freneticamente , probabilmente per confondere l’aggressore, tenendo la sua apertura alare spiegata. Mia mamma accennò delle grida, per cercare di attirare l’attenzione di quel signore, ma quel giorno evidentemente non era a casa. Alla fine il falchetto dovette desistere , forse ferito, sicuramente sconfitto da un gallo combattivo, che aveva difeso le sue galline, non per istinto ma per coraggio. I galli, non sono animali che muoiono di vecchiaia, ma per loro natura sono combattivi e coraggiosi.

Marisa Usseglio Savoia, fotografata da Liliana Goncean
Il gallo della poesia di Marisa nell’interpretazione ad acquerello di Giorgetta Usseglio.

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