Il romanico nascosto in una “grangia”

Con i giochi di questo fine settimana vi propongo di scoprire un gioiello valsusino nascosto e mal messo. Un insediamento religioso del 1200, che ha avuto un momento di auge nel 1400 ed è poi stato abbandonato nel 1600. Quattro secoli di vita e una parabola che l’ha portato da semplice “grangia”, deposito agricolo – fattoria, a monastero a borgo semidiroccato. Ha caratteristiche uniche e uno dei suoi arredi più preziosi, quando è stata soppresso nel 1642, è stato trasferito e si trova nella Cattedrale di San Giusto a Susa, provate a ricomporlo risolvendo questo puzzle.

Il nome di grangia (anche grancia) deriva dal termine di origine latina, granea e quindi grangiarius, dal quale poi derivano il francese grange (granaio) e lo spagnolo granja (fattoria). Nascono come depositi sussidiari, costruiti vicino alle zone di produzione di un monastero, affidate ai conversi, membri dell’ordine che avevano un grado inferiore ai monaci, che dovevano recarsi domenicalmente al monastero principale. Sorgevano quindi poco distante da esso. Il termine grangia si è evoluto, giungendo ad indicare sia un deposito di grano che una fattoria, di cui spesso assumeva la struttura. A Coazze il termine francoprovenzale grëngi è rimasto ad indicare una baita, un insediamento stagionale, dove portare le mucche d’estate e in cui accumulare provvisoriamente soprattutto il fieno. La stalla in paese, la grangia di media montagna o sul versante a bacìo, l’alpeggio. Tre tappe per ottimizzare lo sfruttamento delle risorse di un territorio montano che in passato doveva mantenere tante persone e tanto bestiame.

Era nato come “grangia”, ma quando vi si sono trasferiti i monaci dalla vicina casa madre, questo insediamento monastico è stato arricchito di un chiostro e di celle monacali, di cui sopravvivono resti fatiscenti.
Risolvete il Verbis per scoprire il luogo di cui stiamo parlando. Altri passatempi

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