Il carisma di Sergio De Vitis “usque ad finem et ultra”

Sono stato recentemente coinvolto in una ricerca su Sergio De Vitis condotta da alcuni studenti e insegnanti dell’istituto Pascal di Giaveno. È stata l’occasione per approfondire la conoscenza di una delle figure più limpide della Resistenza in Val Sangone, rileggendo documenti e con l’aiuto delle nipoti Silvana e Marinella. Quanto scritto dalla loro mamma Maria, sorella di Sergio,  nella ricerca effettuata nel 2008 dalla classe 4H della professoressa Silvia Ajmerito, evidenziava il carattere di un uomo giusto, comandante amato e rispettato, meticoloso nel progettare le azioni e determinato nel compierle.  Nella tragica giornata del 26 giugno 1944 la sua brigata, la “Sandro Magnone” era stata l’unica a raggiungere l’obiettivo. Con un attacco a sorpresa all’alba e pochi colpi sparati aveva fatto prigioniero l’intero presidio della Polveriera di Sangano. L’unico camion disponibile stava facendo la spola con Forno per portarvi i prigionieri tedeschi e le armi e munizioni catturate quando casualmente dei tedeschi di passaggio si accorsero della situazione e diedero l’allarme. Nel pomeriggio arrivarono autoblinde e centinaia di soldati che tentarono di riprendere la Polveriera. Per coprire la ritirata dei suoi uomini Sergio De Vitis si fermò a contrastare i nemici con un piccolo gruppo di partigiani.  Salvarono i loro compagni, ma otto di loro morirono e qualcuno fu fatto prigioniero, come “Tremendo”, testimone della morte di De Vitis, “colpito da una pallottola in fronte”.

De Vitis Sergio
 
(Lettopalena (Chieti) 7 aprile 1920 – 26 giugno1944)
 
È un ufficiale di carriera nel battaglione “Val Chisone”, comandato dal maggiore Milano. Con Milano, e con Nino Criscuolo, ha condiviso l’esperienza sul fronte del Montenegro.
Dopo la cattura di Milano nell’ottobre del 1943, Sergio De Vitis diventa subito uno dei più importanti comandanti partigiani e, all’inizio del 1944, guida la Banda “Sergio” che poi diventerà Brigata “Sandro Magnone”. Sergio De Vitis cade il 26 giugno 1944 in seguito all’assalto della polveriera di Sangano.
Il nome di Sergio De Vitis viene quindi dato alla 43ª Divisione Autonoma Val Sangone nata nell’ottobre del 1944 e comandata da Giulio Nicoletta.
Sergio De Vitis verrà decorato con la medaglia d’oro alla memoria.
Sergio De Vitis nella casa di Frossasco nel 1943 accanto alla mamma Valeria e alla sorella Maria. Foto tratta dall’Album frossaschese dedicato a lui nel 2015 in occasione dell’85° anniversario di fondazione del locale gruppo ANA a lui intitolato.

La morte eroica di De Vitis, che gli valse la medaglia d’oro, suggellava la vita breve, aveva 24 anni, di un uomo eccezionale.  Arrivato in Val Sangone sulle orme di Luigi Milano, le sue doti organizzative e la sua personalità forte ne avevano fatto immediatamente un comandante. La sua brigata brillava per organizzazione e determinazione. A Cumiana in tre catturarono un presidio tedesco, scatenando purtroppo la tragica rappresaglia che portò alla morte di 50 ostaggi. A Sangano gli stessi tedeschi riconobbero il suo valore e inviarono una bandiera per avvolgerne il cadavere. Giulio Nicoletta, che  grazie alle sue doti di coordinamento e negoziazione venne poi riconosciuto come comandante della 43° Divisione Autonoma intitolata a De Vitis,  dedicò a Sergio parole solenni:  “Sei la nostra Bandiera, quella dell’ardimento focoso e dell’accortezza militare, della grandezza morale e della semplicità d’animo. Tu eri semplice e la Tua sola ricchezza materiale era il “Mitra”; quello che avevi conquistato ad Orbassano. Sergio! Il Tuo Nome galvanizzava i Tuoi partigiani. Eri sempre avanti e avanti a tutti sei Caduto.”

Sotto il cippo, questa lapide, posta in occasione del 5° anniversario, ricorda tutti i caduti della battaglia della Polveriera di Sangano.
Giulio Nicoletta con Sergio De Vitis

Sergio, uomo carismatico

La parola che compendia le doti di Sergio De Vitis è “carisma”. Con la sua personalità e le sue convinzioni  ha trascinato i suoi partigiani da vivo, da morto è diventato un simbolo, riverberando i suoi ideali sui compagni di lotta e sulla sua famiglia. La madre Valeria e la sorella Maria, travolte dal dolore, ma determinate come staffette a continuare la sua battaglia per la libertà e la democrazia. Le nipoti Silvana e Marinella, che chiamavano zii i partigiani,  che bambine e poi adulte sono state sue assidue testimoni nelle commemorazioni a Sangano,  a Frossasco e all’Ossario di Forno. Sono venute in classe, hanno trascinato gli alunni  col loro fervore, hanno portato i ricordi concreti dello zio: aneddoti e dettagli, fotografie e documenti raccontati e mostrati con orgoglio.  Subito disponibili a portare ancora una volta la loro memoria e la loro devozione allo zio conosciuto solo nelle fotografie, nei documenti e nel ricordo accorato della loro mamma.  Sergio era invece un argomento tabù per la loro nonna Valeria, perché fonte di reiterato dolore, incapace di addormentarsi ogni sera senza accarezzare la fotografia di quel figlio così giovane, così eroico, così morto.

“Compagni fino alla fine e oltre” è il motto che Giuseppe Falzone, subentrato a De Vitis nel comando della banda Sandro Magnone, volle sulla facciata dell’Ossario. “Fino alla fine e oltre” fece sentire il suo carisma Sergio De Vitis, inducendo i suoi compagni e la sua famiglia a impegnarsi per proseguire e compiere i suoi ideali. In una commovente lettera la mamma Valeria scrive ai compagni sopravvissuti come “mamma di tutti i partigiani”.
Stralcio della lettera della mamma di Sergio: Sarò sempre la mamma di tutti ora che l’uno il più caro mi è mancato e la sua memoria onorerò portando indistruttibile nel cuore la fede per la quale Lui ha lasciato la spoglia terrena ed io invece devo ancora sopportarne il peso.”
Silvana e Marinella Rigois De Vitis durante l’incontro con i ragazzi della 1G Linguistico del Liceo Pascal di Giaveno.
Le nipoti di Sergio hanno portato documenti e cimeli che hanno destato l’interesse dei ragazzi.

I ragazzi della 1a G ai piedi del cippo eretto nel luogo dove sono caduti Sergio De Vitis e 7 suoi compagni il 26 giugno 1944.

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