MAGGIO – i giorni e le opere

Sido, 1930 – Colette

Il primo maggio deposi davanti all’altare della Madonna un fascio di lillà, camomille e rose, come le mie compagne di catechismo, e tornai a casa tutta fiera dei miei “fiori benedetti”. Mia madre fece la sua risatina irriverente e guardò il mio mazzo che attirava i maggiolini in salotto, fin sotto la lampada: «Credi che non lo fossero, prima?».

Malombra, 1881 – Antonio Fogazzaro

Marina frugò da capo nella cavità misteriosa sperando trovare uno scritto, ma senza frutto. Riprese a esaminare gli oggetti. Le pareva che ciascuno d’essi si struggesse di parlare, di gridare: «Intendi!». Finalmente, voltando e rivoltando per ogni verso lo specchietto, s’avvide di qualche segno tracciato a punta di diamante sul vetro. Erano lettere e cifre segnate da una mano incerta. Con paziente attenzione Marina arrivò a leggere la seguente laconica scritta: «Io – 2 MAGGIO 1802».

Parve a Marina che una luce lontana e fioca sorgesse nell’anima sua. 1802! Non viveva in quel tempo al Palazzo la infelice prigioniera, la pazza della leggenda? Forse era lei. Quel guanto, quei capelli erano reliquie sue. Ma nascoste da chi? Marina, quasi senza sapere che si facesse, afferrò il libro di preghiere e ne sfogliò le pagine. Ne cade un foglio ripiegato, tutto, tutto coperto di caratteri giallognoli, sbiaditissimi. Ella lo apre e vi legge: «2 maggio 1802.

PER RICORDARMI.

Ch`io mi ricordi, nel nome di Dio! Altrimenti perché rinascere? […]».

1 maggio 1900 – 22 agosto 1978 – Ignazio Silone
 1 maggio 1908 – 22 luglio 1968 – Giovanni Guareschi

Fiori per Algernon, 1959 – Daniel Keyes

3 maggio. Una delle cose che mi confondo-

no è il non sapere mai realmente, quando qualcosa affiora dal mio passato, se davve-ro accadde in quel modo o se così parve accadere sul momento o se lo sto soltanto inventando. Sono come un uomo che sia rimasto semiassopito per tutta la vita e cerchi di capire com’era prima di destarsi. Ogni cosa appare stranamente offuscata e al rallentatore. Stanotte ho avuto un incubo e quando mi sono svegliato ho ricordato qualcosa. Anzitutto, l’incubo: sto correndo in un lungo corridoio, quasi accecato da turbini di polvere. A volte corro avanti, poi galleggio in aria qua e là e torno indietro, ma ho paura perché sto nascondendo qualcosa in tasca. Non so che cosa sia né dove l’ho, ma so che vogliono portarmelo via e questo mi atterrisce.

3 maggio 1469 + 21 giugno 1527 – Niccolò Machiavelli

Il segno dei quattro, 1889 – Arthur Conan Doyle

«Non le ho ancora raccontato la parte più strana. Circa sei anni a, per l’esattezza il 4 maggio 1882, comparve sul Times un’inser-zione in cui si chiedeva l’indirizzo della signorina Mary Morstan, specificando che avrebbe tratto vantaggio dal farsi viva. Non c”era menzionato né nome né indirizzo. Avevo da poco preso servizio presso la famiglia Forrester come governante. Fu la signora stessa a consigliarmi di rispondere a mia volta con un’inserzione in cui dichiaravo appunto il mio indirizzo. Quello stesso giorno ricevetti per posta una scatoletta di cartone che conteneva una perla enorme e splenden-te. Non era accompagnata da alcuno scritto. Da allora ogni anno, alla stessa data, mi arri-va puntualmente una scatoletta di cartone contenente una perla identica alla prima, senza la minima indicazione di chi possa essere il mittente. Le perle sono state dichia-rate da un esperto come appartenenti a un genere raro di considerevole valore. Lei stesso può rendersi conto di quanto siano belle.»

4 maggio 1939 – 28 dicembre 2018 – Amos Oz

Biglietto numero 177, 1916 ca. – Djuna Barnes

«Ogni venerdì c’è un’estrazione normale, ma una volta all’anno, il 5 maggio, la lotteria è

riservata alle donne non sposate!»

Clochette scosse un poco la testa e sorrise, contenta al pensiero che vi fosse una simile occasione per le donne sole nelle vie della moderna Babilonia; l’evento dava loro una sorta di dignità. «Le altre lotterie sono una uguale all’altra, chiunque può parteciparvi. Qui invece non si vincono spazzole d’argento e tappeti da tavolo, qui c°è in ballo un signor premio.» «Mmh» assenti Doik. «E questa volta che sarà?» «Non si può mai dire» rispose Clochette distogliendo lo sguardo.

I viaggi di Gulliver, 1726 – Jonathan Swift

Sua Maestà, dopo aver più volte insistito perché accettassi qualche impiego alla sua corte e vedendomi fermamente risoluto a ritornare nel mio paese natale, si degnò di darmi licenza di partire e mi onorò con una lettera di raccomandazione di suo pugno per l’Imperatore del Giappone. Mi fece anche dono di quattrocentoquarantaquattro grandi monete d’oro (questa nazione ha una predilezione per i numeri pari) e di un diamante rosso che vendetti in Inghilterra per millecento sterline. Il 6 maggio 1709 presi solenne congedo da sua Maestà e da tutti i miei amici.

L’iguana, 1965 – Anna Maria Ortese

Una luminosità gialloambrata era tutto ciò che appariva all’orizzonte, mentre, a destra, ancora s’intravedeva la costa bassa e nuda del Portogallo, finché non parve, come un’ombra, definitivamente. Allora, a quella luce rosata si mescolò un certo verde-livido, e le onde, pur senza agitarsi, divennero più grosse. Era l’una del 7 maggio, e durante la notte e la mattinata erano passate altre miglia, senza che perciò lo scenario mutasse, allorché al Daddo che se ne stava sul ponte, un po’ pensieroso, al suo sguardo fanciullesco, si presentò lontanissimo, in quella luminosità, un punto verde-bruno, a forma di corno, o ciambella spezzata, che non

risultava sulla carta. Chiese al marinaio di che potesse trattarsi (aveva pensato, in un primo momento, a un branco di cetacei, dato che quel punto, per quanto piccolo, presentava delle gibbosità), e Salvato gli rispose che poteva sbagliarsi, ma sembrava proprio l’isola di Ocaña; e dicendo questo non aveva l’aria (del resto non l`aveva mai, e dipendeva dalla sua pigrizia) di chi ardesse dalla curiosità, e tenesse come grazia il poterla soddisfare. Anzi!

7 maggio 1861 – 7 agosto 1941 – Rabindranath Tagore

Ehrengard, 1963 (post.) – Karen Blixen

L’otto di maggio, a Schloss Rosenbad nacque un piccolo Principe. Quando il primo stridulo e arcano vagito eruppe dalla camera della Principessa, intorno alla quale tutta la casa era rimasta in ascolto, il castello fremette e si trasfigurò dalla cantina ai solai. Un sospiro di felice sollievo percorse tutte le stanze. Ma dopo un attimo il silenzio divenne infinitamente più profondo e più solenne. Chi avrebbe avuto il coraggio di tradire la piccola, indifesa creatura appena giunta tra loro? Tutti, in quella casa, avrebbero preferito la morte. Mai nel Babenhausen era venuto alla luce un bambino più adorabile. Persino il Professor Putziger rimase stupito della perfezione del neonato, e aggiunse al primo un secondo paio di occhiali per esaminarlo bene. La fedele levatrice, che a suo tempo aveva aiutato il Principe Lotario a venire al mondo, fu costretta a riconoscere che il figlio eclissava il padre.

8 maggio 1956 – Cristina Comencini

Vite immaginarie, 1896 – Marcel Schwob

L’indomani Jeanne si presentò davanti ai giudici. Nicolas Loyseleur si era messo con un notaio nel vano di una finestra, dietro un drappo di rascia, perché fossero ricopiate soltanto le accuse e si lasciassero in bianco le giustificazioni. Ma gli altri due cancellieri reclamarono. Quando Nicolas ricomparve nella sala, fece dei piccoli cenni a Jeanne perché non si mostrasse sorpresa, e assisté con aria severa all’interrogatorio. Il 9 maggio, nella torre grande del castello, egli opinò che la tortura s’imponeva.

Artemisia, 1947 – Anna Banti

Fu il dieci maggio che la regina sedette a modello. Pioveva forte e duro sull’erba di smeraldo che Artemisia dovette attraversare per raggiungere il padiglione francese indicato all’ultimo dallo staffiere. Si bagnò i piedi e la bella veste alla fiamminga era tutta fradicia e fangosa quando ci entrò. Nel gabinetto, tappezzato di santi e reliquie, ma più di miniature di Re Enrico, uno scomodo quasi militaresco dominava, e la regina, vestita di azzurro, aveva il viso come una pappa scotta. L’occhio sinistro non smetteva di lacrimarle, infiammato agli orli, e se l’asciugava con un bel fazzoletto. “Vien buono l’alberello della lacca” pensa Artemisia per darsi animo: ma già l’ha colta quel presentimento insopportabile che a ogni nuovo lavoro di impegno si ripete: dipingerà, anche questa volta, il solito ritratto baldanzoso di cui è così facile gloriarsi, così difficile contentarsi. Come, d’altronde, meditare l’impianto e studiare il soggetto davanti a una regina in posa?

10 maggio 1931 + 20 gennaio 2016 – Ettore Scola

Il diario intimo di Sally Mara, 1962 – Raymond Queneau

11 maggio

Dopo aver contato i risparmi e riletto tutte le riviste parigine in mio possesso, sono andata a guardare le vetrine nelle vie commerciali della città. Ancora non ho avuto il coraggio di comprare niente. Quello che mi terrorizza è che, a quanto pare, in certi negozi ci sono degli uomini a servirci. Ma cosa devono servirci? Ho preferito non entrare. E i bustini sono troppo cari per me. E poi, si deve proprio metterlo, il bustino?

11 maggio  1904  +  23 gennaio 1989 – Salvador Dalì

L’Horlà, 1887 – Guy De Maupassant

12 maggio. Da qualche giorno ho un po’ di febbre: sono indisposto, o meglio, triste.

Da che provengono questi influssi misteriosi che mutano in scoraggiamento la nostra gioia e in delusione la nostra fiducia? Si direbbe che l’atmosfera, l’atmosfera invisibile, è piena d’inconoscibili Potenze delle quali subiamo la vicinanza arcana. Mi sveglio pieno di giocondità, con in gola una voglia di cantare. – Perché? – Mi avvio verso il fiume; e d’improvviso, dopo una breve passeggiata, torno a casa tristissimo, come se qualche sciagura fosse lì ad aspettarmi. – Perché? – È un brivido di freddo che, sfiorandomi l’epidermide ha scosso i miei nervi e abbuiato la mia anima?  È la forma delle nuvole, o il colore della luce, il colore delle cose, così mutevole, che, passando attraverso i miei occhi, ha turbato il mio pensiero?

12 maggio 1809  +  31 marzo 1850 – Giuseppe Giusti

Il circolo Pickwick, 1836-1837 – Charles Dickens

Primo giorno di viaggio e prima serata di avventura con tutto quel che ne conseguì. Il sole, puntuale servitore di tutti i mestieri, si era appena levato e aveva cominciato a risplendere sulla mattinata del tredici maggio milleottocentoventisette, quando Mr. Samuel Pickwick, destatosi come un secondo sole dal sonno, balzò in piedi, aprì la finestra della stanza da letto e volse lo sguardo sul mondo sottostante. Ai suoi piedi si stendeva Goswell Street, alla sua destra – fin dove giungeva la vista – proseguiva Goswell Street, sulla sinistra ancora Goswell Street, e di fronte, al di là della strada, ecco l’altro tratto di Goswell Street. “Anguste”, pensò Mr. Pickwick, “anguste sono le vedute di quei filosofi che, paghi dell’apparenza delle cose, non ricercano la verità che vi si cela dietro. Anch’io potrei accontentarmi di contemplare per sempre Goswell Street, senza fare il minimo sforzo di penetrare le contrade nascoste che la circondano da tutte le parti.” E avendo così tradotto in parole questa bellissima riflessione, Mr. Pickwick si accinse a infilare se stesso in alcuni abiti e a infilarne altri nella valigia.

13 maggio 1907 – 19 aprile 1989 – Daphne Du Maurier

Le notti di Parigi, 1788-1794 Nicolas-Edme Restif de La Bretonne

Place Louis XV

Il 14 maggio era convalescente. Alle otto di sera, mi sentii la forza di uscire e andai fino alle Tuileries. C’erano i fuochi per un grande festeggiamento, ma non vidi niente, seduto com’ero sui gradini del palazzo che scendono verso le aiuole. Il rumore spaventoso inteso, poi, non mi sorprese, è normale nei festeggiamenti tumultuosi. Uscii appoggiato sul primo bastone che avessi portato da quando ero a Parigi, e uscii da solo per la porta di ponte Royal che attraversai da solo. Ma mi seguì subito una folla immensa. Sentii pianti e gemiti. Mai serata fu tanto disastrosa! Si attribuivano mille cause immaginarie al disordine. Ce n’erano due sole: i borseggiatori e i libertini: me ne convinsi il giorno dopo.

L’0pera, 1886 – Emile Zola

Il 15 maggio Claude, che era rientrato dalla serata da Sandoz alle tre del mattino, stava ancora dormendo, verso le nove, quando Madame Joseph entrò con un mazzo di lillà bianchi, consegnati da un fattorino. Capì subito: Christine festeggiava in anticipo il successo del suo quadro. Era una grande giornata, per lui; si inaugurava il Salon des Refusés, una novità di quell’anno, in cui avrebbe figurato la sua opera, respinta dalla giuria del Salon ufficiale. Quel pensiero delicato, quei lillà freschi e odorosi che lo svegliavano, lo commosse profondamente, come il presagio d’una giornata fortunata.

15 maggio 1891 – 10 marzo 1940 – Michail Bulgakov

Diario del seduttore, 1843 – Sören Kierkegaard

16 Maggio.  

Com’è bello essere innamorati, e com’è interessante sapere d’esserlo! Ecco la differenza. Io potrei impazzire al pensiero che per la seconda volta ella m’è sfuggita, e tuttavia in un certo senso un tal pensiero mi rallegra. L’immagine che serbo di lei oscilla vagamente tra la sua figura vera e quella ideale. E io lascio che questa immagine mi si mostri, sicché il suo fascino consiste appunto nella possibilità che essa ha di essere la realtà stessa oppure dalla realtà cagionata. Io non provo nessuna impazienza, considerato che ella deve pure abitare qui in città, e per il momento ciò mi basta. Questa possibilità è condizione perché la sua immagine, quella vera, possa mostrarsi: ogni cosa va goduta a suo tempo.

16 maggio 1915 – 29 novembre 2010 – Mario Monicelli

I promessi sposi, 1827-40 – Alessandro Manzoni

Alcuni, ai quali era parso di vedere, la sera del 17 di maggio persone in duomo andare ungendo un assito che serviva a dividere gli spazi assegnati a due sessi , fecero, nella notte, portar fuori della chiesa l’assito e una quantità di panche rinchiuse in quello; quantunque il presidente della Sanità, accorso a far la visita, con quattro persone dell’ufizio, avendo visitato l’assito, le panche, le pile dell’acqua benedetta, senza trovar nulla che potesse confermare l’ignorante sospetto d’un attentato venefico, avesse, per compiacere all’immaginazione altrui, e più tosto per abbondare in cautela, che per bisogno, avesse, dico, deciso che bastava dar una lavata all’assito. Quel volume di roba accatastata produsse una grand’impressione di spavento nella moltitudine, per cui un oggetto diventa così facilmente un argomento. Si disse e si credette generalmente che fossero state unte in duomo tutte le panche, le pareti, e fin le corde delle campane.

Il libro dell’inquietudine, 1982 (post.) – Fernando Pessoa

18.5.1930 […] Quest’alba è la prima alba del mondo. Questo colore rosa, che attraverso il giallo volge verso un caldo bianco, non si è mai posato prima sulla facciata occidentale che il caseggiato con i suoi occhi vitrei punta sul silenzio che sopraggiunge dalla luce crescente. Mai c’è stata quest’ora, o questa luce, o questo mio essere. Ciò che sarà domani sarà un’altra cosa e ciò che vedrò sarà visto da occhi ricomposti, pieni di una nuova visione. Alti monti della città! Grandi architetture che i pendii scoscesi reggono e ingrandiscono, slittare di edifici raggrumati in varie forme che la luce intesse di ombre e di ustioni: siete l’oggi, siete me […]

30 Novembre 1928 + 18 Maggio 1988 –  Enzo (Claudio Marcello) Tortora

Il pornografo, 1979 – John McGahern

Erano calendari molto comuni, di quelli con i paesaggi che certi bottegai regalano ai clienti per Natale. Intorno a molte date si ammassavano appunti sbiaditi  in una sorta di stenografia domestica che mi fu impossibile decifrare, e ogni giorno del mese era coperto dalla sua bella X. Sette anni erano stati cancellati in quel modo. Le X si interrompevano il diciannove di maggio, dieci giorni prima della morte di mia madre, più o meno quando dalla fattoria, mi avevano portato in città a casa di mia zia. Mi pareva che neppure Iddio, avvolgendo la terra nelle tenebre e assicurando al creato il sonno ristoratore, avesse dimostrato maggiore autorità e controllo sul finire del giorno di quanto la marcia inesorabile delle X di mia madre sembrasse proclamare nel corso di quegli anni. Forse la sua morte era stata una fortuna per me. Forse se l’erano ripresa, prima che quelle sue X potessero avere su di me il loro sicuro effetto.

Un bacio, 1887 – Anton čechov

Il venti di maggio, alle otto della sera, tutt’e sei le batterie della brigata d’artiglieria di stanza a N., in via di trasferirsi al campo, sostarono a pernottare nel paesino di Mjestèški. Proprio al colmo della baraonda, mentre alcuni degli ufficiali s’affaccendavano intorno ai cannoni, e altri, radunati così a cavallo sulla piazza presso il sagrato, ascoltavano le indicazioni dei furieri d’alloggiamento, di dietro alla chiesa apparve un cavallerizzo in panni borghesi, su una strana cavalcatura. Era una cavallina color isabella, di piccola statura, bella di collo e corta di coda, la quale non incedeva diritta, ma un po’ di sbieco, e scandiva con le zampe certi piccoli movimenti di danza, da parer che le battessero le zampe col frustino. Quando fu accosto agli ufficiali, il cavallerizzo si sollevò il cappello, e disse: «Sua Eccellenza il luogotenente generale von Rabbeck, proprietario di queste terre, invita i signori ufficiali a favorire immediatamente in casa sua, per una tazza di tè…».

La cavallina fece un inchino, si rimise a danzare e, sempre di sbieco, tornò sui suoi passi; il cavaliere, ancora una volta, si sollevò il cappello, e, di lì a un istante, lui e la sua strana cavalcatura dileguavano là di dietro alla chiesa.

20 maggio 1799 + 18 agosto 1850 – Honoré De Balzac

L’ultima domanda, 1973 – Isaac Asimov

L’ultima domenica venne posta per la prima volta, quasi per scherzo, il 21 maggio 2061, in un momento in cui l’umanità cominciava a intravedere finalmente un po’ di luce. La domanda era il risultato di una scommessa di cinque dollari, nata durante una bevuta, ed ecco come andò la cosa: Alexander Adell e Bertram Lupov erano due dei fedeli assistenti addetti a Multivac.

Sapevano – così come era dato saperlo a due esseri umani – che cosa c’era dietro la fredda, lampeggiante, ticchettante faccia – chilometri e chilometri di faccia – del gigantesco calcolatore. Avevano se non altro una nozione vaga del piano generale di relay e di circuiti che da tempo aveva superato il limite oltre il quale una singola mente umana non poteva assolutamente

conservare una chiara visione d’insieme. Multivac si auto-regolava e si auto-correggeva. Doveva essere così, perché nessun essere umano poteva regolarlo o correggerlo con sufficiente rapidità o in modo adeguato.

La grotta di Prospero, 1945 – Lawrence Durrell

22 maggio 1937

Di sera le acque azzurre della laguna carpiscono il chiaro di luna e lo riproducono in fontane di cristallo sugli scogli bianchi e nella profondità del balcone, fin nella stanza dall’alto soffitto dove i quadri di N., indolentemente piacevoli, guardano fissi dalle pareti. E invisibile l’aria (fresca come l’alito che esala da un melone) si riversa sui davanzali delle finestre e va a fondersi con l’odore delle lampade ormai esaurite. Tutto è così silenzioso che la voce d’un uomo nel buio laggiù, tra gli olivi, echeggia e colpisce come la voce della coscienza. Sotto la glacida superficie del mare i pesci

si muovono come immagini di pesci: flussi di curiosità e terrore. E ora le stelle splendono algide e tese su questa pura superficie euclidea. La calma intorno è totale mentre ceniamo al lume della candela sotto il cipresso. Ma subito dopo, mentre beviamo il caffè e spilucchiamo dell`uva ai bordi dell`acqua, arriva improvvisa una ventata: è tutto il cielo che si agita e trema, come un immenso ramo fiorito che oscillando si sfogli. Poi, mentre la fiamma della candela respira e si riprende, ogni cosa torna lentamente a cristallizzarsi nell’immagine di un mondo immerso nell’acqua; e nello specchio d`acqua ai nostri piedi Teodoro può mostrare le Pleiadi in fiamme nel cielo.

22 maggio 1859 + 7 luglio 1930 – Arthur Conan Doyle

Gli ultimi giorni dell’umanità, 1922 – Karl Kraus

Parco municipale. Mezzogiorno. Una folla sterminata si è raccolta intorno alla terrazza del Kursalon […]

UN SIGNORE. Per favore, signori, non spingete!

UN MARITINO. Vedrai, è una fregatura!

LA MOGLIETTINA. Ma se ti dico che stamattina sul giornale c’era scritto…

MARITINO. Ecco qua la Zeit…. Dov’è che sta scritto?

MOGLIETTINA. Ma sei cieco? Qui in cima, prima dell’articolo di fondo…

MARITINO. Ma guarda. Non m’immaginavo quel posto lì. (Legge) Oggi, giovedì 23 maggio, alle ore 12,30, sulla terrazza del Kursalon al Parco municipale, il signor Hubert Marischka del Theater an der Wien bacerà la signora che avrà fatto la maggiore offerta per l’ottavo prestito di guerra… Bè, te lo dico prima, tu non farai nessuna offerta per l’ottavo prestito di guerra, capito?

23  Maggio 1729 + 15 Agosto 1799 – Giuseppe Parini

Il fazzoletto azzurro, 1983 – Corrado Augias

Le carte, i documenti, sarebbero rimasti muti con la pazzia in agguato tra le righe per chi avesse tentato di ridare un ordine e qualche motivazione plausibile a ciò che era accaduto a Roma tra il 26 aprile 1915 e… alzò gli occhi al calendario. Il 24 maggio. Un mistero impenetrabile di cui lui, solo tra tutti, avrebbe conservato la chiave. Era evidentemente fuori posto. Anche per questo diventava forse meno rischioso andare al fronte.

24 Maggio 1941 – Bob Dylan  (Robert Allen Zimmerman)

Lucy, 1990 – Jamaica Kincaid

Mariah mi aveva regalato un piccolo scrittoio con molti cassetti . Lo avevo posto vicino al mio letto, e vi avevo poggiato una lampada. Mi avvicinai al primo cassetto e ne trassi un piccolo pacco di documenti ufficiali: il mio passaporto, il mio visto di immigrazione, il mio permesso di lavoro, il mio certificato di nascita e una copia del contratto d’affitto. Questi documenti rivelavano tutto di me, eppure non rivelavano nulla. Rivelavano dov’ero nata. Rivelavano che ero nata il venticinque maggio 1949. Rivelavano quanto ero alta. Rivelavano che la mia pelle e i miei occhi avevano lo stesso colore, marrone, sebbene non chiarissero se avevano la stessa sfumatura. Tutti questi documenti dicevano che mi chiamavo Lucy – Lucy Josephine Potter. Io odiavo tutti e tre questi nomi.

Delitto di Stato, 1972 – Maria Bellonci

Giovedì 26 maggio, per un improvviso cedimento di cardini, la chiudenda del ponte dei Molini si sganciò pericolando nel  lago. Il conte Tommaso alzò quegli occhi freddi e mi ingiunse di andare a chiamare maestro Bernardino. Venisse con i suoi strumenti d’ingegnere in Cancelleria per disegnare i modi dei ripari e spiegarli agli artigiani. Non poteva esimersi, c`era bisogno di tutti. Con la sua solita maniera allusiva mio padre disse che il momento era venuto e si avviò, portando la sua cassetta di strumenti, verso il Palazzo. Io, sebbene affaticato, andai alla mia consueta ricognizione delle barche sotto Castello, al ponte San Giorgio. Mi ricordo bene quella mattina di sole che pareva stregato tra nuvole basse strisciate di colori plumbei che promettevano tempesta.

26 maggio 1937 – Bruno Gambarotta

Doctor Faustus, 1947 – Thomas Mann

Rileggo le righe precedenti e non posso fare a meno di notarvi una certa inquietudine, una certa pesantezza di respiro fin troppo significativa di quello stato d’animo in cui oggi, il 27 maggio 1943, due anni dopo la morte di Leverkühn, vale a dire due anni dopo che da una notte già fonda egli è entrato nella profondissima, io, qui a Freising sull’Isar, nel mio vecchio studiolo, mi accingo a iniziare la biografia dell’infelice amico che – oh possa esser così- riposa in Dio…

27 maggio 1894 + 1 luglio 1961 – Louis-Ferdinand Céline
27 maggio 1902 + 23 marzo 1981 – Erminio Macario

La ragazza di Bube, 1960 – Carlo Cassola

«E ora, signorina, stia bene attenta a come risponde: perché deve dirmi la verità. .. Lei conosce Cappellini Arturo detto Bube? »

«Sì.»

«Lo conosce bene? »

«Certo: è il mio fidanzato. »

«Quanto tempo è che lo conosce?»

«L’ho conosciuto l`anno scorso di questi tempi. No, un po’ dopo… »

«E in che modo vi siete conosciuti? »

«Lui era partigiano insieme a mio fratello Sante, che è stato ammazzato dai tedeschi; e così, dopo il passaggio della guerra, è venuto a conoscere la mia famiglia» Era stato il padre a istruirla così: «Digli che sei sorella di un partigiano caduto; è sempre una cosa che gli fa impressione, a quei brutti musi».

«Quando l’ha visto l’ultima volta? »

«Saranno. .. quindici giorni»

«Mi dica il giorno preciso. »

«Era… di venerdì»

«Venerdì 28 maggio? »

«Sì» rispose Mara.

28 maggio 1839 + 29 novembre 1915 – Luigi Capuana

Fattaccio a Buenos Aires, 1973 – Manuel Puig

AVVENIMENTI PRINCIPALI DELLA VITA DI GLADYS

[…] figlia di Clara Evelia Llanos e di Pedro Alejandro D’Onofrio. Fu concepita nell`alba del 29 maggio 1934, una domenica, dopo una rappresentazione de Il grande dio Brown di Eugene O’Neill al Teatro dell’Universo di Buenos Aires, seguita da dibattito pubblico. […]

Di ritorno a casa Clara Evelia espresse il desiderio di rileggere i suoi maestri Nervo e Darìo; suo marito avrebbe preferito spegnere la luce subito dopo essersi coricato perché erano già le due e mezza del mattino, ma si era ripromesso di non avversare mai sua moglie in situazioni connesse con la poesia. Clara Evelia spense la luce quasi un’ora dopo, Pedro Alejandro dormiva. Clara Evelia si alzò con circospezione e osservò il cielo illuminato in lontananza da deboli lampi. Il progetto di mettersi a scrivere il giorno dopo non si sarebbe realizzato se il tempo fosse stato cattivo. Tornò a coricarsi e non riuscì a evitare l’irruzione di due nomi consacrati che la umiliavano: quelli delle poetesse Juana de Ibarbourou e Alfonsina Storni.

29 maggio 1874 + 14 giugno 1936 – Gilbert Keith Chesterton

Café Suisse e altri luoghi di sosta, 1992 – Beppe Sebaste

Oggi è il 30 maggio, stasera alla televisione c’è la partita Roma-Liverpool. Peccato che dovrò guardarla in francese, se mettessi sul canale italiano gli altri sarebbero furiosi. Il cielo è pieno di nuvole  bianche, la finestra è aperta e guardo la gru immobile. Tutto quello che ho davanti sta per scomparire. Ho buttato giù i foglietti del calendario da tavolo, e ho guardato i giorni svolazzare al rallentatore coi loro numerini rossi. Se ci fosse Suzan sono sicuro che direbbe: «Tu pensi sempre di vivere in un film».

Adesso bevo un bicchiere di latte. È buona l’aria.

30 maggio 1961 – Gianrico Carofiglio

Malina, 1971 – Ingeborg Bachmann

Non posso rispondere a una lettera di un 31 maggio, il numero 31 non si deve assolutamente usare né profanare. Cosa crede questo signore di Monaco? Come può richiamare la mia attenzione sul 31 di maggio! che gli importa del mio 31 maggio! Esco svelta dalla stanza, la signorina Jellinek non deve accorgersi che comincio a piangere, deve catalogare e ordinare, non deve dare proprio nessuna risposta a questo signore. Per tutte le risposte c’è tempo, c’è tempo fin dopo l’estate, in bagno mi viene in mente un’altra volta, io, con una tremenda angoscia, con una fretta pazzesca, scriverò oggi un’altra lettera decisiva, implorante, ma da sola. La signorina Jellinek deve fare il conto delle ore, non ho tempo adesso, ci auguriamo una buona estate. Suona il telefono, ma la signorina Jellinek deve andare. Di nuovo, buona estate! Buone vacanze! Molti saluti al dott.Krawanja, anche se non lo conosco personalmente. Il telefono squilla.

31 maggio 1813 + 26 marzo 1892 – Walt Whitman