Giacomo Leopardi prosatore, con approfondimento sulle “Operette morali”

Pensare a Giacomo Leopardi come ad uno dei maggiori poeti italiani è istintivo e corretto. Ma questo non deve indurci a trascurare la sua produzione in prosa. Non solo perché consta di migliaia di pagine, ma perché, come suggerì egli stesso, fu “nutrice del verso”.

La professoressa Patrizia Truffa propone, con il testo seguente, sintetico ma denso, un primo approccio complessivo alla produzione in prosa di Leopardi e fornisce un quadro dettagliato delle Operette morali, dalla loro genesi alla travagliata fase editoriale, e una guida per districarsi nella varietà stilistica e tematica dei testi e nella loro complessità concettuale. Anche in versione PDF.

Monumento a Giacomo Leopardi nella piazza centrale di Recanati.

LA PROSA LEOPARDIANA

Trascurata a lungo dalla critica, fu invece definita da Leopardi stesso “nutrice del verso”. È un’esperienza complessa per motivazioni, esiti e significati e concerne sia le traduzioni giovanili, sia le Operette Morali, sia lo Zibaldone, sia i Pensieri, sia, infine, l’Epistolario.

Il periodo del silenzio poetico, dal 1824 al 1828, coincide con il miglior periodo per la prosa.

Sono gli anni che coincidono con il primo distacco da Recanati, con la svolta nella concezione leopardiana della Natura, da madre provvida a matrigna (o, meglio, dell’accentuarsi di questa seconda interpretazione forse presente fin dall’inizio anche se riferita all’infelicità individuale di Leopardi stesso), con importanti esperienze di traduttore e di critico.

Zibaldone

4500 pagine scritte tra il 1817 e il 1832. Opera a carattere privato, diario personale, formidabile serbatoio di appunti, riflessioni, pensieri, ricordi, ma, più che archivio, matrice delle invenzioni poetiche di Leopardi. Appunti brevi o ampi, scritti in una prosa già curata o lasciata allo stato di abbozzo, che si dividono sostanzialmente in:

–  riflessioni di carattere filosofico-morale (citazioni di filosofi classici e contemporanei, soprattutto francesi, sono poste a sostegno delle abituali considerazioni sul piacere, le illusioni, la gloria, la morte)-  considerazioni erudite, diretto riflesso delle letture e del percorso culturale leopardiano.

Spesso sono già pagine di effettiva poesia che anticipano immagini, paesaggi, emozioni, riflessioni che poi diverranno vere e proprie poesie o prose delle Operette Morali.

Pensieri

Tratti dallo Zibaldone, forse dopo la sua interruzione, ma sottoposti a rielaborazione formale e pubblicati nel 1945 dal Ranieri. Forse erano parte di un incompiuto volume sui caratteri degli uomini e sulla loro condotta nella società.

Racchiudono, sotto forma di sentenze ed esempi, i concetti tipici del pensiero leopardiano (fama, morte, tempo, noia) ed esprimono quell’atteggiamento di critica nei confronti della società contemporanea tipico dell’ultimo Leopardi (il falso mito del progresso).

Sono annotazioni acute e talora brevissime, interessanti perché in esse si fondono pensiero e vita vissuta, riflessione morale e acuta lettura della realtà. Lo stile è conciso e lineare, spesso impreziosito dal ricorso a figure retoriche (paronomasia, chiasmo…).

Epistolario

Ampia raccolta di lettere, dalla giovinezza alla morte; prediletta forma di comunicazione, confessione al destinatario di avvenimenti, pensieri, umori.

Sono lettere autentiche, non esercizi letterari, centrate sul presente, sincere e fiduciose. Leopardi si rivolge ai familiari (il padre, la sorella Paolina e il fratello Carlo), con toni affettuosi e contengono il resoconto dei viaggi, il ricordo dolce-amaro di Recanati; in altre scrive agli amici (Giordani, il gruppo toscano) con toni caldi e sinceri, ma anche con riflessioni letterarie e giudizi sulla realtà culturale del tempo.

Operette Morali

Tranne due, furono composte tra il 1823 e il 1828, ma progettate da Leopardi fin dal 1819.  I 24 testi rappresentano in tono ironico il pensiero leopardiano, tradotto con grande immediatezza in racconti allegorici.

Leopardi ormai non parla più solo di se stesso, ma denuncia la realtà di sofferenza e infelicità dell’intero universo.

Il problema fondamentale rimane il desiderio di felicità proprio di ciascun vivente (teoria del piacere), ma ogni dialogo, in cui intervengono vari personaggi mitologici, storici o fantastici, illustra un particolare verità ad esso collegata: la vanità del piacere e della gloria; l’assurdo orgoglio degli uomini; il suicidio come liberazione; l’inconsistenza delle illusioni; la noia; il contrasto tra il passato e il presente; l’indifferenza della Natura…

Lo stile è efficacissimo, particolarmente elaborato, ma sempre chiarissimo: vari registri, vari ritmi, gusto teatrale, amore per l’esotico e il favoloso.

Per una miglior consultazione i testi di questo articolo e la tabella soprastante sono proposti anche in formato PDF.

OPERETTE MORALI

  • PROGETTO: risale al 1819-’20: “dialoghi satirici alla maniera di Luciano” in una prosa aggressiva e paradossale, oscillante tra mito e filosofia, ironia e riflessione.
  • 1820 idea prima in una lettera al Giordani “ho immaginato e abbozzato certe prosette satiriche”
  • 1821 nello Zibaldone “ Nei miei dialoghi io cercherò di portar la commedia a quello che finora è stato proprio della tragedia, cioè i vizi dei grandi, i principi fondamentali delle calamità e della miseria umana, gli assurdi della politica, le sconvenienze appartenenti alla morale universale e alla filosofia, l’andamento e lo spirito generale del secolo, la somma delle cose, della società, della civiltà presente, le disgrazie e le rivoluzioni e le condizioni del mondo, i vizi e le infamie  non degli uomini ma dell’uomo, lo stato delle nazioni ecc.”.
  • 1819-’22: inizia a scrivere (acuirsi del pessimismo materialistico, sembra esaurita la fase della poesia)
  • EDIZIONI: sono 24 testi
  • 19 gennaio – 13 dicembre 1824: scrive 20 operette che pubblicherà a Milano presso l’editore Stella nel 1827
  • 1825; 1827; 1832 scrive 5 testi (uno escluso nell’edizione 1845)
  • pubblicati 3 dialoghi nel gennaio 1826 sulla rivista Antologia (poi ristampati sul “Nuovo Ricoglitore”)
  • I edizione Milano 1827, ed. Stella: 20 testi
  • II edizione Firenze 1834, ed Piatti: 22 testi
  • III edizione Napoli, 1835, ed. Starita, interrotta dai Borboni al solo I volume, di poesie
  • 1845, edizione completa postuma in due volumi, a cura di Antonio Ranieri, Firenze, ed. Le Monnier.
  • DEFINIZIONE: Testi in prosa relativamente brevi in cui si serve di miti filosofici in negativo, capaci di offrire immagini vive dell’infelicità dell’uomo, per indagare sul Vero e criticare le illusioni. Miti che tendevano a smentire o rovesciare le forme su cui si basa la vita sociale.
  • MODELLI: Luciano di Samosàta e Platone
  • INTENZIONI:
  • Espressiva: dare alla letteratura italiana un esempio di prosa filosofica, comunicare con uomini degni, amanti del Vero
  • Filosofica: impersonare in queste prose le diverse ragioni della sua filosofia. Riso, sorriso, sogghigno, osservazione, pensiero, meditazione, tutto converge nell’affermazione del male intimo e necessario nell’uomo e nella natura. I motivi della sua ispirazione non tendono però mai ad organizzarsi in un sistema: non è un trattato filosofico, né l’esposizione organica di tutto il pensiero leopardiano (motivi fondamentali sono presenti nello Zibaldone ed assenti qui). È più opera di intonazione poetica: “poesia della mente” (Luigi Russo).
  • STILE: originalissima prosa moderna, misurata, nitida, carica di tensione, tagliente, alterna o interseca cupa amarezza e gioia serena nel guardare le apparenze.
  • MODALITà NARRATIVE: narrazioni, riflessioni teoriche, veri e propri dialoghi. Un solo dialogo sviluppa tra i due interlocutori un vero e proprio scontro drammatico (Natura/Islandese); negli altri non c’è un vero contrasto, antagonismo tra i personaggi. Essi appaiono come figure che svolgono a più voci un’unica trama di discorso psicologico, morale o filosofico.
  • PERSONAGGI: sono gli “uomini tutti”. Repertorio di situazioni, personaggi, voci appartenenti all’immaginario classico (miti della filosofia, storia, cultura, letteratura), ma sospesi in una luce paradossale: sono privati dei loro originari connotati eroici, sono immersi nella banalità e nel tedio della vita quotidiana. È un occhio insieme partecipe e distaccato, sofferente e ironico quello che li osserva, che trova nel dolore la propria capacità di conoscenza e irrisione.
  • VERI PROTAGONISTI sono i concetti – miti: Felicità/Infelicità, Piacere/Male di vivere, Speranza/Disillusione, Amore/Morte, Natura matrigna…
  • TEMI: 1. Svelamento dell’ostilità ed estraneità della natura; 2. Irrisione delle dottrine che mettono l’uomo al centro dell’universo (lucidissime e anticipatrici analisi critiche di molti aspetti della civiltà contemporanea, dalla meccanizzazione al furore con cui si accumulano illusioni e disinganni); 3. Polemica contro ideologie e sistemi sociali che creano ostacoli artificiali alla ricerca della felicità e accrescono la negatività già insita nella condizione naturale.
Nel 1845 esce a Firenze, per i tipi di Le Monnier, l’edizione completa postuma in due volumi delle OPERETTE MORALI di Giacomo Leopardi, a cura dell’amico Antonio Ranieri.
Potete anche giocare in modo interattivo. – Giochi simili e diversi si trovano nella pagina dei passatempi

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