Fratelli coltelli – minigiallo sotto la neve

I raggi del sole mattutino erano deboli, ma il tenue calore scaldava il collo di Marco Fara. Era quel calore piacevole e rassicurante che solo chi ha affrontato un lungo e freddo inverno apprezza. Era il quarto giorno soleggiato dopo diverse nevicate invernali e Marco, come tutti in paese, era contento che finalmente la primavera desse i primi segnali. Percorse la carrareccia guidando con attenzione. Più avanti si trovava il punto in cui la sera prima il vigile, rimasto bloccato, aveva chiamato il rimorchio. I fratelli Bustero – da tutti chiamati “fratelli coltelli” a causa dell’odio che da sempre nutrivano l’uno per l`altro – erano troppo vecchi per pulire la stradina e non avrebbero mai pagato nessuno per farlo. Niente di strano per la gente del posto, ma la diramazione era lunga e una forte nevicata sarebbe bastata a isolare i due fratelli per molto tempo, almeno fino a quando un vicino gentile non avesse utilizzato un trattore e il necessario per sgombrare la strada. Era stato proprio uno dei vicini a trovare Pietro morto il pomeriggio precedente nella sua cucina accanto alla stufa a legna. Marco riuscì a farsi strada tra la macchina della polizia municipale e il carro attrezzi, poi si fermò qualche minuto a osservare la casa dei Bustero, stupito da ciò che l’odio aveva prodotto. Le due ali della casa a un piano erano collegate da uno stretto passaggio e divise da quella che un tempo era stata l’entrata principale, ma che ora era a mala pena visibile, nascosta dietro una montagna di legna per il fuoco. La catasta di legna, precisamente divisa in due parti da una vecchia e arrugginita lastra di lamiera, si allungava in entrambe le direzioni, riempiendo parzialmente il porticato esterno. Doveva essere stato fatto uno sforzo significativo per differenziare le due metà della casa. Quella di sinistra – di Pietro – era stata pitturata di un giallo ormai sbiadito. La metà di Paolo Bustero era invece blu. Pietro aveva le serrande, Paolo no. Sebbene entrambe le case avessero vasi di fiori sulle finestre anteriori, dalla parte di Pietro uno era rotto; quelli di Paolo erano più nuovi e grandi. Il tetto, ricoperto delle stesse “lose” grigie usate per lastricare il cortile, dalla parte di Paolo era ravvivato da girandola. Il tetto dalla parte di Pietro, coperto di neve, non aveva nessun ornamento. Da entrambe le parti si ergevano due comignoli di mattoni di identica altezza e forma, ma mentre quello di Pietro supportava un’antenna televisiva arrugginita, quello di Paolo era dotato di un impianto satellitare. I “giovani Bustero”, con soli due anni di differenza, un tempo erano stati inseparabili, mai loro rapporti si erano logorati a causa della spartizione dell’eredità  del loro padre vedovo. Per Marco quella storia risaliva a tempi molto lontani: prima ancora di finire il liceo, perché si ricordava la prima volta che aveva percorso quel sentiero da adolescente per consegnare un pacco del negozio di suo padre. A quel tempo i fratelli Bustero erano già una leggenda locale. Adesso, dopo tutti quegli anni di odio, i due erano stati divisi una volta per tutte. «Per me si tratta di morte per causa naturale – gli disse la guardia municipale che era rimasta bloccata lì la sera prima – Non ho visto alcun segno di violenza. Niente sul corpo, beh, niente di evidente. L’ho già fatto trasportare da Vaccori”. Antonio Vaccori era il proprietario locale di un’impresa di pompe funebri. Il corpo di Pietro era stato trasportato lì in attesa che gli inquirenti decidessero se effettuare o meno l’autopsia. Marco tacque contrariato, spostare il corpo prima di un minimo di indagine era stata una sciocchezza. Convinto che ormai la scena del decesso fosse alterata, decise di sentire il fratello del morto. La porta della casa dalla parte di Paolo si aprì non appena Marco sollevò il pugno per bussare. “Cosa vuole lei qui?” Paolo Bustero era un uomo corpulento. Nonostante fosse vecchio, bloccava il passaggio della porta con la sua presenza vigorosa. Anche la sua voce era forte. “Allora … – il vecchio stava per infuriarsi, ma tutto a un tratto si fece avanti con la testa – Tu… tu sei il figlio del droghiere, non è vero? Mio Dio, assomigli a tua madre. Che ci fai qui?” ”Ora sono un agente di polizia, signor Bustero”. ”Un poliziotto! Un cucciolo come te! Bene, bene. Tua madre… ne sarà orgogliosa. È meglio se entri.” Paolo si voltò bruscamente lasciando libero il passaggio e Marco lo seguì in cucina, dove Paolo stava già infilando un pezzo di legna nella stufa. Per Marco faceva già troppo caldo in quella stanza. ”Sembrerebbe che il freddo debba finire oggi, con questo sole – disse Paolo per cominciare la conversazione – Per la prima volta dopo molto tempo.” Si passò le mani sui pantaloni e si lasciò cadere su una sedia. Marco Fara era rimasto con imbarazzo vicino alla porta. “Siediti – l’uomo indicò una sedia vicino al tavolo della cucina – suppongo che tu sia qui per Pietro. Beh, io non posso dirti niente. Il vecchio pazzo è morto, questo è tutto quello che so. Non l`ho visto per mesi, probabilmente dallo scorso autunno. E non ne avevo nessuna intenzione. Quando esco, guardo prima fuori e se lui è lì, io rimango in casa. Lui fa lo stesso e così si va avanti. Però lo sento, è così maledettamente rumoroso. Come la notte prima della scorsa, quando metteva la legna nella stufa. E sbatteva le porte! Si è sempre comportato come se vivesse in una stalla. È stata colpa sua, lo sai, quella storia dell’eredità. Credo che tu la conosca. Tua madre deve avertela raccontata. Anche lei l’aveva capito.” Marco interrogò Paolo per circa un’ora, sorpreso di quanto quell`uomo fosse loquace, ma evasivo. Più tardi. mentre usciva dal sentiero guidando con attenzione tra le auto, si chiese come mai non avesse detto a Paolo che sua madre era morta l’anno prima. Si chiese anche cosa Paolo pensasse che sua madre avesse capito riguardo alla storia dell’eredità. Guardò ancora una volta le case gemelle, ma diverse, raggiunse l’auto e si diresse verso la città. Ora era sicuro che avrebbe richiesto l’autopsia, perché c’era qualcosa nella testimonianza di Paolo che non quadrava.

Che cosa non ha convinto Marco Fara?

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