Due angeli per la Pasquetta a Colpastore

Finita la Grande Guerra si sentiva il bisogno di ricordare ed onorare le tante vittime di quella immane carneficina. Don Domenico Ponzo, di Candiolo, cappellano della borgata Colombé di Trana saliva spesso sulla vicina collina di Colpastore, uno dei migliori punti panoramici per abbracciare con lo sguardo l’intera Val Sangone. Erigere un mausoleo ai Caduti in quel luogo aereo visibile da ogni angolo della valle divenne una missione a cui si dedicò anima e corpo, investendo i suoi averi[i] e mobilitando numerosi benefattori, dal canonico Beniamino Ughetto Barolà alle famiglie della borgata e della vallata. Raccolti i fondi, il tempietto, in stile romanico-bizantino, venne eretto in pochi mesi e benedetto il 12 ottobre 1919 dal prevosto della collegiata San Lorenzo di Giaveno, monsignor Antonio Delbosco, alla presenza delle autorità e di una gran folla di popolo. Sulle pareti interne vennero applicate circa trecentocinquanta tavolette di marmo bianco che recano scolpito il nome dei Caduti appartenenti ai comuni di Giaveno, Coazze, Valgioie, Trana, Sangano, Bruino, Rea­no, Villarbasse e Candiolo; sul coronamento esterno si vedono bombarde e proietti di grosso e di piccolo calibro e trofei bellici, donati dal Ministero della Guerra. Poiché, come dimostrano i conflitti tuttora in corso e le cruente immagini dell’Ucraina martoriata, la follia della guerra è un male endemico nel genere umano, sono stati aggiunti i caduti della Seconda Guerra Mondiale, dei dispersi in Russia ed in mare e degli gli internati che non hanno fatto ritorno dai campi. Successivamente sono state collocate le lapidi del fondatore don Ponzo e del sergente maggiore elicotterista sanganese Marco Matta, caduto in missione di pace nella ex-Jugoslavia, il 7 gennaio 1992.


[i] In una lettera al Podestà di Sangano, del 7 marzo 1928 il Prefetto sollecita un contributo perché Don Ponzo, vecchio e ritiratosi presso l’Istituto per le Missioni della Consolata, è riuscito a coprire, pur dando fondo ai suoi averi, solo metà delle 60.000 lire spese per il monumento costruito dieci anni prima.

L’Angelo della Pace arriva da Fatima

Don Ponzo volle dedicare il mausoleo all’Angelo della Pace. Con queste parole “Non temete, sono l’Angelo della pace; pregate con me” si era presentato il “giovane splendente di luce” ai pastorelli di Fatima in Portogallo tre anni prima, nella primavera del 1916, mentre in Europa si stava combattendo la Grande Guerra e i morti si contavano già a centinaia di migliaia. Lucia, Francesco e Giacinta riferirono che mentre erano al pascolo sulla collina di Cabeço, videro in lontananza un giovane splendente, come se fosse di luce, che si avvicinava. E quando fu vicino disse: “Non temete, sono l’Angelo della pace; pregate con me”. E inginocchiato piegando la fronte fino a terra pregò per tre volte: “ Dio mio, io credo, adoro, spero e Vi amo. E Vi domando perdono per coloro che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano”. Poi disse loro: “Pregate così. I cuori di Gesù e Maria ascoltano la voce delle vostre suppliche”. Poi scomparve. Francesco vide l’apparizione ma non udì le parole, che gli furono riferite da Lucia e Giacinta. L’angelo apparve ancora nell’estate, presso il pozzo dell’orto di casa e disse esplicitamente “Offrite senza cessare preghiere e sacrifici all’Altissimo. In tutto ciò in cui vi è possibile offrite a Dio un sacrificio in atto di riparazione per i peccati da cui è offeso e in atto di supplica per la conversione dei peccatori. In questo modo voi attirerete la pace sulla vostra patria. Io sono l’Angelo Custode, l’Angelo del Portogallo”.   In un’ultima apparizione, in autunno, l’angelo offre ai tre bambini un’ostia da cui gocciola sangue dicendo: “Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro crimini e consolate il Vostro Dio”. Un riferimento esplicito alle vittime che la guerra stava accumulando, un’identificazione di Cristo nei corpi massacrati nelle trincee?

Ritratto di Lucia dos Santos e Francisco e Jacinta Marto, i pastorelli di Fatima. Le tre apparizioni dell’Angelo, autodefinitosi “della Pace”, costituiscono il “ciclo angelico”, propedeutico alle apparizioni della Madonna, iniziate l’anno dopo, il 13 maggio 1917. Lucia si fece suora e visse fino al 13 febbraio 2005, i due cuginetti morirono precocemente per l’influenza spagnola nel 1919 e nel 1920.
Foto tratta da Giaveno e dintorni di Don Pio Rolla, che così presenta l’opera: Monumento ai caduti (altitudine m. 500). — Sul colle più elevato della Frazione di Colpastore, sorge l’artistico Tempietto innalzato alla memoria dei Caduti nella grande guerra, che infuriò per tre lunghi anni spargendo rovine e sangue su tutta l’Europa.
Questo colle, verde di boschi, dalla sua spianata offre allo sguardo di chi vi sale, uno dei più splendidi panorami del nostro Piemonte. Tutta la bella conca di Giaveno, tutti i Paesi che la costellano, i Laghi di Avigliana, le cime nevose della Levanna e della Ciamarella, la punta del Rocciamelone, le Prealpi dal Musine ai Tre Denti, si vedono come in un quadro fantastico da questa punta di Colpastore e, dove la valle si apre verso la pianura, Torino, dominata dalla maestosa Basilica di Superga, chiude il quadro meravigliosamente suggestivo.
Quivi, confine tra i Comuni di Giaveno e Trana, fu eretta la Cappella-Monumento perchè, nella celebrazione della pace vittoriosa, restasse un ricordo perenne dei Soldati Caduti nella guerra 1915-18 appartenenti ai Comuni di Giaveno, Coazze, Valgioie, Trana, Sangano, Bruino, Reano, Villarbasse, Candiolo.

Il Tempietto è dedicato all’Angelo della Pace, che consola i vivi e suffraga i morti: Angelo Pacis pro vivis et defunctis, è il motto che si legge sul suo frontale.
Le invocazioni all’Angelo della Pace sull’arco d’ingresso al tempietto.
Sopra l’altare si libra la bella statua dell’Angelo, in atto di offrire il ramo d’olivo, simbolo della pace. Alle pareti erano state applicate 350 tavolette di marmo bianco portanti scolpito il nome dei Caduti della Prima Guerra Mondiale, il luogo di nascita e di morte. Ad esse si sono aggiunte quelle dei caduti, dispersi, deportati delle guerre successive. Fotografia di Elio Pallard.

Prevale l’Angelo di Pasquetta

Ma quando viene eretto il mausoleo di Colpastore la guerra è finita e ben presto la devozione popolare opera una sorta di sincretismo, all’angelo della pace sovrappone l’angelo dei Vangeli che, di bianco vestito e seduto accanto al sepolcro aperto, comunicò alle pie donne la resurrezione di Cristo, il giorno dopo Pasqua. Un giorno tradizionalmente dedicato alle gite fuori porta, ai picnic in campagna. I prati alberati che degradano dalla collina del tempietto di Colpastore, erbosi e panoramici, sono perfetti per una scampagnata e il lunedì dell’Angelo diventa la festa che raduna tante persone, che abbinano la commemorazione dei caduti alla classica gita di Pasquetta.

La commemorazione del 2019, ultima prima del Covid. Foto di Elio Pallard.


Il Gruppo Alpini Giaveno – Valgioie organizza da anni la commemorazione di Pasquetta all’Angelo della Pace, che vede ogni anno uno dei 9 comuni che hanno i Caduti ricordati nel mausoleo fare da capofila. Dopo la interruzione per Covid, quest’anno si torna sul colle, con la S. Messa celebrata alle 10,30 dal Rettore del Santuario del Selvaggio padre Natanaele. Prima della nuova sede gli Alpini organizzavano un ristoro presso il tempietto, da diversi anni il tradizionale pranzo di Pasquetta si svolge presso la loro sede in via Caduti sul Lavoro.

Lunedì o domenica dell’Angelo?

Nel calendario liturgico cattolico è chiamato “lunedì dell’Ottava di Pasqua”, in maniera meno formale è detto “lunedì dell’angelo” con riferimento all’episodio in cui un angelo comunica alle donne recatesi al sepolcro di Cristo, che Egli è risorto. Nei vangeli si fa riferimento al giorno dopo la Pasqua ebraica, che cadeva di sabato, o al “primo giorno della settimana”, che per gli Ebrei equivaleva alla nostra domenica. La liturgia cristiana celebrando di domenica la Pasqua di Resurrezione ha spostato al lunedì l’annuncio dell’angelo. Pur non essendo una festa di precetto, nel dopoguerra lo stato italiano lo ha dichiarato festivo. Come per Santo Stefano dopo Natale, per prolungare e rendere più godibile la solennità precedente.

La tradizione, in Italia, vuole che il Lunedì dell’Angelo o Pasquetta si trascorra con la famiglia o con gli amici all’aperto facendo la tradizionale scampagnata o la gita fuori porta, per approfittare delle prime giornate di sole per scaldarsi e godere dei primi, piacevoli tepori primaverili. C’è anche un’interpretazione religiosa data a questa tradizione di fare scampagnate: l’intento sarebbe quello di ricordare i discepoli diretti verso Emmaus. Il giorno stesso della Resurrezione, infatti, Gesù sarebbe apparso ai due uomini in cammino verso Emmaus a pochi chilometri di distanza da Gerusalemme. Ricordando quello stesso viaggio, quindi, sarebbe nata la tradizione di fare una passeggiata fuori città. Così Luca riporta il primo manifestarsi di Cristo risorto ai suoi discepoli:

Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?»

Sul retro della “Maestà” di Duccio da Boninsegna del Duomo di Siena sono dipinti riquadri con episodi evangelici. In uno si fa riferimento all’episodio in cui alle pie donne che si recano al sepolcro di Cristo per l’imbalsamazione un angelo comunica la resurrezione e l’invito a propagare la notizia: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto” (Mc 16,1-7). … Ora andate ad annunciare questa notizia agli Apostoli”.
Il tempietto appartiene alla Città di Giaveno dal 2010, gliel’ha ceduto l’Associazione Comunità  Colpastorese che l’aveva acquistato dagli eredi di Don Domenico Ponzo nel 1983.
La fotografia col drone di Federico Dovis consente di apprezzare quanto sia panoramico il colle dove sorge l’Angelo della Pace, un vero balcone su tutta la val Sangone incoronata di montagne.

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