Don Giacinto Masera: 90 66 48

Non è un terno da giocare al lotto, sono i numeri che scandiscono il cammino del “prevòst”. Novant’anni sono passati dalla nascita di Don Giacinto a Caselle il 7 maggio 1931, sessantasei da quando nel 1955 è stato ordinato sacerdote e per quarantotto è stato parroco di Coazze, senza contare quelli trascorsi da “parroco emerito”, quando nonostante i problemi di salute ha voluto continuare a dare una mano al suo successore, Padre Vladimiro Robak. Altri numeri si potrebbero aggiungere, gli oltre vent’anni di presidenza della locale sezione CAI, i sette da cittadino onorario di Coazze. Il paese, a cui Don Masera si è legato in modo totale, nel 2014 in occasione del 50° anniversario del suo arrivo gli ha attribuito la cittadinanza onoraria, che non era mai stata concessa ad altri prima di lui. Purtroppo c’è un numero più piccolo da aggiungere ai precedenti, quello degli anni che Don Masera sta trascorrendo nella Casa di Riposo Silvana Ramello a Giaveno. Pensare ad un uomo così socievole, al suo sorriso affabile rinchiuso nell’isolamento imposto dal Covid fa star male chi ha conosciuto il suo amore per Coazze e le sue montagne. Un bel regalo di compleanno sarebbe la possibilità di riaprire le RSA al contatto umano. Anche se sarà impossibile ricambiare veramente tutto il bene che in oltre cinquant’anni di totale dedizione ha dato ai coazzesi.

6 dicembre 1964: Don Giacinto Masera viene accolto dai coazzesi. Con i genitori e il Sindaco Leo Giorcelli si sta recando in Chiesa, In primo piano a sinistra il vescovo ausiliario di Torino Monsignor Bottino e a destra Don Giuseppe Viotti, parroco di Forno. (Foto donata da Rosina Giorcelli e tratta dal libro “Coazze come eravamo” edito dalla Pro Loco e dall’Ecomuseo di Coazze), Del suo ingresso c’è il filmato postato su Facebook da Pinuccio Rosa Brusin. Non c’è audio, le immagini hanno il ritmo saltellante e un po’ sfocato della cinepresa di un tempo, ma è un documento prezioso.

6 dicembre 2014: In un palafeste gremito vengono festeggiati i 50 anni di Don Masera a Coazze. Il parroco emerito riceve nell’occasione la cittadinanza onoraria. In fondo a destra Padre Vladimiro Robak che gli è succeduto. Nell’occasione è stato proiettato questo filmato.

Lu prevòst

Visto che la Parrocchia di Coazze va oltre i confini amministrativi e comprende l’intera borgata Selvaggio, il libro “Giaveno e i suoi protagonisti” mi aveva offerto l’occasione per una lunga chiacchierata con Don Masera, riassunta nell’intervista che voglio riportare, anche se datata 2005, perché riflette bene lo spirito di collaborazione e la disponibilità che lo ha sempre caratterizzato. 

Giaveno e i suoi protagonisti, Aghepos 2006

Da oltre quarant’anni il sorriso mite di don Giacinto Masera, “lu prevòst” come gli piace sentirsi chiamare nel dialetto locale, si posa sui coazzesi e riverbera anche sui giavenesi di Selvaggio.

– Il Comune di Giaveno arriva fino alla “Arià” del Selvaggio e comprende anche il Santuario di Nostra Signora di Lourdes, ma i confini della mia parrocchia di Santa Maria del Pino non seguono quelli comunali e amministrativi e comprendono tutte le borgate di Selvaggio, fino a quella di Bergeretti compresa. Fin dal 1600 c’era una chiesetta al Selvaggio, ma fu Monsignor Carlo Bovero a dare una svolta promuovendo l’ampliamento della chiesa, che fu consacrata nel 1909 dal Cardinal Richelmy, che rese autonomo il santuario affidandolo ad un cappellano locale. Anche oggi il santuario, che nel 1926 venne consacrato nella forma architettonica attuale, è retto autonomamente da Padre Vladimiro Robak, subentrato al lungo rettorato del canonico Ugo Saroglia. Don Saroglia era rettore da dodici anni quando sono arrivato a Coazze nel 1964 e mi ha sempre colpito per le sue doti di predicatore e per la sua umanità. Sotto di lui il Santuario di Selvaggio è diventato un complesso accogliente e famoso, grazie anche all’aiuto di due angeli che Dio gli aveva messo accanto, Suor Maria Maselli ed Elsa Brarda, che molto lo hanno aiutato.

“Oggi che i collegamenti con Giaveno sono più diretti, i parrocchiani di Selvaggio gravitano ancora su Coazze?”

– Anche se dei selvaggesi si dice “da vivi a Giaveno e da morti a Coazze”, devo dire che il loro legame con Coazze è sentito anche” da vivi”. Naturalmente per le funzioni si riferiscono al loro Santuario, ma come parrocchia gestisco la catechesi, le Prime Comunioni ed altri momenti di vita liturgica molto partecipata, non solo i funerali,  per fortuna!

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