“Col da Rùsa”: vecchia frontiera, nuova frontiera

Con un’oretta di cammino lungo la pista carrabile che sale da Forno si raggiunge la testata della Valle del torrente Sangone. Oltre la zona boschiva, la valle si apre in un verde anfiteatro di pascoli, incupiti da macchie di rododendri e striati sul ripido fianco sinistro da sciami di pietraie, avvolte dal verde dei larici che circondano villa Sertorio. Questa palazzina, costruita prima della Grande Guerra sull’altra sponda del Sangone, fu tenuta di caccia dei Sertorio, i proprietari dell’omonima cartiera. Dopo la liquidazione dello stabilimento è stata comprata e restaurata dalla Comunità Montana Val Sangone ed è ora un rifugio collegato a “Fontana Mura”. Il sentiero prosegue attraverso i prati irrigui degli alpeggi ”Sellerí”, i cui due nuclei s’intravedono sulla destra, separati dal rio Costabruna e dal poderoso mammellone erboso del “Trüch du fort”, la cui sommità è frangiata dai ruderi del forte San Moritio, eretto nel XVII secolo a difesa della valle. Dal forte si ammira la testata della Val Sangone, cinta dal sinuoso profilo della dorsale spartiacque del Chisone che si eleva nelle vette dell’Uia, della Porta Sarasina e della Bocciarda, ammorbidendosi poi nei 2017 metri del Colle della Roussa, raggiungibile in mezz’ora di erto cammino dalle baite del Sellerì Superiore. Sulla destra di questo alpeggio, ai piedi del monte Bocciarda, sgorga fra grigie pietraie e macchie di rododendri la Fontana Nera (Funtëńa mùra). Qui, a 1754 metri di altitudine, nasce il Sangone. Dal “Col da Rùsa”, segnato da un pilone votivo dedicato all’Immacolata, ci si affaccia su Roreto Chisone (Roure), ma ad attrarre lo sguardo è l’inconfondibile cuspide del Monviso che giganteggia in lontananza sul bianco, frangiato merletto delle Cozie meridionali. La festa del colle si celebra il 16 agosto, giorno di San Rocco, forse l’antico dedicatario del pilone. Attualmente il Colle della Roussa è solo una meta turistica di facile accesso, la cui quiete montana è sottolineata, più che non disturbata, dal tintinnare dei campanacci e dal fluire del nascente Sangone. Ma in passato il valico ebbe notevole importanza, poiché la sua agibilità ne fece un passaggio obbligato per i coazzesi che si recavano agli alpeggi ed ai mercati della Val Chisone o che cercavano lavoro in Francia.

Dietro le arnie si intravede l’alpeggio Sellerì superiore e il rifugio Fontana Mura e a chiudere il caratteristico profilo del Colle della Roussa, 2017 metri s.l.m.. (Foto Guido Ostorero)
Dal Colle lo sguardo spazia sull’alta val Sangone, tra le balze erbose si vedono gli edifici del Sellerì superiore e il Trüch du fort, sullo sfondo la bassa valle.
Il pilone del Col da Rùsa sorge su un rilievo accanto al valico. È dedicato all’Immacolata, ma la festa si svolge il giorno di San Rocco, il 16 agosto. Come quello di Pian Gurài ha una struttura a capanna, in modo da offrire un minimo di riparo. Utile in una zona che non offre altra protezione all’escursionista. (Foto di Bartolomeo Vanzetti)

Vecchia frontiera

Fino al 1713 (Trattato di Utrecht) fu valico di frontiera e ricorrentemente gli abitanti della Val Sangone lo presidiarono nel timore di invasioni. Forse vi si affacciarono i Saraceni (vedi la vicina Pòrta Saraʃìńa) quando nel X secolo invasero la Francia meridionale e alcune valli piemontesi. Valicato sul finire del XVI secolo dai francesi del Lesdiguières, venne fortificato nel 1628 ad opera dell’architetto militare Tommaso Stasio di Lugano, alle dipendenze dell’ingegnere ducale Carlo Della Porta – Castellamonte, che costruì nei pressi il citato fortino di San Moritio. Il baluardo venne distrutto nel 1630 dal duca di Montmorency (forse bombardato dall’alto, stando al nome di “Rocce dei Mortai” dato al bastione roccioso che, poco sotto il colle, fa da contrafforte al monte Ila), che poi occupò e saccheggiò Giaveno. Con la pace di Utrecht del 1713 la val Chisone divenne interamente sabauda e il colle della Roussa cessò d’essere valico di frontiera e diminuì la sua importanza strategica. Vedrà ancora passare le truppe austro – sabaude che fermeranno i francesi all’Assietta, quelle della Francia repubblicana nel 1799 ed i rastrellatori nazifascisti nel 1944; poi, trascurato dalle moderne vie di comunicazione, sulle sue pendici pascoleranno gli armenti dei due alpeggi Sellerì, disturbati solo dagli escursionisti e dai fischi delle marmotte.

Le baite dell’Alpeggio “Sellerì d’Amuń” in una cartolina d’epoca.

Nuova frontiera

Dal 1° agosto 2015 ai piedi del colle, accanto all’alpeggio ristrutturato, un edificio, rustico di pietra e bello di fioriture, è diventato il rifugio “Fontana Mura”. Due architetti trentenni, Claudia Fea e Fabrizio Marino, hanno lasciato un impiego sicuro in Germania per lanciarsi in una nuova avventura, condottieri in battaglia contro il degrado e l’abbandono della montagna. In quest’angolo appartato hanno portato un turismo di qualità. Stanno dimostrando che la montagna ha risorse da offrire sia a chi vi lavora, sia a chi la visita con consapevolezza. Hanno intuito che accanto ai turisti quattroruote, che fanno grigliate a bordo strada e segnano il territorio con cumuli di rifiuti, sta crescendo una cultura del rispetto, escursionisti che a piedi o in bici cercano la genuinità non solo enogastronomica, ma ambientale. Hanno capito che in un mondo che corre la lentezza è un valore. Salire a Fontana Mura  è una fatica appagante, si attraversa la biodiversità altimetrica, si attraversa la storia, si assapora l’aria pura e un cibo sostanzioso. Le orde guerriere che in passato hanno valicato il colle hanno portato saccheggi e rovine, oggi vi arrivano turisti  sempre più consapevoli, attirati da quest’angolo di montagna dove sono stati investiti denari pubblici con lungimiranza. Comune di Coazze, Comunità Montana Val Sangone e Parco Orsiera-Rocciavré hanno, nel tempo, recuperato all’attività tradizionale due alpeggi e riconvertito alla ricettività turistica la Palazzina Sertorio e una parte dell’alpeggio superiore. Speriamo che questo circolo virtuoso di investimenti pubblici e laboriosità privata non si interrompa. Quassù il turismo di massa farebbe solo danni.  Raggiungere il Colle della Roussa è impegnativo, come impegnativo è il cëvrìń, un formaggio d’eccellenza, che non  è per tutti i palati.

Claudia e Fabrizio nel 2020 hanno aggiunto al Rifugio “Fontana mura” la gestione della Palazzina Sertorio.
Veduta invernale dell’alpeggio e del rifugio, aperto anche d’inverno. Conviene sempre informarsi prima di partire ed eventualmente prenotare. (Fotografia di Bartolomeo Vanzetti)

Commenti e ricordi

Mauro Minola Il forte di San Moritio venne realizzato a partire dal 7 giugno 1628 e fu opera dell’architetto militare Tommaso Stasio di Lugano, alle dipendenze di Carlo di Castellamonte. Non venne mai bombardato dalle Rocce dei Mortai, perché questo toponimo era il secondo nome del forte Rocca dei Mortai, storpiato da un topografo del IGM nell’Ottocento. I dati storici non aggiornati provengono di sicuro dal cartellone, errato, posto dal Parco Alpi Cozie vicino al forte. Consiglio di approfondire con le ricerche aggiornate che ho pubblicato sulla Rivista Segusium. Per tre anni, dal 2018 al 2020, presso il forte e il rifugio Fontana Mura si sono svolte le rievocazioni storiche dedicate alle vicende del forte tra 1628 e 1630.

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