La professoressa Patrizia Truffa ha tenuto un corso su I promessi sposi, presso l’Università della Terza Età di Giaveno e Alta Valsangone nell’anno accademico 2023-2024. Le diapositive che hanno fatto da base alla sua trattazione sono qui riportate in formato PDF.
2a lezione: Personaggi dei Promessi Sposi, i rapporti e i ritratti – Renzo e Lucia “nuovi eroi”. PDF
3a lezione: I “cattivi” e i “vili” nei Promessi Sposi. PDF
4a lezione: La Chiesa cattolica del ‘600 nei Promessi Sposi. PDF
5a lezione: Carestia, guerra e peste. Il finale de I promessi sposi. PDF

In questa pagina, oltre ai link agli altri articoli del sito su questi argomenti, trovate approfondimenti su Alessandro Manzoni, la sua vita e le sue opere con particolare attenzione ai Promessi Sposi.
Un uomo e la sua epoca, Momenti della vita di Manzoni, La poetica del vero e dell’utile, Le opere: poesia – teatro – narrativa – saggistica, La famiglia di Manzoni.
Un uomo e la sua epoca
(a cura della Professoressa Patrizia Truffa)
•La famiglia di origine: Giulia Beccaria e Pietro Manzoni (o Giovanni Verri?). I due matrimoni: Enrichetta e Teresa. Il carattere riservato di Manzoni non gli impedì di essere circondato da numerosi e fedeli amici che collaborarono alle revisioni delle opere e che lui accolse sempre con liberalità.
•Gli studi e gli incontri: i collegi religiosi lo formarono dal punto di vista intellettuale, ma lo allontanarono dalla religione con eccessi di formalismo.
•Parigi e il mondo degli intellettuali in cui vive. I valori dell’illuminismo. L’interesse per la storia e per la realtà del suo tempo. Il primo approccio ad un genere letterario europeo ancora in gestazione: il romanzo (W. Scott, S. Richardson, J.J. Rousseau).
•La riscoperta della fede cristiana, anche attraverso la conoscenza del giansenismo che ispirava molti amici francesi. È una fede che si interroga sul male e sul dolore; che nutre grande fiducia in Dio; che preferisce la Chiesa militante al servizio degli umili. È una fede salda, ma critica, che respinge il potere temporale e il legame Trono-Altare.
•Gli ideali: profonda coscienza etica, rispetto della verità, rifiuto di ogni servilismo; fraternità e giustizia. Giudizio pessimistico sulla storia. Il cristianesimo riscoperto dà concretezza e profondità agli ideali dell’Illuminismo.
•Il ruolo di Manzoni rispetto al suo tempo: Manzoni non si illudeva sulla politica, ma si impegnò sempre a migliorare la realtà in cui si trovò ad operare (sia come cattolico-liberale per favorire il progetto risorgimentale di unificazione e liberazione, sia come autore di importanti saggi linguistici e progetti per un vocabolario in una realtà italiana che non possedeva una lingua comune (se non aulica e letteraria), sia nell’attività come senatore del Regno d’Italia).
Momenti della vita di Manzoni
(a cura della Professoressa Patrizia Truffa)
•1785 Nasce a Milano da Giulia Beccaria e il conte Pietro (in realtà il padre era Giovanni Verri). Studia dai padri Somaschi e Barnabiti. La madre si separa dal marito e si trasferisce a Parigi con il conte Carlo Imbonati.
•1805-1809 Alessandro raggiunge la madre a Parigi. Frequenta i circoli degli intellettuali illuministi animati da ideali liberali e repubblicani. Conosce lo storico Claude Fauriel. Nel 1807 sposa Enrichetta Blondel, l’angelica creatura, da cui avrà 10 figli.
•1810-1820 Nel 1810 Manzoni porta a compimento la sua riscoperta della religione cattolica («conversione»). Come segno della ritrovata fede scrive gli Inni sacri, in versi, in cui si distacca dal Neoclassicismo e dalla mitologia pagana, avviando una poesia più legata alla realtà degli umili, meno retorica e aulica.
•1821-1827 Dopo aver pubblicato la prima tragedia e iniziato la seconda, dal 1821 al 1823 porta a termine il Fermo e Lucia, prima stesura del romanzo. Nel 1827 esce la prima edizione de I promessi sposi, in 3 volumi, detta «ventisettana». Subito inizia a correggerla (il lavoro durerà 10 anni, anche se il soggiorno a Firenze si protrarrà solo per un mese).
•1830-1842 Nasce Matilde, l’ultima figlia, ma nel 1833 muore la moglie Enrichetta e l’anno seguente Giulia, la primogenita. Nel 1837 M. si risposa con Teresa Borri vedova Stampa. Nel 1840 escono le prime dispense dell’edizione definitiva del romanzo (quarantana) con le illustrazioni di Francesco Gonin. Grave fallimento economico per Manzoni.
•1843-1859 Pur non partecipando attivamente alla vita politica, ha una posizione critica contro l’Austria e firma l’appello dei Milanesi a Carlo Alberto. Pubblica l’ode Marzo 1821. Continua gli studi linguistici e conosce il filosofo Antonio Rosmini, cui dedica il dialogo Dell’invenzione, 1850. Si distacca dalla scrittura di invenzione verso una scrittura «di verità».
•1860-1873 Stimato in Italia e in Europa, diviene presidente dell’Istituto Lombardo di Scienze e Arti e poi Senatore del Regno: appoggia la legge per proclamare Vittorio Emanuele II re d’Italia ed è favorevole a Roma capitale, con scandalo dei cattolici reazionari.
•Muore il 22 maggio 1873. Verdi, Messa da requiem, 1874.
La poetica del vero e dell’utile
(a cura della Professoressa Patrizia Truffa)
•La visione della vita di Manzoni è vicina alle idee e alle speranze della borghesia cattolico-liberale del primo Risorgimento, mentre l’impegno intellettuale e artistico che lo guida alla creazione del primo romanzo italiano è ben più moderno ed avanzato.
•Quando Manzoni inizia a scrivere il romanzo non ha dietro di sé alcun modello cui ispirarsi: la letteratura italiana è troppo aristocratica (Foscolo) e i grandi romanzieri europei, francesi e russi, devono ancora produrre quasi tutte le loro opere.
•Manzoni concepisce la letteratura come impegno morale, civile e sociale; come messaggio denso di contenuti moralmente elevati e capace di raggiungere una fascia sempre più ampia di lettori.
•Manzoni aderisce alla linea realistica e oggettiva del Romanticismo: vuole scrivere un romanzo storico che colga i vari aspetti della natura umana in rapporto alla società, alla morale e alla religione, offrendo insegnamenti duraturi. I protagonisti non sono più i potenti, ma gli umili, quindi i valori risultano ribaltati in chiave evangelica.
•L’obiettivo di Manzoni: scrivere un’opera vera, utile, interessante.
•Per questo dovrà servirsi di una lingua nuova (il fiorentino parlato dalle persone colte) che riassuma in sé i caratteri della lingua letteraria e di quella parlata, una lingua che divenga il mezzo di comunicazione della nazione che sta nascendo.
Le opere: poesia, teatro, narrativa, saggistica
OPERE GIOVANILI | |
Autoritratto (1801), A Francesco Lomonaco (1802), Alla Musa (1802), Alla sua donna (1802), In morte di Carlo Imbonati (1805-1806), A Parteneide (1809), I sermoni (1802-1804). | |
Poemetti: | 1) Del trionfo della libertà (1801), 2) Adda (1803), 3) Urania (1809), 4) La vaccina (1809) |
DOPO LA CONVERSIONE (1810) | |
Inni sacri | La Risurrezione (1812), Il Nome di Maria (1812-1813), Il Natale (1813), La Passione (1814-1815), La Pentecoste (1822) |
Odi civili | Aprile 1814 (1814-1821), Il proclama di Rimini (1815), Marzo 1821 (1821), Il cinque maggio (1821) |
Epigrammi, scherzi e complimenti: L’ira di Apollo (1816) | |
Tragedie | Il Conte di Carmagnola (1816-1820), Coro de Il Conte di Carmagnola (atto II: S’ode a destra uno squillo di tromba) (1819); Adelchi (1820-1822), 1° coro dell’Adelchi (atto III: Dagli atrii muscosi – dai fori cadenti -1822), 2° coro dell’Adelchi (atto IV – Coro di Ermengarda: Sparsa le trecce morbide – 1822); Spartaco (1823) |
Narrativa | Fermo e Lucia (1823), I promessi sposi (1827 e 1840) |
Saggistica | Filosofia morale: Osservazioni sulla morale cattolica (1819), Lettera a Victor Cousin (1828-1830). Linguistica: Sentir messa (1835-36), Sulla lingua italiana (1846), Saggio sul vocabolario italiano secondo l’uso di Firenze (1856), Dell’unità della lingua e dei mezzi di diffonderla (1868), Intorno al libro “De vulgari eloquentia” di Dante (1868), Intorno al vocabolario (1868), Lettera al Marchese Alfonso della Valle di Casanova (1871). Poetica: Prefazione al Conte di Carmagnola, Lettre à Monsieur Chauvet sur l’unité de temps et de lieu dans la tragédie (1820), Lettera Sul romanticismo al Marchese Cesare D’Azeglio (1823), Del romanzo storico, e, in genere de’ componimenti misti di storia e di invenzione (1830), Dell’Invenzione (1850). Storiografia: Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia (1822), Storia della colonna infame (1840), La Rivoluzione francese del 1789 e la Rivoluzione italiana del 1859: saggio comparativo (1889). |
Approfondimenti sulle opere di Manzoni in questo sito:
La famiglia di Manzoni

ALESSANDRO MANZONI (7 marzo 1785 – 22 maggio 1873)
CESARE BECCARIA (1738-1794) padre di Giulia, nonno di A.
PIETRO MANZONI (1736-1807) padre ufficiale di Alessandro
GIULIA BECCARIA (1762-1841) madre di Alessandro
ENRICHETTA BLONDEL (1791-1833) prima moglie di A.
TERESA BORRI (1799-1861) seconda moglie di Alessandro
GIULIA MANZONI (1808-1834) figlia
LUIGIA MARIA VITTORINA (1811) figlia
PIETRO LUIGI MANZONI (1813-1873) figlio
MARIA CRISTINA MANZONI (1815-1841) figlia
SOFIA MANZONI (1817-1845) figlia
ENRICO MANZONI (1819-1881) figlio
CLARA MANZONI (1821-1823) figlia
VITTORIA MANZONI (1822-1892) figlia
FILIPPO MANZONI (1826-1868) figlio
MATILDE MANZONI (1830-1856) figlia
CESARE BECCARIA (1738-1794)
Il nonno di Manzoni fu, con i fratelli Verri, tra i più vivaci esponenti dell’Illuminismo lombardo; fu collaboratore del «Caffè» e autore, nel 1764, dell’opera che lo rese celebre, Dei delitti e delle pene. Il testo fu stampato anonimo a Livorno per timore di ritorsioni. L’opera, che dimostra la barbarie della tortura e della pena di morte, fu in effetti messa all’Indice nel 1766, ma ciononostante riscosse un grande successo tra gli intellettuali di tutta Europa.
Dalla moglie Teresa de Blasco Cesare ebbe due figlie, Giulia e Marietta. Con la primogenita i rapporti non furono mai distesi, e anzi si incrinarono irrimediabilmente dopo la morte della madre e della sorella. Giulia infatti intentò una causa contro il padre per ottenere il possesso della quota di successione della madre; nel suo memoriale lo accusò di averla costretta, concedendole una dote non adeguata, a sposare un uomo che le ispirava «turbamento e ripugnanza». Nel novembre del 1794 Cesare morì per un improvviso colpo apoplettico e Giulia trovò un accordo con la sua seconda moglie, Anna Barbò.
Manzoni vide il nonno una sola volta, prima di partire per il collegio: lo ricorderà mentre, a fatica, si alzava per porgergli una scatola di cioccolatini.
PIETRO MANZONI (1736-1807)
Quando il conte don Pietro Manzoni sposò Giulia Beccaria nel 1782 aveva quarantasei anni.
Agiato vedovo senza figli, don Pietro viveva in una casa sui Navigli con le sue sette sorelle nubili, tra cui una ex suora, e un suo fratello era canonico al Duomo di Milano. Giulia, abituata a frequentare i circoli intellettuali dell’Illuminismo lombardo, mal sopportava «il sacro zelo» (queste le sue parole in una lettera a Pietro Verri) del marito conservatore e clericale. La noia della vita familiare, l’astio nutrito dalle cognate e l’angustia della casa sui Navigli non furono allietati nemmeno dalla nascita del piccolo Alessandro, così chiamato in memoria del nonno paterno. Nel tentativo di vincere il disprezzo che Giulia nutriva per la sua modesta posizione sociale, Pietro chiese ai suoi fratelli di essere inserito nell’alta nobiltà del patriziato milanese, ma il tentativo fallì e i coniugi si separarono il 23 febbraio 1792. A lui rimase la tutela del figlio, che fece studiare in collegio.
Dopo l’arrivo delle truppe francesi nel 1796 si ritirò nella solitudine della villa del Caleotto, lontano dai disordini di Milano. Don Pietro morì nel 1807 dopo aver istituito Alessandro suo erede universale, lasciando a Giulia «due pendenti di diamanti in contrassegno della mia stima».
GIULIA BECCARIA (1762-1841)
Figlia del marchese Cesare e di Teresa de Blasco, Giulia, insieme alla sorella Marietta, trascorse una difficile infanzia, segnata dall’assenza della madre, sempre in viaggio e immersa nella vita mondana. Alla sua morte Cesare si risposò e Giulia fu mandata in convento, dove riceveva le visite del solo Pietro Verri, amico del padre.
A diciotto anni Giulia, bella con i suoi capelli rossi e gli occhi verdi, lasciò il convento e si innamorò di Giovanni Verri, fratello minore di Pietro: non essendo ricca, però, il matrimonio era escluso. Nel 1782 andò in sposa al conte Pietro Manzoni; tre anni dopo nacque Alessandro, figlio naturale proprio di Giovanni Verri.
Nel 1796, alcuni anni dopo la separazione dal marito, Giulia partì per Parigi, dove fu finalmente felice. Viveva con l’amato Carlo Imbonati, uomo ricco, bello e stimato, e grazie alla celebrità del suo cognome fu accolta nei circoli intellettuali della città. Qualche anno dopo, nel 1805, Giulia, che non era stata presente nei suoi primi anni, chiese che Alessandro la raggiungesse a Parigi: da allora madre e figlio non si separarono più fino alla morte di «donna Giulia» nel 1841.
ENRICHETTA BLONDEL (1791-1833)
Nacque nel 1791 a Casirate d’Adda dallo svizzero Francesco Blondel, allevatore di bachi da seta, e da Maria Mariton, originaria della Linguadoca.
A Giulia Beccaria parve la sposa ideale per il figlio che, in una lettera del 1807 a Fauriel, definisce Enrichetta una giovane «tres gentille», dedita con tutta se stessa ai «sentiments de famille». Le nozze avvennero in semplicità nel febbraio 1808, con rito calvinista, destando scalpore in città: un nobile, nipote di un alto prelato, sposato con una protestante era cosa inaudita. Enrichetta, ferita da tali maldicenze, fu ben felice di trasferirsi a Parigi, dove il 2 aprile 1810, durante i caotici festeggiamenti per le nozze di Napoleone e Maria Luisa d’Austria, avvenne l’improvvisa conversione di Manzoni.
Il 22 maggio anche Enrichetta, toccata nel profondo dalla fede del marito e guidata spiritualmente da Degola e Tosi, decise di rinnegare il calvinismo, al prezzo di incrinare i rapporti con la severa madre, che l’accusò di aver commesso «il più enorme di tutti gli errori».
La sua morte, il giorno di Natale del 1833, sprofondò il marito, la suocera e i nove figli in una grande mestizia. Manzoni le dedicò un’epigrafe definendola «nuora moglie madre incomparabile» e per dare voce al suo dolore compose, nel 1834, l’inno Natale 1833, rimasto però incompiuto.
TERESA BORRI (1799-1861)
Nacque a Brivio nel 1799 da Cesare Borri e Marianna Meda, entrambi di famiglia nobile ma non ricca. A diciannove anni sposò il conte Stefano Decio Stampa. Dalla loro unione nacque, nel 1819, Giuseppe Stefano, ma appena un anno dopo Teresa rimase vedova.
Nel 1827, dopo aver letto I promessi sposi, confidò con entusiasmo alla madre che il loro autore doveva essere «veramente fatto secondo il mio cuore». Volle come precettore per il figlio Luigi Rossari, che le fece conoscere Tommaso Grossi. Manzoni, che nel frattempo non doveva essersi rassegnato alla condizione vedovile, rimase colpito dalla lusinghiera descrizione che l’amico Grossi gli fece di Teresa.
Le nozze furono celebrate il 2 gennaio 1837. Teresa entrò allora a far parte di una famiglia numerosa e si sforzò di instaurare rapporti armoniosi con i figli di Alessandro ed Enrichetta.
Vittorina Manzoni ricorda: «i nostri rapporti con Donna Teresa, per dire la verità non erano stati mai molto spontanei. Fin da principio lei ci teneva molto ad essere chiamata mamma da Matilde e da me; e a questo ci teneva anche papà, che le voleva molto bene. Noi volevamo compiacere lei, che era buona, e Lui… e scrivevamo quella parola; ma a dirla non ci si riusciva!».
A quarantasei anni Teresa, che i medici pensavano malata di tumore, partorì due gemelle: una nacque morta, l’altra spirò poco dopo il parto; di quest’ultima Manzoni conservò una ciocca di capelli.
La seconda moglie di Manzoni morì il 23 agosto 1861.
GIULIA MANZONI (1808-1834)
Nel 1819 la nonna Giulia Beccaria così descrisse la primogenita Giulietta all’amico Fauriel: «un enfant pleine de talent de jugement un peu trop d’exaltation, mais paresseuse et n’ayant pas trop envie d’etudier ni de travailler, elle aime assez la lecture mais des historiettes sentimentales si elle en peut trouver». Una volta cresciuta sarà la stessa Giulia a intrattenere un denso scambio epistolare con Fauriel, il suo «cher parrain» e a raccontargli i fatti di casa, i viaggi e gli impegni del padre alle prese con la scrittura del romanzo. Nel 1831 iniziò a frequentare la famiglia Manzoni il trentatreenne Massimo Taparelli marchese d’Azeglio, pittore e autore del romanzo patriottico Ettore Fieramosca. D’Azeglio chiese a Manzoni la mano di Giulietta che, dopo una settimana di riflessione, accettò. Si sposarono il 21 maggio di quello stesso anno, e il 10 gennaio 1833 dalla loro unione nacque Alessandra, affettuosamente chiamata Rina. La sua bambinaia, Emilia Luti, fiorentina, aiuterà Manzoni nella revisione linguistica dei Promessi Sposi.
Nemmeno due anni dopo, il 20 settembre 1834, a Brusuglio Giulietta morì, «sui principii d’un fortunatissimo matrimonio e d’una sviscerata maternità», come scrisse il padre al Granduca di Toscana.
LUIGIA MARIA VITTORINA (1811)
Un medesimo giorno, il 5 settembre 1811, la vide nascere e morire, a Brusuglio.
Per lei Manzoni scrisse un’epigrafe in latino: «immature nata illico praecepta – coelum assecuta».
PIETRO LUIGI MANZONI (1813-1873)
«Il giorno 21 [luglio], alle sette di mattina, la nostra cara amata Enrichetta mi ha regalato un bel maschiotto appunto nel giorno della mia stessa nascita e nell’istessa mia casa di nascita»: così donna Giulia racconta allo zio Michele de Blasco il lieto evento della nascita di Pietro Luigi, che la nonna amava però chiamare Pedrino o «el Pedrin».
Giovane assennato, Pietro si dedicò allo studio della filologia e della linguistica, ma anche dell’economia e dell’agricoltura. Divenne un punto di riferimento per il padre, che gli affidò varie mansioni, dalla tutela del patrimonio di famiglia, alla revisione delle bozze del romanzo fino al controllo del lavoro della tipografia.
I rapporti si incrinarono nel 1845 quando Pietro si sposò, in gran segreto, con la ballerina della Scala Giovannina Visconti. Dopo pochi mesi, però, anche Manzoni si rassegnò alle nozze del figlio, dalle quali gli nacquero quattro nipotini: Vittoria, Giulia, Lorenzo (che sarebbe diventato un esploratore) e Alessandra.
Con sommo dolore del padre, «il prediletto suo Pietro» morì il 28 aprile 1873.
MARIA CRISTINA MANZONI (1815-1841)
«Ma petite noireaude»: ecco come Enrichetta soleva chiamare Cristina, l’unica sua bimba a non avere i capelli biondi. Gioiosa e appassionata, la giovane visse un amore tanto intenso quanto inizialmente travagliato. Si innamorò, ricambiata, di Cristoforo Baroggi, figlio del notaio Ignazio, il quale però osteggiava le nozze in quanto trovava la dote di Cristina troppo scarsa per il figlio amante delle spese. Per amore di Cristoforo, Cristina rifiutò dapprima la proposta nuziale di Henri Falquet-Planta, figlio di un’amica della nonna Giulia, e poi quella di un commerciante di Cremona.
Con queste parole Cristina espresse al suo amato la forza del suo sentimento: «Ricordati Cristoforo mio che la tua Cristina sceglierebbe mille volte la morte anzi che abbandonarti, ricordati che qualunque siano gli ostacoli che si oppongano al suo amore, egli sarà sempre il solo scopo della sua vita ricordati che mille volte ti giura di non esser mai che tua tutta».
Dopo qualche anno, grazie all’intercessione della nonna, dello zio Beccaria e del cugino Giacomo, il notaio Baroggi diede il suo placet alle nozze, che si celebrarono il 2 maggio 1839. Gli sposi chiamarono la loro bimba, nata il 13 febbraio 1840, Enrichetta, come la nonna materna.
Il loro fu un matrimonio molto felice, interrotto dalla prematura morte di Cristina. Nell’epigrafe a lei dedicata Manzoni descrisse la sua troppo breve vita come «immacolata pia caritatevole».
SOFIA MANZONI (1817-1845)
Mentre Giulietta fu educata in casa dalla governante, Manzoni affidò l’educazione di Cristina e Sofia a Giovanni Torti, assiduo frequentatore della casa di via del Morone.
Il 5 dicembre 1838 sposò, con gli auspici di entrambe le famiglie, il marchese Lodovico Trotti Bentivoglio, che Teresa Borri descrive al figlio Stefano come «tanto buono, di cuor tenero, affettuoso, coraggioso, fiero e dolce, che proprio Sofia è fortunatissima». Dal marito, che era stato capitano di cavalleria in Moravia e Boemia, Sofia ebbe quattro figli, Antonio (chiamato «Tognino»), Alessandro («Sandrino»), Giulio e Margherita. Sofia, di indole cordiale e premurosa, si sentiva molto unita ai numerosi fratelli, specie al suo favorito, Enrico, e a Vittoria, cui spesso faceva visita e con la quale spesso si recava, anche dopo la morte di Giulietta, dal cognato d’Azeglio. Condivise però l’infausto destino di Cristina: visse un matrimonio sereno e morì in giovane età, accudita teneramente dal marito, il 31 marzo 1845.
ENRICO MANZONI (1819-1881)
Il secondo «maschiotto» della famiglia Manzoni nacque il 7 giugno 1819, e nel settembre dello stesso anno fu portato a Parigi. Questo secondo periodo parigino non fu particolarmente sereno per Manzoni, afflitto dai malesseri propri e da quelli dell’ultimo nato, gracile e cagionevole.
Nella primavera del 1842, all’età di ventitré anni, sposò la ricchissima e nobile Emilia Redaelli, che portò in dote la considerevole cifra di L. 300.000 e una sontuosa villa a Renate, dove fu spesso ospite Sofia con la sua famiglia. Fu infatti la sola Sofia ad approvare le nozze del fratello, mentre gli altri Manzoni temevano che Enrico avrebbe dilapidato le sue sostanze, spinto dall’incoraggiamento che la moglie offriva alle sue ambizioni. Enrico infatti commerciava bachi da seta e non temeva di spingersi in imprese economicamente sempre più ardite, al punto che giunse a chiedere più volte anticipi sull’eredità della nonna Giulia; la sua situazione finanziaria si aggravò intorno al 1855, quando i creditori si rivolsero direttamente al padre.
Enrico ed Emilia ebbero nove figli: Enrichetta, Alessandro, Matilde, Sofia, Lucia, Eugenio, Bianca, Lodovico Erminia. Insieme a Vittoria fu l’unico dei fratelli Manzoni a sopravvivere alla morte del padre.
CLARA MANZONI (1821-1823)
La settima figlia di Manzoni nacque il 12 agosto del 1821; dopo il parto la fragile Enrichetta per poco non morì di febbre puerperale. La madre sopravvisse, ma la «cara povera piccola Clara» (così Manzoni a Fauriel) spirò il 1 agosto 1823.
VITTORIA MANZONI (1822-1892)
A Vittoria, differentemente dalle sorelle, toccò in sorte una florida e sana fanciullezza, tanto che il fratellastro Stefano l’aveva soprannominata “scoiattolino”, «le petit écureuil». Ben presto, però, la frequenza dei lutti familiari la intristirono e indebolirono fisicamente.
Rientrata a casa dopo gli studi compiuti in collegio, prese ad accompagnare il padre nei suoi viaggi in Toscana. Qui il docente di diritto Giuseppe Romanelli le presentò il suo collega Giovan Battista Giorgini, «persona di grandissimo merito, che gode di molta stima in Toscana, e che spinge la sua adorazione per Papà fino all’idolatria» (da una lettera di Vittoria al fratello Pietro).
Il 27 settembre 1846 Vittoria sposò a Nervi Bista Giorgini, che era nel frattempo divenuto uno dei maestri e consiglieri di Manzoni nella certosina opera di aggiornamento della lingua del romanzo al fiorentino parlato. Dal matrimonio nacquero tre figli: Luisa («Luisina»), Giorgio («Giorgino») e Matilde («Matildina», che a due anni conosceva a memoria tutti i personaggi del romanzo del nonno). Come Enrico, anche Vittoria risparmiò al padre il dolore di dover comporre un’epigrafe funebre; morì infatti nel 1892.
FILIPPO MANZONI (1826-1868)
Di tutti i suoi figli Enrico e Filippo furono i due che più causarono angosce e preoccupazioni a Manzoni. Allo scoppiare dei tumulti milanesi il 18 marzo 1848, Filippo, nel giorno del suo ventiduesimo compleanno, si arruolò, incoraggiato proprio dal padre, nella Guardia Civica. Gli Austriaci lo arrestarono al palazzo del Broletto, per poi deportarlo a Kufstein, in Tirolo, dove rimase fino alla metà di giugno. Una volta scarcerato, venne trasferito a Vienna in libertà vigilata. Qui il giovane si indebitò per L. 3.600, ma gli venne in aiuto il padre, ben conscio della «fatale disposizione» del figlio a spendere.
Dopo aver saputo che voleva ipotecare il reddito ricavato dalle quote ereditate dalla nonna e dalla madre, i rapporti tra Manzoni e il figlio si deteriorarono ulteriormente, al punto che fu ventilata l’ipotesi dell’interdizione. Quando Enrico si sposò, il 10 giugno 1850, il padre non volle nemmeno conoscere la nuora, Emilia Catena. La donna lo rese padre di quattro figli: Giulio, Massimiliano, Cristina e Paola. Oppresso dai debiti, Filippo chiese aiuto e ospitalità al fratello Enrico, ma dopo un’aspra lite si allontanò da Renate. Implorò allora l’aiuto della matrigna Teresa, che non poté fare altro che mostrare le sue lettere al marito. Trascorse il resto della sua vita a Milano, vivendo di espedienti e del denaro che Manzoni gli mandava ogni mese. Non ebbe mai la gioia di presentare al padre la moglie e i figli.
MATILDE MANZONI (1830-1856)
L’ultimogenita di Alessandro ed Enrichetta nacque il 13 luglio 1830 a Brusuglio. A cinque anni venne mandata nel Monastero della Visitazione di Milano, dove l’accolse, con tenerezza materna, la sorella Vittoria, che aveva lasciato il Collegio di Lodi dopo la morte della madre. E di Vittoria, sposata a Giovan Battista Giorgini, fu spesso gradita ospite in Toscana.
Di animo malinconico, Matilde amava confidare alle pagine del suo diario i propri turbamenti e l’immensa tristezza di non aver potuto godere dell’affetto materno: «Ma jeunesse s’écoule sans les regards et sans la tendresse d’une Mère», scrisse il 24 marzo 1851.
Morì nubile a Siena, il 30 agosto 1856, a soli ventisei anni. Manzoni, che non aveva trovato il coraggio di visitare la figlia che nell’aggravarsi della malattia lo invocava, disse di lei, in una commossa epigrafe: «Lasciava desiderio di sé per una vita bella di tutte virtù che sublimano il sesso».