13 giugno 1901: ha 120 anni la cappella del Col Bione

Il Colle Bione (Col Biùń m. 1420) non solo è una delle mete più belle delle nostre montagne, ma vanta anche due feste. A giugno quella legata all’inaugurazione, avvenuta nel 1901, e a Sant’Antonio e la prima domenica di agosto quella della Madonna della Neve. Feste molto partecipate, che torneranno ad esserlo dopo la pandemia. Il motivo di queste due feste lo ha spiegato in dettaglio Caterina Picco Rosset, figlia del costruttore della chiesa. Il suo racconto è stato riportato sia su un opuscolo specifico, sia nel libro “Sui monti di Coazze” di Don Giovanni Dell’Orto e Don Gianni Gili.

“Nel 1800 sul Colle Bione esisteva un modesto pilone votivo dedicato alla Madonna dell’Aiuto; bisogna arrivare al 1900 per vedere sorgere, dove esisteva questo segno della fede, l’attuale cappella. Chi ne ebbe l’ispirazione? Un coazzese della Borgata Coletto: Picco Rosset Giovanni di Gregorio, detto Giuanìń d’Gori, molto devoto della Madonna della Neve.  Era stato colpito da una grave malattia e ridotto quasi in fin di vita. ln quegli istanti terribili egli si affidò alla Madre del Cielo e fece voto di recarsi a piedi per nove anni consecutivi al Rocciamelone se fosse guarito. Le sue preghiere e la sua fede lo salvarono, e con rinnovato fervore ogni anno ai primi di agosto mantenne la promessa salendo a venerare la celeste patrona sulla vetta delle Graie. Sette volte compì l’ascensione; l’ottavo anno si sentì stanco, e fu costretto a rìnunziarvi, ma pensò, d’accordo con il padre ottantatreenne, di rimediare al mancato impegno. Con il consenso del Parroco dell’lndiritto Don Biagio Garino, decise di costruire una chiesetta in onore della Madonna della Neve là dove esisteva il rozzo pilone. ll curato lo sciolse dal voto ed egli incominciò il lavoro aiutato da amici e valligiani, in particolare da un certo Rege Ferdinando. Il 13 giugno 1901, giorno di S. Antonio, partiva dalla Parrocchia dell’lndiritto una lunga processione verso il colle, per assistere alla prima messa e alla consacrazione della Cappella. Ma l’edificio non aveva ancora il disegno attuale: mancava il porticato esterno, Tra i novi figli di Giuanìń d’Gori il più anziano, tornato dal servizio militare, propose al padre di costruire «l’ala›› e schizzò la pianta come quella della Chiesetta del Pian dell’Orso. Era il 1904, e da quella data la Cappella ha sempre riunito di fronte aIl’altare della Vergine fedeli di case vicine e lontane, sensibili al richiamo divino che parte dal colle, più puro, più semplice, più vivo. Richiamo perenne che lega l’uomo al Mistero del Credo, mistero che lievita l’anima e la spinge dal soffio di questa vita là dove non hanno più senso né tempo né spazio.”

(Testo raccolto dalla viva voce di Costantina Picco-Rosset, figlia di Giuanìń d’Gori)

Veduta invernale della cappella del Col Bione con indicazione delle montagne circostanti.

Per capire l’impegno di Giovanni Picco Rosset bisogna riandare a 120 anni fa. Per andare sul Rocciamelone doveva partire a piedi dalla sua borgata Sëń Culët, salire al Col Bione, scendere a prendere il treno fino a Susa e poi salire ai 3538 metri del Rocciamelone. Per il ritorno lo stesso percorso. Si può capire come a cinquant’anni e reduce da una malattia che doveva essere stata grave non se la sentisse più. Ma anche l’alternativa fu impegnativa. Non c’erano strade e quindi tutti i materiali dovette reperirli in loco o portarli a spalle o dorso di mulo. Senz’altro fu aiutato dai famigliari e dai compaesani, ma la sua resta una grande impresa.

In questa immagine degli anni Settanta si vede quanto fosse partecipata la festa del Col Bione. Di spalle in primo piano col cappello Carlo Bramante, storico conduttore della vendita all’asta (l’incënt) che fa seguito alla Messa. È dovuto salire sul tetto per gestire le offerte della folla. (Fotografia di Carlo Careglio, tratta dal libro “Coazze … Ognuno a suo modo, Guido Ostorero, Edinfolio, 1980)
In occasione della festa spesso la chiesa non riesce a contenere i partecipanti (Foto tratta dal libro “Sui monti di Coazze” di Giovanni Dell’Orto e Gianni Gili).
In questa fotografia che ritrae Don Gianni Gili accanto alla cappella, che aveva restaurato negli anni Ottanta, si vede come la chiesa vera e propria e il portico siano stati costruiti in tempi diversi, come raccontato da Caterina. Il padre aveva pensato alla chiesa per sciogliere il voto, il figlio ad un’area porticata e coperta che potesse servire come riparo ai viandanti.

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